ROMA, lunedì, 27 luglio 2009 (ZENIT.org).- Mons. Raffaello Martinelli, sacerdote della diocesi di Bergamo, dopo aver conseguito il dottorato in Sacra Teologia con specializzazione in pastorale catechistica presso l’Università Lateranense di Roma e la laurea in Pedagogia all’Università Cattolica di Milano, è dal 1980 a servizio della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Come Primicerio della Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso in Roma, ha realizzato alcune schede catechistiche su vari argomenti d‘attualità, a disposizione di quanti entrano nella suddetta Basilica. Ne sono state prese oltre 2.000.000 di copie, in circa due anni.
Sono state redatte, in forma dialogica, sulla base di documenti della Santa Sede e, in particolare, secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica e il suo Compendio.
Tutte le 50 schede catechistiche sono state raccolte e pubblicate in un tascabile, 50 Argomenti d’attualità – catechesi dialogica, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, come pure si ritrovano sul sito internet: www.sancarlo.pcn.net.
Recentemente è stato nominato nuovo Vescovo di Frascati da Papa Benedetto XVI.
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Che cos’è l’Ecumenismo?
■ E’ il movimento che tende all’unità dei cristiani e che comprende “attività e iniziative che, a seconda delle varie necessità della Chiesa e opportunità dei tempi, sono suscitate e ordinate a promuovere l’unità dei Cristiani” (UR 4).
La ricerca dell’unità dei cristiani è un compito sempre più urgente della Chiesa cattolica. L’ecumenismo – da distinguere dal dialogo interreligioso – trova il suo fondamento nel testamento lasciatoci da Gesù stesso la vigilia della sua morte: “Ut unum sint” (Gv 17,21). Il Concilio Vaticano II ha descritto l’impegno a favore dell’unità dei cristiani come uno dei suoi principali intenti (UR 1) e come un impulso dello Spirito Santo (UR 1, 4). Papa GIOVANNI PAOLO II ha più volte sottolineato l’“irreversibilità della scelta ecumenica”(Ut unum sint, 3). E il Santo Padre BENEDETTO XVI, fin dai primi giorni del suo Pontificato, ha assicurato di impegnarsi a fondo per la ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo. In questo compito, il criterio prioritario è l’unità della Fede.
Il punto di partenza dell’ecumenismo è il Battesimo, quello di arrivo è la celebrazione comune dell’Eucaristia.
■ Il dialogo ecumenico è basato sul diritto-dovere di esprimere ciascuno, con serenità ed obbiettività, la propria identità, evidenziando ciò che si è, ciò che unisce e ciò che divide. Esporre con chiarezza le proprie posizioni non limita il dialogo ecumenico ma lo favorisce.
Perché esiste l’Ecumenismo?
Perché esistono, fra i cristiani, divisioni, che sono contrarie alla volontà di Cristo, il quale ha pregato «perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21), così da giungere all’unità di tutti i cristiani in “un solo gregge e un solo pastore” (Gv 10, 16), affinchè “il popolo di Dio pervenga nella gioia a tutta la pienezza della gloria eterna nella celeste Gerusalemme” (UR 3).
Benedetto XVI afferma che i cristiani aggravano oggi le loro divisioni in particolare per due motivi:
1) a causa di “cosiddette azioni profetiche fondate su un’ermeneutica non sempre in consonanza con il dato della Scrittura e della Tradizione. Di conseguenza le comunità rinunciano ad agire come un corpo unito, e preferiscono invece operare secondo il principio delle opzioni locali. In tale processo, si smarrisce da qualche parte il bisogno di una koinonia diacronica – la comunione con la Chiesa di tutti i tempi – proprio nel momento il cui il mondo ha smarrito l’orientamento ed ha bisogno di testimonianze comuni e convincenti del potere salvifico del Vangelo”;
2) molti cristiani ritengono che si deve “seguire la propria coscienza e scegliere quella comunità che meglio incontra i propri gusti personali. Il risultato è riscontrabile nella continua proliferazione di comunità che sovente evitano strutture istituzionali e minimizzano l’importanza per la vita cristiana del contenuto dottrinale. Anche all’interno del movimento ecumenico i cristiani possono mostrarsi riluttanti ad asserire il ruolo della dottrina per timore che esso possa soltanto esacerbare piuttosto che curare le ferite della divisione” (Discorso, incontro ecumenico a New York nella chiesa di Saint Joseph, 18 aprile 2008).
Che tipo di male causano le divisioni tra i cristiani?
■ Causano vari tipi di male, sia all’interno della Chiesa sia al suo esterno. Infatti:
• Sono uno scandalo, che indebolisce la voce del Vangelo.
