Anche le potenze demoniache sono impotenti di fronte all'amore di Dio

Il Papa celebra la Messa per i Cardinali e i Vescovi defunti nel corso dell’anno e ricorda che tutto, anche i peccati, è nelle mani di Dio “misericordiose e piagate d’amore”

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Angeli e principati, presente e futuro, altezze e profondità: niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore di Dio. Nemmeno la vita o la morte. Le parole di San Paolo nella Lettera ai Romani sono una certezza che ogni cristiano deve custodire nel proprio cuore di fronte alle “minacce” che riceve quotidianamente nel percorso terreno. Papa Francesco lo ha ribadito con forza questa mattina dall’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana, dove ha presieduto la Messa in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi di tutto il mondo defunti nel corso dell’anno.

Il Pontefice rinnova la ‘lezione’ dell’Apostolo, il quale “elenca le forze contrarie e misteriose che possono minacciare il cammino della fede”, ma al contempo “afferma con sicurezza che se anche tutta la nostra esistenza è circondata da minacce, nulla potrà mai separarci dall’amore che Cristo stesso meritò per noi, donandosi totalmente”.

È proprio in questa fede che risiede “il motivo più profondo, invincibile della fiducia e della speranza cristiane”, osserva il Papa. Perché “anche le potenze demoniache, ostili all’uomo, si arrestano impotenti di fronte all’intima unione d’amore tra Gesù e chi lo accoglie con fede”. Il cammino della vita a volte è “spedito”, a volte “lento e faticoso” – prosegue il Santo Padre – tuttavia non manca mai l’amore “fedele” di Dio per ciascuno di noi, quale fabbisogno spirituale giornaliero che ci alimenta e ci dà la spinta per affrontare “con serenità e forza” la vita e le sue prove.

C’è solo una condizione che può “interrompere” il prezioso legame tra Creatore e creatura: il peccato. Anche in quel caso, però – rimarca Francesco, il Papa della misericordia – “Dio lo cercherà sempre, lo rincorrerà per ristabilire con lui un’unione che perdura anche dopo la morte, anzi, un’unione che nell’incontro finale con il Padre raggiunge il suo culmine”.

Alla luce di questo, si assapora “un senso nuovo e pieno” della vita terrena, che “ci apre alla speranza per la vita oltre la morte” ed evita qualsiasi dubbio o scoraggiamento davanti alle perdita dei propri amati. “In effetti – ammette il Papa – ogni volta che ci troviamo di fronte alla morte di una persona cara o che abbiamo conosciuto bene, sorge in noi la domanda: Che cosa ne sarà della sua vita, del suo lavoro, del suo servizio nella Chiesa?”.

La risposta arriva dal libro della Sapienza che – ricorda Bergoglio – afferma che tutti coloro che hanno lasciato questo mondo “sono nelle mani di Dio!”. “La mano è segno di accoglienza e di protezione, è segno di un rapporto personale di rispetto e di fedeltà”, osserva il Pontefice.

Allora tutti i cardinali e i vescovi, tutti “questi pastori zelanti” ritornati alla Casa del Padre negli ultimi dodici mesi, sono nelle mani di Dio. “Tutto di loro – rimarca il Papa – è ben custodito e non sarà corroso dalla morte. Sono nelle mani di Dio tutti i loro giorni intessuti di gioie e di sofferenze, di speranze e di fatiche, di fedeltà al Vangelo e di passione per la salvezza spirituale e materiale del gregge loro affidato”.

Ma la straordinarietà dell’annuncio cristiano è che “anche i nostri peccati sono nelle mani di Dio”, afferma il Santo Padre. Quelle mani “misericordiose”, “piagate d’amore”, dice, evidenziando che “non per caso Gesù ha voluto conservare le piaghe nelle sue mani per farci sentire la sua misericordia”. Tale realtà così intrisa di speranza è dunque “la prospettiva della risurrezione finale, della vita eterna, alla quale sono destinati ‘i giusti’”, ovvero “coloro che accolgono la Parola di Dio e sono docili al suo Spirito”.

Bergoglio rivolge nuovamente un pensiero ai fratelli Cardinali e Vescovi defunti, definendoli “uomini dediti alla loro vocazione e al loro servizio alla Chiesa, che hanno amato come si ama una sposa”. Per loro, invoca la misericordia del Signore, affinché, con l’intercessione della Madonna e di san Giuseppe, “li accolga nel suo regno di luce e di pace, là dove vivono eternamente i giusti e coloro che sono stati fedeli testimoni del Vangelo”. Infine, conclude: “Anche in questa preghiera, preghiamo anche per noi, che il Signore ci prepari a questo incontro. Non sappiamo la data, però l’incontro ci sarà”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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