Ad una monaca carmelitana, nel caos della stazione Termini, chiedo se, mentre attende il treno, è contenta di rispondere ad alcune domande a mo’ di intervista.
Come si trova una carmelitana che viaggia fuori di clausura? “Anche fuori del convento la mia mente non lascia il cielo”.
Lei è fuori monastero da un mese. Non le manca la clausura? “Non mi manca perché la vivo anche oltre la grata. Mi affascina Gesù. È Lui la mia clausura”.
Lei ricorda il sorriso e lo sguardo di Teresa di Lisieux ? “Quello sguardo d’amore puro era rivolto al mondo intero. Sono entrata al Carmelo per vivere, irradiare, rivelare questa meravigliosa realtà a chi ha una vocazione diversa”.
È meglio entrare in monastero o sposarsi? “È meglio fare la volontà di Dio: vivere secondo la propria vocazione”.
Qual è la vocazione più bella? “La vocazione di tutte le vocazioni è amare Dio e il prossimo”.
È più gradito a Dio chi entra in convento o chi si sposa? “Chi ama di più”.
Perché la grata, la clausura? “La clausura è un segno eloquente della libertà che gode chi sa amare quel prossimo che ha accanto. Non ci tengono insieme le sbarre; ma la forza dell’amore reciproco”.
Perché una tonaca così ingombrante, fuori moda? “Mi ha riconosciuta carmelitana anche dalla tonaca che porto. Ogni divisa ha valore solo se evidenzia il vero distintivo che Gesù ci ha detto di mostrare: ‘Vi riconosceranno miei: se vi amerete’. Dalla clausura si può meglio segnalare, come faro sul monte, che ‘Dio solo basta’ e che ‘a chi ha Dio, nulla manca’”.
Come creare una famiglia in monastero? “Garantirci che Gesù sia presente. È Lui che fa di noi il suo collegio apostolico, è lui che forma ogni comunità, ogni famiglia”.
Ha mai pensato di formarsi una famiglia? “In monastero siamo una comunità di 13 suore. L’amore di Gesù ha stretto fra di noi un vincolo più forte del vincolo umano. È Lui che dà senso, forza e perseveranza all’amore umano”.
Grazie, sorella, torni al Carmelo contenta di poter servire così splendidamente la Chiesa e l’umanità. Porti il nostro grazie alle sue consorelle che con lei gridano al mondo intero la gioiosa libertà di chi vive con radicalità l’essenziale del Vangelo: quell’amore che è sale della terra, luce del mondo.
È proprio Giovanni della Croce che ricorda: “Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore”. Non c’è niente di più, né di meglio.
Ciao da padre Andrea
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Foto: Commons Wikimedia - PD
Il Carmelo
Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore. Non c’è niente di più, né di meglio