• «Le divisioni dei cristiani impediscono che la Chiesa stessa attui la pienezza della cattolicità ad essa propria in quei figli, che le sono bensì uniti col Battesimo, ma sono separati dalla sua piena comunione. Anzi, alla Chiesa stessa diventa più difficile esprimere sotto ogni aspetto la pienezza della cattolicità proprio nella realtà della vita» (UR 4).
• “L‘universalità propria della Chiesa, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui, a causa della divisione dei cristiani, trova un ostacolo per la sua piena realizzazione nella storia” (CDF, Lett. Communionis notio, 17.3).
■ Questa non-unità fra i cristiani reca grave danno anche alla testimonianza, che i cristiani sono impegnati a proporre ai non-cristiani: costituisce una contro-testimonianza. “È doloroso che in questa situazione i cristiani perdano parte della loro spinta missionaria ed evangelizzatrice a causa delle divisioni che minano la loro vita interna e riducono la loro credibilità apostolica” (PONT. CONSIGLIO UNITÀ CRISTIANI, Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo, Presentazione).
Perché bisogna distinguere tra unità della Chiesa e unità dei cristiani?
■ Perché l’unità della Chiesa esiste già. L’unità, «che Cristo ha donato alla sua Chiesa fin dall’inizio, […] noi crediamo che sussista, senza possibilità di essere perduta, nella Chiesa cattolica e speriamo che crescerà ogni giorno di più sino alla fine dei secoli» (UR 4). Per questo noi nel Credo proclamiamo: “Credo la Chiesa una…”, e questa Chiesa una sussiste nella Chiesa cattolica (cfr. LG 8).
■ Quella che manca è l’unità dei cristiani. Di fatto, «in questa Chiesa di Dio una e unica sono sorte fino dai primissimi tempi alcune scissioni, che l’Apostolo riprova con gravi parole come degne di condanna; ma nei secoli posteriori sono nati dissensi più ampi e comunità non piccole si sono staccate dalla piena comunione della Chiesa cattolica, talora non senza colpa di uomini d’entrambe le parti» (UR 3).
■ “L’unità dell’unica Chiesa, che già esiste nella Chiesa cattolica senza possibilità di essere perduta, ci garantisce che un giorno anche l’unità di tutti i cristiani diventerà realtà” (GIOVANNI PAOLO II, Discorso,13 novembre 2004).
■ E tuttavia i cristiani separati dalla piena comunione con la Chiesa cattolica hanno con essa, già fin d’ora, molti elementi in comune.
Quali sono gli elementi che le Chiese e le Comunità cristiane non-cattoliche hanno in comune con la Chiesa cattolica?
■ I membri di queste Chiese e comunità cristiane non-cattoliche:
• “giustificati nel Battesimo dalla Fede, sono incorporati a Cristo e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani e dai figli della Chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti come fratelli nel Signore” (UR 3);
• hanno “parecchi elementi di santificazione e di verità,
come la Parola di Dio scritta, la vita della grazia, la Fede, la speranza e la carità, e altri doni interiori dello Spirito Santo ed elementi visibili” (UR 3).
■ “Lo Spirito di Cristo si serve di queste Chiese e comunità ecclesiali come di strumenti di salvezza, la cui forza deriva dalla pienezza di grazia e di verità che Cristo ha dato alla Chiesa cattolica. Tutti questi beni provengono da Cristo e a lui conducono” (UR 3); e “spingono verso l’unità cattolica” ( LG 8).
■ “Con coloro che, battezzati, sono sì insigniti del nome cristiano, ma non professano la Fede integrale o non conservano l’unità della comunione sotto il Successore di Pietro, la Chiesa sa di essere per più ragioni unita” (LG 15).
■ Nello stesso tempo la Chiesa Cattolica riconosce che le Chiese ortodosse sono a lei più vicine rispetto alle comunità cristiane non-cattoliche, in quanto esiste non poca differenza tra quest’ultime e le Chiese Ortodosse.
Qual è la differenza tra le Chiese ortodosse e le Comunità ecclesiali non-cattoliche?
