A San Paolo 50 anni fa l'annuncio del Concilio

ROMA, domenica, 25 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito un articolo apparso sul settimo numero della rivista “Paulus” (gennaio 2009), dedicato alla “caratteristica essenziale di San Paolo: essere apostolo”.

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di Marco Roncalli

L’idea di un nuovo Concilio soffiava da tempo nella Chiesa. Ad auspicarlo erano stati prelati ma anche scrittori. Basterebbe andare a rileggersi le pagine di Celso Costantini datate 15 febbraio 1939 o, il 23 dello stesso mese, l’articolo di Giovanni Papini sul Corriere della sera. Di certo, almeno per due volte, la convocazione di un Concilio era stata considerata sia da Pio XI (che la lasciò cadere nell’attesa di veder risolta la “questione romana”), sia da Pio XII (al quale i cardinali Ruffini e Ottaviani avevano preparato un memorandum). Ma anche lo stesso Angelo Giuseppe Roncalli: negli anni di Istanbul, di Parigi e di Venezia. A questo punto, però, occorre intendersi sul significato che egli volle dare al “suo” Concilio: qualcosa di non definito in modo assoluto, più pastorale che dogmatico, e tuttavia pastorale non in senso riduttivo. Del resto, lo stesso papa Roncalli, come testimoniò mons. Dell’Acqua, «mai pensò di aprire e chiudere il Concilio […]. Ripetute volte papa Giovanni mi disse: “Quello che importa è cominciare: il resto lasciamolo al Signore”». Sappiamo che egli arrivò a quell’annuncio ascoltando – come scrisse – «un’ispirazione». Non c’era dunque solo l’intuizione di un pontefice che conosceva la storia, c’era anche la coscienza dell’uomo di Dio dietro quella scelta. Non a caso più tardi scriverà di questa decisione come di una grazia dell’Altissimo che gli aveva fatto «apparire come semplici ed immediate di esecuzione alcune idee per nulla complesse, anzi semplicissime, ma di vasta portata e responsabilità in faccia all’avvenire». Nel diario del 15 e 20 gennaio, aveva già accennato al cardinale segretario di Stato Tardini questa sua idea di «proporre ai membri del Sacro Collegio che converranno in San Paolo il 25 corrente per la chiusura dell’ottavario di preghiere il progetto di un Concilio Ecumenico da radunarsi […] a tempo debito con l’intervento di tutti i vescovi cattolici di ogni rito e regione del mondo». E ne era stato rassicurato. Non tutti mostrarono subito lo stesso entusiasmo, soprattutto i cardinali presenti a San Paolo il 25 gennaio, quando, conclusa la messa da lui presieduta nella Basilica, il Papa chiese a sorpresa di trattenere i cardinali nel monastero attiguo per dare loro quella notizia. Essendo già passato mezzogiorno – l’ora in cui per i giornalisti cessava l’embargo dell’annuncio -, la notizia del Concilio stava rimbalzando sulle agenzie. L’annuncio, infatti, prima ancora che dal Pontefice fu dato in Sala Stampa, dove il suo testo ciclostilato era stato portato dalla Segreteria di Stato. Insomma, mentre il prefetto delle cerimonie, mons. Enrico Dante, intimava l’Extra omnes come per i concistori segreti e le porte di San Paolo restavano chiuse per una buona mezz’ora, la notizia faceva già il giro del mondo.

A sera, invece, il Papa era costretto a segnare la prima reazione, tra sconcerto e disorientamento, dei cardinali presenti. «Umanamente si poteva ritenere che, dopo aver ascoltato l’Allocuzione, si stringessero attorno a Noi per esprimere approvazioni ed auguri. Vi fu invece un impressionante devoto silenzio»: così annotò sul diario dove, qualche giorno dopo, cercherà di scusarli della loro incapacità di trovare «parole adatte per manifestare il giubilo». Giovanni XXIII sul diario la descrisse poi come una «giornata felice e indimenticabile»: «A San Paolo, trionfo di clero e di popolo. Assistei alla messa cantata dall’Abate di San Paolo, Cesario D’Amato, dal trono. Cardinali presenti 12, quanti poterono venire. Mia omelia dal trono, e preghiere speciali per la Cina, dove la persecuzione contro la libertà della Chiesa minaccia di produrre uno scisma che è già in atto. Il punto più importante però fu la mia comunicazione segreta per i soli cardinali, del triplice disegno del mio pontificato: Sinodo romano, Concilio ecumenico Vaticano II, aggiornamento del Codice di diritto canonico». «Tutto ben riuscito – concludeva infine. – Io mantenni la mia continua comunicazione con Dio. Nel ritorno, la festa dei Romani a San Paolo e a San Pietro indimenticabile, come al ritorno in Laterano il 23 novembre […] Laus Deo, laus Deo».

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ZENIT Staff

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