Cristo è vivo e cammina con noi

Il vescovo di Carpi chiede di aprire il cuore a Gesù

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ROMA, domenica, 8 aprile (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l’omelia pasquale del vescovo di Carpi.

di monsignor Francesco Cavina

Maria Maddalena si recò al sepolcro di buon mattino, quando era ancora buio.

Non ci viene detto il motivo della visita. Possiamo pensare a un “semplice slancio del cuore”. Tuttavia, il buio non indica solo un dato cronologico, ma la situazione spirituale di Maria Maddalena. E’ buio perché lei e tutti gli altri, amici e nemici, sono persuasi che la morte abbia trionfato ancora una volta. Essa ha inghiottito anche il profeta di Nazareth che aveva suscitato tante speranza: “Noi speravamo”.

E che la “notte spirituale” avesse invaso anche il cuore di Maria Maddalena non c’è dubbio. Essa, infatti è alla ricerca del corpo di un morto. E’ ancora avvolta nella ideologia della morte. Arrivando al sepolcro vede che la pietra era stata tolta dall’ingresso ragiona secondo la sua logica .

E Corre ad annunciare quanto ha visto e crede sia accaduto a Pietro e Giovanni. La corsa di Maria Maddalena è la corsa della disperazione e quindi della non-speranza.

I sentimenti che agitano il suo cuore e la sua mente, anche se non ci vengono detti, si possono intuire dalle parole con le quali si rivolge a Pietro e a Giovanni Ai discepoli non dice: “la pietra è stata tolta”, ma “ hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto. Maria è ancora prigioniera di una logica umana: se la tomba è aperta la prima cosa che viene da pensare è che qualcuno ha portato via il cadavere. Sono parole che esprimono smarrimento, solitudine, nostalgia di Cristo. L’unica cosa che le restava di Cristo, il corpo, ora non: hanno portato via il Signore.

L’annuncio privo di speranza di Maria Maddalena fa sì che Pietro uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro correndo .

Giovanni precede Pietro. Perché? Certamente perché è più giovane e quindi più veloce, ma soprattutto perché è il discepolo che Gesù amava. E’ l’amore che lo spinge, che lo porta a correre e gli offre una conoscenza nuova. Sia Giovanni che Pietro Vedono le bende per terra ed il sudario piegato in un luogo a parte. Vedono cioè i segni della morte di Gesù, ma Lui non c’è.

Ma mentre per Pietro l’interrogativo: Ma Gesù dov’è? rimane, Gv vide e credette. Per lui che ama, i segni parlano e gli dicono che Gesù è vivo ed è risorto.

Giovanni, a differenza di Pietro, ha compreso la Scrittura secondo la quale Gesù doveva risuscitare dai morti.

Arriva per primo, ma rispetta l’autorità di Pietro e lascia che sia lui ad entrare nel sepolcro. Entra e vede le bende e il sudario, le une per terra e l’altro piegato in un luogo a parte. Entrò anche il discepolo amato, vide le stesse cose, ma “credette”. Il discepolo comprende.

E’ la parola di Dio che guida alla scoperta e alla fede nel Signore risorto. Ma essa rimane inefficace se ci si accosta a Lei con un atteggiamento intellettualistico e di pura curiosità. Se manca la dimensione affettiva, l’amore non produce frutto perché la Scrittura prima di essere un insieme di libri è una Persona, la persona adorabile di Cristo che si rivela ai semplici e ai puri di cuore.

La Resurrezione di Cristo annuncia l’avvenimento più straordinario della storia. Colui che alle tre del pomeriggio di venerdì era morto, che era stato posto nel sepolcro è tornato in vita. Gesù vive! La Vita ha sconfitto la morte. Il demonio che si era illuso di averlo soppresso è definitivamente deluso e sconfitto. Oggi torna possibile la comunione di vita con Cristo che ci preserva dalla noia mortale e dalla disperazione. In un mondo dove le tenebre sembrano farsi sempre più oscure, dove l’incertezza e la tristezza sembrano farla da padrone, dove la storia appare paralizzata dal pessimismo, dove l’egoismo e la violenza sono diventate norma del vivere civile, l’annuncio della Resurrezione appare l’unica vera novità capace di riempire il cuore di gioia perché la Vita trionfa sul dolore, sull’angoscia, sulla morte, sul potere delle tenebre, sul dolore…In Cristo risorto troviamo tutto: fuori di Lui, la nostra vita resta vuota. Ecco perché S. Paolo scrive che senza questa vittoria sulla morte qualsiasi annuncio del Vangelo sarebbe tempo perso e la nostra fede sarebbe priva di contenuto.

La parola peculiare della Pasqua è “speranza”. Non a caso nella Sequenza prima del Vangelo la liturgia mette sulla bocca di Maria Maddalena le parole: “Cristo, mia speranza, è risorto!

Ma ha senso parlare di speranza oggi? Sì perché oggi la speranza si sta spegnendo dentro ciascuno di noi, e al di fuori di noi la situazione è ancora peggiore. Oggi sembra che le vere notizie siano le scoperte meravigliose della scienza o le nuove invenzioni nel campo della tecnica. Tuttavia, sapere che la vita, che la nostra esistenza riprende dopo la morte è notizia ben più strabiliante e significativa. Lo sa bene chi è stato malato ed è guarito. Siamo fatti per vivere in eterno. Per questa la Chiesa grida al mondo che Cristo è risorto e così sarà di noi, se crediamo in Lui, se ci accostiamo al sacramento dell’Eucarestia dove il Signore opera una trasfusione della sua stessa vita in noi.

Cristo ora è vivo e cammina con noi. Trattiamolo come un Amico, una Persona vera, reale e non abbiamo paura di aprirgli il nostro cuore. La Sua presenza ricolma pienamente la sete di pace e di felicità che abita ogni cuore umano.

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ZENIT Staff

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