■ Le Chiese ortodosse, nate a partire dall’anno 1054:
• “hanno veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il Sacerdozio e l’Eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora uniti con noi da strettissimi vincoli” (UR 15.3);
• quindi “una certa comunicazione nelle cose sacre, presentandosi opportune circostanze e con l’approvazione dell’autorità ecclesiastica, non solo è possibile, ma anche consigliabile” (UR 15);
• meritano il titolo di “Chiese particolari o locali”, e sono chiamate “Chiese sorelle delle Chiese particolari cattoliche” (UR 14.1);
• per la celebrazione dell’Eu-caristia del Signore in queste singole Chiese, la Chiesa di Dio è edificata e cresce;
• hanno una comunione con la Chiesa cattolica, così profonda «che le manca ben poco per raggiungere la pienezza che autorizzi una celebrazione comune della Eucaristia del Signore» (PAOLO VI, Discorso nella Cappella Sistina nella ricorrenza del decimo anniversario della mutua cancellazione delle scomuniche fra le Chiese di Roma e di Costantinopoli, 14 dicembre 1975);
• non sono tuttavia in piena comunione con la Chiesa cattolica, in quanto esse non sono in comunione con il capo visibile dell’unica Chiesa cattolica che è il Papa, successore di Pietro. E questo non è un fatto accessorio, ma uno dei principi costitutivi interni di ogni Chiesa particolare. Pertanto, siccome “la comunione con la Chiesa cattolica, il cui Capo visibile è il Vescovo di Roma e Successore di Pietro, non è un qualche complemento esterno alla Chiesa particolare, ma uno dei suoi principi costitutivi interni, la condizione di Chiesa particolare, di cui godono quelle venerabili Comunità cristiane, risente tuttavia di una carenza” (CDF, Responsa ad quaestiones, 4).
■ Le Comunità ecclesiali non-cattoliche:
• sono soprattutto quelle nate dalla riforma del 16° secolo: protestanti (ispirate al pensiero e all’opera di Martin Lutero:1483-1546), anglicana (nata con l’Atto di Supremazia del re inglese Enrico VIII del 1534)… Oltre a queste, esiste anche una moltiplicazione di sempre nuove denominazioni cristiane, che sono nate e nascono in continuazione;
• non hanno la successione apostolica nel sacramento del-l’Ordine, e perciò sono prive di un elemento costitutivo essenziale dell’essere Chiesa;
• specialmente a causa della mancanza del sacerdozio ministeriale, non hanno conservato la genuina e integra sostanza del Mistero eucaristico (cfr. UR 22.3);
• “per questo motivo, non è possibile, per la Chiesa cattolica, l’intercomunione eucaristica con queste comunità” (CCC 1400);
• tuttavia, “mentre nella santa Cena fanno memoria della morte e della risurrezione del Signore, professano che nella Comunione di Cristo è significata la vita e aspettano la sua venuta gloriosa” (UR 22);
• non possono, secondo la dottrina cattolica, essere chiamate “Chiese” in senso proprio (cfr. CDF, Dominus Iesus, 17.2), in quanto mancano dei sacramenti dell’Ordine e dell’Eucaristia;
• in esse si trovano tuttavia “numerosi elementi di santificazione e di verità”, “che in quanto doni propri della Chiesa di Cristo spingono all’unità cattolica” (LG 8), come ad esempio la Sacra Scrittura, il Battesimo, la carità….
Quale principio è importante nel dialogo ecumenico?
Nel dialogo ecumenico “vale sempre il principio dell’amore fraterno e della ricerca di comprensione e di avvicinamenti reciproci; ma anche la difesa della Fede del nostro popolo, confermandolo nella gioiosa certezza che l’«unica Christi Ecclesia… subsistit in Ecclesia catholica, a successore Petri et Episcopis in eius communione gubernata» («l’unica Chiesa di Cristo… sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui» (LG 8)” (BENEDETTO XVI, Omelia, 12-5-07).
Come deve essere intesa l’affermazione secondo cui la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica?
“Cristo ha costituito sulla terra un’unica Chiesa e l’ha istituita come comunità visibile e spirituale, che fin dalla sua origine e nel corso della storia sempre esiste ed esisterà, e nella quale soltanto sono rimasti e rimarranno tutti gli elementi da Cristo stesso istituiti. Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica […]. Questa Chiesa, in questo mondo costituita e organizzata come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui.
Nella Costituzione dogmatica LG 8 la sussistenza è questa perenne continuità storica e la permanenza di tutti gli elementi istituiti da Cristo nella Chiesa cattolica, nella quale concretamente si trova la Chiesa di Cristo su questa terra” (CDF, Responsa ad quaestiones, 2).
Perché viene usata dal Concilio Vaticano II (LG) l’espressione subsistit in e non il verbo est?
