Comunicare oggi la Chiesa? Prendiamo esempio da Papa Francesco….

Ad aprile, un Seminario internazionale della Santa Croce sulla comunicazione nella e della Chiesa, per parlare di media, fede, famiglia, gender e dell'”effetto Francesco”. Intervista al prof. Daniel Arasa

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“Comunicazione della Chiesa: strategie creative per un cambio culturale” è il titolo del Seminario professionale, organizzato dalla facoltà di Comunicazione Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce, che si svolgerà nell’Ateneo dal 28 al 30 aprile prossimi. Giunto alla IX edizione, al Seminario sono attesi oltre 300 partecipanti, di cui la grande maggioranza professionisti impegnati in vari ruoli negli Uffici di Comunicazione di diverse istituzioni ecclesiali nel mondo. Per saperne di più, ZENIT ha intervistato il prof. Daniel Arasa, vicedecano della Facoltà di Comunicazione Istituzionale e presidente del comitato organizzatore del Seminario.

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In che modo una buona comunicazione nella Chiesa può contribuire a promuovere un cambio culturale?

Prof. Arasa: L’esperienza quotidiana insegna che non basta comunicare per essere capiti, ma bisogna farlo bene e in modo professionale. Da questo punto di vista, la Chiesa ha una grande potenzialità perché il Vangelo, quando incarnato negli stili di vita, nelle idee e nella cultura, porta in sé una carica creativa capace di cambiare il mondo. Ogni fedele, in tal senso, è “comunicatore” della fede. Il ruolo dei comunicatori istituzionali è anche quello di promuovere e potenziare la singola comunicazione per mettere in moto un cambiamento culturale incisivo e duraturo. Bisogna ricordare che il messaggio cristiano è essenzialmente positivo; questa sua positività diventa forza performatrice della società, della cultura e dell’uomo. Non per niente il Vangelo dice che i cristiani sono “il sale della terra”.

Qual è l’obiettivo principale del Seminario?

Prof. Arasa: Conoscere progetti concreti di comunicazione creativa di altri luoghi del mondo, ma non solo. Il Seminario è un’opportunità per condividere esperienze professionali sulla comunicazione della Chiesa e il no profit; un’occasione per uno scambio d’idee e per mettere in luce l’esperienza positiva di altri nella trasmissione della fede. Quest’anno, il Seminario inizierà il giorno dopo la canonizzazione dei Beati Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII e, quindi, tanti comunicatori della Chiesa saranno a Roma e avranno la possibilità di partecipare all’udienza con il Santo Padre. Questo è già di per sé un’esperienza di cattolicità e di comunicazione della fede dalla quale si impara molto. C’è da dire anche che l’incontro è diventato, ormai, un punto di riferimento per comunicatori di Chiesa, non solo per i responsabili di comunicazione delle diocesi e delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo, ma anche per gli operatori della comunicazione nell’ambito del no profit come, ad esempio, università, ospedali, ONG, esperti e advisor di comunicazione istituzionale.

“Comunicazione della Chiesa: strategie creative per un cambio culturale”. Come mai la scelta di questo tema?

Prof. Arasa: Oggi è in atto un cambiamento sociale e culturale e, quindi, vi è la necessità di fornire risposte convincenti. Non basta parlare di fede, ma occorre saperne presentare la bellezza e trovare risorse nuove che siano attraenti e sappiano parlare al cuore dell’uomo contemporaneo. Il Papa ci sta dando esempio di come farlo.

Quali sfide si presentano oggi per la comunicazione della Chiesa?

