È la speranza cristiana il tema del nuovo ciclo di catechesi del mercoledì, inaugurato stamattina da papa Francesco. In occasione dell’udienza generale odierna, il Santo Padre ha innanzitutto sottolineato quanto importante sia coltivare questa virtù teologale, in tempi che “appaiono oscuri, in cui a volte ci sentiamo smarriti davanti al male e alla violenza che ci circondano, davanti al dolore di tanti nostri fratelli”.
“Ci sentiamo smarriti e anche un po’ scoraggiati, perché ci troviamo impotenti e ci sembra che questo buio non debba mai finire”, ha aggiunto il Pontefice, puntualizzando: “L’ottimismo delude, la speranza mai, chiaro?”. La solidità della speranza, ha detto, si fonda sul fatto che “Dio cammina accanto a noi, Dio non ci lascia soli e il Signore Gesù ha vinto il male e ci ha aperto la strada della vita”.
Lo stesso tempo liturgico dell’Avvento, che stiamo vivendo, è un’occasione importante per “riflettere sulla speranza” ed “accogliere ancora una volta il mistero consolante dell’Incarnazione e la luce del Natale”.
Nell’Antico Testamento, ha ricordato il Papa, spicca quel “grande profeta dell’Avvento” e “messaggero della speranza”, che è Isaia: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato» (Is 40,1-2.3-5). Sono parole di consolazione, con cui Dio Padre, per voce del profeta, va a “rincuorare il popolo, i suoi figli, annunciando che è finita la tribolazione, è finito il dolore, e il peccato è stato perdonato. È questo che guarisce il cuore afflitto e spaventato”.
Per il popolo, dunque, la “consolazione” parte dalla “possibilità di camminare sulla via di Dio, una via nuova, raddrizzata e percorribile, una via da approntare nel deserto, così da poterlo attraversare e ritornare in patria”. Isaia rivolge quelle parole, quando il popolo di Israele ancora patisce l’esilio a Babilonia, durante il quale “aveva perso tutto, la patria, la libertà, la dignità, e anche la fiducia in Dio”. Il richiamo di Isaia “riapre il cuore alla fede”, sebbene il cammino di ritorno avverrà nel deserto, “luogo in cui è difficile vivere”, ha sottolineato Francesco.
Le persone che “si staccano da Dio”, normalmente si riconoscono per essere “senza sorriso”: è più facile, ha osservato Bergoglio, fare una “grande risata” o una “battuta” ma si perde “il sorriso della speranza di trovare Dio”.
La vita, quindi, è spesso un “deserto”, in cui “è difficile camminarci dentro, ma se ci affidiamo a Dio può diventare bella e larga come un’autostrada”. E se incontriamo un bambino, “ci viene da dentro il sorriso, la semplicità, perché ci troviamo davanti alla speranza”: del resto “Dio che si è fatto Bambino per noi e ci farà sorridere, ci darà tutto”.
Il richiamo al deserto, ha ricordato ancora il Pontefice, è presente anche nell’invito alla conversione di San Giovanni Battista (Mt 33): “È una voce che grida dove sembra che nessuno possa ascoltare, e che grida nello smarrimento dovuto alla crisi di fede”. Una condizione simile a quella odierna, in cui “il mondo è in crisi di fede”: non basta, infatti, dire: “io credo”; si tratta di “tornare a Dio, convertire il cuore a Dio” e “preparare l’incontro con questo Bambino che ci ridarà il sorriso”.
Il Santo Padre ha quindi individuato l’analogia tra l’esortazione di Isaia e quella di Giovanni Battista: nel primo caso c’è l’esilio, nel secondo la “dominazione romana”, che rende gli israeliti “stranieri nella loro stessa patria, governati da occupanti potenti che decidono delle loro vite”. Eppure, ha sottolineato il Pontefice, “la vera storia non è quella fatta dai potenti, bensì quella fatta da Dio insieme con i suoi piccoli” e ai “semplici che troviamo intorno a Gesù che nasce: Zaccaria ed Elisabetta, anziani e segnati dalla sterilità, Maria, giovane ragazza vergine promessa sposa a Giuseppe, i pastori, che erano disprezzati e non contavano nulla”.
Sono proprio questi “semplici” che “trasformano il deserto dell’esilio, della solitudine disperata, della sofferenza, in una strada piana su cui camminare per andare incontro alla gloria del Signore”, ha poi concluso il Papa, ricordando: “Qualunque sia il deserto delle nostre vite, ognuno sa in quale deserto cammina diventerà un giardino fiorito. La speranza non delude!”.
© Servizio fotografico - L'Osservatore Romano
Papa: “Prepariamo l’incontro con quel Bambino che ci ridarà il sorriso!”
Inaugurando un nuovo ciclo di catechesi, durante l’Udienza Generale, papa Francesco sottolinea il momento di “crisi di fede” che sta vivendo il mondo e ricorda: “L’ottimismo delude, la speranza mai”