Il cammino vocazionale è stato uno degli aspetti che il cardinale Angelo Scola ha illustrato venerdì 10 febbraio 2017 nella Chiesa di Santa Maria Assunta in Fornaci durante la visita pastorale al Decanato di Valle Olona. Più che un discorso sistematico sono alcune tracce offerte come spunti di riflessione e approfondimento; indicazioni tanto sintetiche quanto pregnanti. Ecco di seguito una trascrizione – non rivista dall’Arcivescovo di Milano – in cui volutamente si è lasciato il tratto discorsivo.
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Circa la questione delle vocazioni prima di tutto pregare, pregare, pregare; dobbiamo farlo tutti i giorni almeno dicendo un’Ave Maria pensando alla propria vocazione, così come la mattina dobbiamo fare il Segno di croce, il quale contiene la Trinità e il dono totale di sé che Gesù fa.
Innanzitutto la vocazione è la vita; si dimentica sempre questo aspetto. Gli apostoli hanno lasciato tutto per andargli dietro. All’inizio nelle loro case e lui passava; poi a un certo punto hanno cominciato a vivere assieme e assieme hanno fatto un percorso verso Gerusalemme e lì hanno assistito alla tragedia da prima sconvolti e poi, avendolo visto risorto, hanno ritrovato uno slancio tale da dare la propria vita nel martirio stesso.
Prima di tutto vivere ogni circostanza e momento come vocazione; ogni circostanza e rapporto è il modo con cui il Signore mi chiama. Una circostanza fatta di incontri, di sguardi; la cultura dell’incontro è questa. Ecco l’importanza della figura del prete, la sensibilità del nonno e della nonna, l’oratorio, il catechista, ecc. Prima di tutto vivere la vita come vocazione; lo Spirito del Signore ha qualcosa da dire a me circa il modo con cui vivo il mio compito. Ha qualcosa da dire a te. La realtà è fatta di circostanze e di rapporti e quindi dobbiamo vivere la nostra vita come risposta a Dio che ci chiama perché le circostanze e i rapporti sono il dito di Dio nella storia e nella nostra vita.
All’interno della vita come vocazione il Signore manda dei segni la cui storia lentamente ci accompagna ad aderire ad uno stato di vita: lo stato matrimoniale, lo stato della consacrazione, …. La questione dello stato di vita è subordinato alla vita come vocazione. Se non si vive la vita come vocazione non si capirà lo stato di vita. Questa è la fatica più grossa che si fa nei gruppi di verifica vocazionale perché tutti hanno già la testa puntata su cosa farà. Innanzitutto vivere la vita come vocazione. La pastorale vocazionale è subordinata alla pastorale giovanile. Se non c’è un soggetto cristiano, se non c’è una fede viva come fa ad accendersi una vocazione? Il Signore, lo Spirito ci manda una storia di segni che ci chiama ad aderire ad uno stato di vita, a una chiamata. I segni con cui il Signore ti accompagna – simili a quelli con cui uno si innamora e capisce lentamente che quella donna può essere un bene per la sua vita – vivendo con verità. Vivere bene il fidanzamento, la verifica, eccetera. Il Signore ci manda una serie di segni; seguendo questa storia dei segni a un certo momento si è chiamati a fare la propria scelta.
Dopo – questo è il punto che è andato in crisi per mancanza del soggetto di fede – se capita qualcosa che sembra andare contro la scelta fatta – sono sacerdote e mi innamoro, si è sposati da dieci anni con figli e ci si innamora della segretaria, ecc. – il criterio è giudicare il fatto nuovo alla luce della storia dei segni precedenti. Non il contrario buttando per l’aria tutti segni che si sono stati prima per andare dietro all’ultima cosa. Certo bisogna avere una stima e un amore per Gesù che è molto molto grande. Vita come vocazione e all’interno i segni che conducono alla scelta, all’adesione di uno stato di vita. Il matrimonio indissolubile è per il Regno di Dio come vivere il celibato e la verginità consacrata.
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Per un approfondimento cfr. http://www.assisiofm.it/quello-che-ho-ve-lo-dono-72876-1.html
Foto: Web Gallery of Art: Inkscape.svg (Commons Wikimedia PD)
Vita come vocazione e scelta vocazionale
Indicazioni del cardinale arcivescovo di Milano Angelo Scola