Prof. Arasa: Le rispondo con le parole di Papa Francesco nel Messaggio per la 48° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: “La rivoluzione dei mezzi di comunicazione e dell’informazione è una grande e appassionante sfida, che richiede energie fresche e un’immaginazione nuova per trasmettere agli altri la bellezza di Dio”. Accettare questa sfida significa riuscire ad usare un linguaggio nuovo, positivo, adatto a comunicare bene nella cultura digitale. La fede, come ricordava Benedetto XVI, non è un insieme di negazioni, ma un’affermazione, un “sì” convinto e profondo. Queste sfide sono un invito ai leader della Chiesa di tutti gli ambiti (locali, nazionali ed internazionali) ad investire nella formazione di persone che possono gestire la comunicazione delle istituzioni della Chiesa con professionalità e, al tempo stesso, con un senso di appartenenza alla Chiesa e coerenza di vita cristiana.

Il modello di comunicazione che vediamo con Papa Francesco può essere, dunque, uno spunto per le Conferenze episcopali, le diocesi e le istituzioni religiose?

Prof. Arasa: Certamente. Questo Papa è un vero creativo, non perché stia modificando niente della dottrina della Chiesa – come alcuni pensano – ma perché sta ribaltando la visione che tanti hanno su di essa. In questo senso il modello comunicativo da Lui incarnato è un veicolo prezioso in mano alle istituzioni della Chiesa per abbattere le distanze e creare quella necessaria fiducia e stima che viene dalla partecipazione alla verità, che chiama in prima persona. Il Seminario prevede infatti alcune sessioni che serviranno anche per conoscere meglio lo stile comunicativo del Pontefice come, ad esempio, l’incontro con padre Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, e quello con i vaticanisti sull’”effetto Francesco”. Inoltre, la partecipazione all’Udienza generale di mercoledì 30 aprile sarà un’opportunità di manifestare il nostro affetto per un Papa che sta dando la vita per i suoi figli.

Quali saranno i temi principali che verranno affrontati nel seminario?

Prof. Arasa: Saranno molti. È previsto un incontro con i responsabili di comunicazione di grandi diocesi (New York, Lyon) e Conferenze Episcopali (Italia e Inghilterra e Galles), e una testimonianza sulla campagna a favore del matrimonio naturale, realizzata per opporsi alle leggi a favore del cosiddetto “matrimonio omosessuale” in Inghilterra. Vi sarà la conferenza del Cardinale di Lyon, Philippe Barbarin: “La famiglia come opportunità comunicativa”. Siamo convinti che presentare, in modo creativo, la bellezza della famiglia vera, quella in cui in mezzo ai problemi c’è amore, dedizione incondizionata all’altro, sia il servizio migliore che i comunicatori possono fare alla società tutta e non soltanto alla Chiesa. Comunque, enfatizzare il positivo, senza mancare di rispetto a chi la pensa diversamente, non significa dimenticare i pericoli insiti nelle odierne teorie di gender o nel femminismo radicale. Sarà anche affrontato l’argomento del ruolo che i media cattolici hanno nella formazione delle coscienze dei fedeli che spesso ricevono le notizie sulla Chiesa dai media commerciali, tante volte deformate nel senso e nel contesto. Inoltre avremmo l’onore di poter ascoltare, nella sessione conclusiva del Seminario, la bella testimonianza di Joaquín Navarro-Valls, ex direttore della Sala Stampa della Santa Sede durante il pontificato di Giovanni Paolo II.

All’evento parteciperanno relatori provenienti da diversi paesi del mondo. Rileva molte differenze nella forma di comunicare la Chiesa tra i vari paesi?

Prof. Arasa: È evidente che ogni cultura ha un proprio stile comunicativo e un approccio particolare nel modo di relazionarsi con gli altri, ma la grandezza della Chiesa risiede proprio nell’amalgamare la ricchezza culturale e le sfumature dei diversi popoli per esprimere al meglio il messaggio di salvezza. Le differenti forme di comunicare la Chiesa, in fondo, sono una risorsa per tutti. “Cattolico” significa universale, nella mente e nel cuore e quindi saper trasmettere un messaggio che interpelli tutti gli uomini. Noi tentiamo di contribuire nel nostro piccolo a questo.

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Per il programma e tutta l’informazione sul Seminario cliccare su: http://www.pusc.it/csi/ucc2014

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Rocío Lancho García

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