■ Con la parola subsistit (sussiste), il Concilio:
• indica la piena identità della Chiesa di Cristo con la Chiesa cattolica. Poiché la Chiesa così voluta da Cristo di fatto continua ad esistere (subsistit in) nella Chiesa cattolica, la continuità di sussistenza comporta una sostanziale identità di essenza tra Chiesa di Cristo e Chiesa cattolica. Il Concilio ha voluto pertanto insegnare che la Chiesa di Gesù Cristo come soggetto concreto in questo mondo può essere incontrata nella Chiesa cattolica;
• afferma che tale parola sussiste “può essere attribuita esclusivamente alla sola Chiesa cattolica, poiché si riferisce appunto alla nota dell’unità professata nei simboli della Fede (Credo…la Chiesa una)” (CDF, Responsa ad quaestiones, 2);
• esprime la singolarità e la non moltiplicabilità della Chiesa di Cristo: la Chiesa di Cristo è soltanto una e sussiste, nella realtà storica, in un unico soggetto, che è la Chiesa Cattolica;
• salvaguarda così l’unità e l’unicità della Chiesa, che verrebbero meno se si ammettesse che vi possano essere più sussistenze della Chiesa fondata da Cristo;
• fa evitare di immaginare la Chiesa di Cristo come “la somma – differenziata e in qualche modo unitaria insieme – delle Chiese e Comunità ecclesiali” o di “pensare che la Chiesa di Cristo oggi non esista più in alcun luogo e che, perciò, debba essere soltanto oggetto di ricerca da parte di tutte le Chiese e comunità” (CDF, Mysterium Ecclesiae, 1). Se così fosse, l’unica Chiesa di Cristo non esisterebbe più come “una” nella storia o esisterebbe solo in modo ideale ossia in fieri in una futura convergenza o riunificazione delle d
iverse Chiese sorelle, auspicata e promossa dal dialogo;
• esprime più chiaramente come fuori della compagine visibile della Chiesa Cattolica si trovino “numerosi elementi di santificazione e di verità”, “che in quanto doni propri della Chiesa di Cristo spingono all’unità cattolica” (LG 8). Riconosce pertanto la presenza, nelle Comunità cristiane non cattoliche in quanto tali, di elementi ecclesiali propri della Chiesa di Cristo. “Perciò le stesse Chiese e Comunità separate, quantunque crediamo che hanno delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Infatti lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza, il cui valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità, che è stata affidata alla Chiesa cattolica” (UR 3.4);
• consente una maggiore apertura della Chiesa Cattolica alla particolare richiesta dell’ecumenismo di riconoscere carattere e dimensione realmente ecclesiali alle Comunità cristiane non in piena comunione con la Chiesa cattolica, a motivo dei “plura elementa sanctificationis et veritatis“ (molteplici elementi di santificazione e di verità) presenti in esse.
■ L’espressione subsistit armonizza pertanto due affermazioni dottrinali: da un lato, che la Chiesa di Cristo, malgrado le divisioni dei cristiani, continua ad esistere pienamente soltanto nella Chiesa cattolica, e, dall’altro lato, l’esistenza di numerosi elementi di santificazione e di verità al di fuori della sua compagine, ovvero nelle Chiese e Comunità ecclesiali che non sono ancora in piena comunione con la Chiesa cattolica (cfr. CDF, Responsa ad quaestiones, 3 e articolo di commento).
Cosa fare per l’unità dei cristiani?
■ “Sono necessari:
• un rinnovamento permanente della Chiesa in una accresciuta fedeltà alla sua vocazione. Tale rinnovamento è la forza del movimento verso l’unità;
• la conversione del cuore per «condurre una vita più conforme al Vangelo», poiché è l’infedeltà delle membra al dono di Cristo a causare le divisioni;
• la preghiera in comune; infatti la «conversione del cuore» e la «santità della vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l’unità dei cristiani, si devono ritenere come l’anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale»;
• la reciproca conoscenza fraterna;
• la formazione ecumenica dei fedeli e specialmente dei sacerdoti;
• il dialogo tra i teologi e gli incontri tra i cristiani delle differenti Chiese e comunità;
• la cooperazione tra cristiani nei diversi ambiti del servizio agli uomini” (CCC 821).
■ “Ecumenismo vero non c’è senza interiore conversione e purificazione della memoria, senza santità di vita in conformità con il Vangelo, e soprattutto senza un’intensa ed assidua preghiera che faccia eco alla preghiera di Gesù” (GIOVANNI PAOLO II, Discorso,13 novembre 2004).
■ “L’unione con Cristo è allo stesso tempo unione con tutti gli altri ai quali Egli si dona. Io non posso avere Cristo solo per me; posso appartenergli soltanto in unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi. La comunione mi tira fuori da me stesso verso di Lui, e così anche verso l’unità con tutti i cristiani” (BENEDETTO XVI, Deus caritas est, n.14).
NB: per approfondire l’argomento, si leggano i seguenti documenti pontifici:
* CONCILIO VATICANO II, Lumen gentium (LG); Unitatis redintegratio (UR);
* PONT. CONSIGLIO UNITÀ CRISTIANI, Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo,1993;
* CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA (CCC);
* CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE (CDF), Responsa ad quaestiones de aliquibus sententiis ad doctrinam de Ecclesia pertinentibus, 29 giugno 2007.