Il dottor Vincenzo Dell’Anna è un reumatologo nonché uno dei più illustri ozonoterapeuti in Italia, iscritto alla Società scientifica di ossigeno-ozono terapia (Sioot). Nella prima parte della sua intervista a Zenit abbiamo affrontato il tema delle applicazioni dell’ossigeno-ozono terapia contro le malattie reumatiche. In questa seconda parte, approfondiremo l’interessante profilo umano e professionale del dottor Dell’Anna e vedremo cosa manca, a suo giudizio, per inserire questa pratica medica nella sanità pubblica.
È possibile ipotizzare l’inserimento dell’ossigeno-ozono terapia nella sanità pubblica e, di conseguenza, nelle strutture di cura pubbliche?
Credo che l’ozonoterapia possa contribuire alla soluzione di molte problematiche sanitarie sia sul territorio, sia nelle strutture, ospedaliere e non, pubbliche e private.
Questa però, per ora, rimane solo un’ipotesi che, per quanto affascinante e auspicabile, è ostacolata, a mio giudizio, da difficoltà oggettive. Provo ad accennare alcuni problemi che, secondo me, andrebbero affrontati per raggiungere questo obbiettivo:
- Serve uniformità nelle procedure e nei protocolli applicativi, basati su dati scientifici e autorizzati dall’Istituto superiore di sanità. In Italia esistono infatti ben tre associazioni mediche per la pratica dell’ozonoterapia e, fra queste, solo la Sioot è iscritta alla Fism (Federazione italiana società scientifiche mediche). Ciascuna associazione utilizza metodi, tecniche e protocolli differenti. I protocolli della Sioot sono autorizzati dal Ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità, ma servirebbe uniformità a livello globale per tutti gli ozonoterapeuti italiani.
- È necessaria l’uniformità dei percorsi formativi ed è auspicabile l’istituzione di una scuola di specializzazione che vada a formare medici ozonoterapeuti preparati, evitando derive soggettive che nascono ogni giorno da iniziative personali con gli immaginabili danni alle persone e alla metodica medesima.
- Bisogna arrivare a regole chiare sui prodotti e le apparecchiature da utilizzare.
Il Ministero della Salute, l’Istituto superiore di sanità e le tre società mediche potrebbero lavorare insieme per creare protocolli medici unici e percorsi di formazione chiari e obbligatori per la pratica dell’ozonoterapia. In questo modo si potrebbe arrivare al suo inserimento nel nomenclatore tariffario, magari con rimborsabilità a favore delle fasce più deboli. Immagino che questo passaggio andrebbe, almeno in parte, a risolvere le problematiche a cui ho accennato e potrebbe consentire l’utilizzo dell’ozonoterapia a vantaggio di più persone.
Come e quando ha conosciuto l’ossigeno-ozono terapia?
Nel 1982, da neolaureato e specializzando della scuola di reumatologia, sentivo la necessità di completare la mia cultura scientifica curriculare prima di affrontare l’attività sul campo. Per questo ho studiato molto e seguito diversi corsi in ambito fisioterapico, idrologico (ho iniziato subito a lavorare presso le Terme di Fiuggi) e su diverse terapie contro il dolore. Proprio per approfondire le mie conoscenze in questo ultimo settore, ho acquistato, nel 1983, un libro sull’ozonoterapia di cui erano già noti gli effetti antidolorifici. Mancavano però ancora riferimenti significativi in Italia e quindi accantonai temporaneamente il mio interesse per dedicarmi ad altro.
Circa tre anni dopo, ho sentito nuovamente parlare di ozonoterapia perché molti miei pazienti, affetti da ernia discale, venivano trattati con l’ossigeno-ozono dai colleghi ortopedici dell’Istituto chirurgico ortopedico traumatologico di Latina, ma con risultati dubbi. Anche in questo caso però, la mia attenzione si rivolse altrove.
Nel 1992, in occasione delle mia tesi di specializzazione in idroclimatologia medica, affrontai il problema della ionizzazione dell’aria. Parlai anche dell’ozono e delle sue potenzialità terapeutiche. Finalmente nel 2010, Massimiliano Giorgi, rappresentante di apparecchiature mediche per ozonoterapia, mi parlò della Società scientifica di ossigeno-ozono terapia e mi fece conoscere il professor Marianno Franzini, presidente e fondatore. Ricordo ancora con molto piacere il primo incontro con Marianno e l’empatia che subito si creò fra noi. Mi sono così avvicinato all’ozonoterapia e ho avuto come maestro proprio il professor Franzini che mi ha permesso di ampliare la mia conoscenza teorica e pratica. Ho così potuto iniziare a somministrare l’ozono nel mio ambulatorio reumatologico con risultati in alcuni casi superiori anche alle mie aspettative.
Successivamente ho conosciuto Manuele Camolese, amministratore delegato della Multiossigen, azienda costruttrice di apparecchiature per la produzione di ozono e partner strategico della Sioot. Attraverso i continui scambi di idee e progetti con lui e Marianno, sono entrato nel mondo della formazione degli ozonoterapeuti e nell’organizzazione di convegni, corsi e congressi. Ringrazio Massimiliano Giorgi per avermi fatto conoscere Marianno Franzini e Manuele Camolese, che mi onorano della loro amicizia e della loro competenza. Spero di fare ancora molto per la Sioot, trasmettendo la qualità e i benefici dell’ossigeno-ozono terapia nella cura e nella salute della persona.
Lei ha lavorato per dieci anni come medico presso le terme di Fiuggi. Da dove derivano le proprietà benefiche di quelle acque?
Mi sono specializzato in idrologia medica presso l’Università degli Studi di Roma nel 1992, alla Scuola del professor Messina, e ho lavorato presso le Terme di Fiuggi per 14 anni a partire dal 1982. Ho potuto toccare con mano l’efficacia dell’acqua di Fiuggi, senza tema di smentita tra le migliori al mondo nella cura delle patologie dell’apparato urinario, soprattutto i calcoli ai reni. Nella mia lunga esperienza sul campo (approssimativamente ho seguito oltre 100mila persone) ho potuto appurare le portentose proprietà di quell’acqua, documentate da studi continui, volti alla scoperta dell’origine di benefici, oserei dire, unici in natura. Le varie ricerche hanno attribuito l’efficacia delle terapie termali di Fiuggi agli elementi in traccia (alcuni anche radioattivi) che si liberano dalle rocce nell’acqua piovana durante il suo tragitto sotterraneo verso le sorgenti. L’effetto di questi elementi sarebbe la peculiarità di questa acqua, oligominerale come pochissime al mondo e particolarmente efficace sugli enzimi renali.
Come è nata la sua vocazione per la professione medica?
Sono diventato medico, stimolato e sollecitato da mia madre, per perseguire un sogno, il mio e il suo: aiutare chi soffre, in particolare le persone che non hanno la possibilità o i mezzi per curarsi. Mia madre ha sostenuto per tutta la vita (e, anche ora che non è più tra noi, mio padre prosegue la sua opera) le organizzazioni cattoliche a favore dei più deboli. Mi ha trasmesso questo sentimento in maniera serena ma costante, educandomi alla non violenza e al rispetto del prossimo. Per tutto il liceo ho collezionato la mia prima enciclopedia medica e, quando le ho comunicato che avrei voluto diventare medico, mi ha sostenuto sempre, nonostante mi sia dovuto allontanare da casa per frequentare l’università e abbia sofferto per il distacco.
È vero che ha sempre desiderato partecipare a una missione in Africa?
Sì. Ne ho avuto l’occasione con le sorelle Suore Adoratrici del sangue di Cristo, mie pazienti di Acuto e Fiuggi, che hanno una missione in Tanzania. Ma un po’ il lavoro e soprattutto gli affetti familiari mi hanno fatto tentennare e desistere almeno temporaneamente. È ancora un mio sogno e spero di realizzarlo prima di terminare il mio percorso di vita. Magari con mia figlia Sofia, neolaureata in medicina.