Don Giacomo Abbondo, il Beato che scelse di fare il parroco

Beatificato oggi a Vercelli, il sacerdote che rinunciò all’incarico di insegnante nella scuola statale e accettò la nomina a parroco di Tronzano

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Oggi a Vercelli, in rappresentanza di Papa Francesco, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, beatifica don Giacomo Abbondo, un sacerdote di Tronzano Vercellese
A questo proposito il Postulatore della causa Mario Capellino ha scritto su ‘L’Osservatore Romano’:
“Nato a Salomino, frazione di Tronzano Vercellese, il 27 agosto 1720, Giacomo Abbondo ricevette la prima educazione umana e cristiana dallo zio paterno, don Carlo Giovanni, cappellano di Salomino, noto per la sua pietà e carità. Completò gli studi nelle scuole regie di Vercelli. Fu ordinato sacerdote il 21 marzo 1744. Laureatosi in lettere all’università di Torino, divenne insegnante nel ginnasio statale di Vercelli.
oCoadiutore del parroco di San Michele a Vercelli, fu zelante confratello nella compagnia della Madonna del Buon consiglio. Era stimato consigliere spirituale dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa.
Il vescovo Solaro lo propose come direttore spirituale degli studenti vercellesi. Fu pure confratello della compagnia di San Giovanni decollato nella predetta parrocchia. Era esemplare nell’esercizio delle opere di misericordia corporale e spirituale, in particolare a sostegno dei carcerati e dei condannati a morte.
Assecondando il desiderio del vescovo, Abbondo rinunciò al prestigioso incarico di insegnante nella scuola statale e accettò la nomina a parroco di Tronzano, dove rimase fino alla morte, avvenuta il 9 febbraio 1788.
Ereditò una difficile situazione dopo la morte del teologo Naya, simpatizzante del giansenismo e del rigorismo sacramentale. Fin dall’inizio nel 1757 don Abbondo s’impegnò come ministro della Parola, premuroso cultore della vita sacramentale e generoso dispensatore della carità parrocchiale.
Nel 1759 unì le compagnie della dottrina cristiana e del rosario, impegnando quasi tutti i genitori nell’insengnamento del catechismo e nella preghiera in famiglia. La dottrina cristiana era spiegata ogni festa di precetto al pomeriggio.
In Quaresima la catechesi si faceva ogni giorno: al mattino nel capoluogo, al pomeriggio nelle cascine. Nel mese di gennaio, dopo la messa dell’Ave Maria, don Abbondo a cavallo, avvolto in un grande mantello, si recava nelle cascine per insegnare il catechismo ai ragazzi impegnati nella custodia delle mucche.
I testi in uso erano quelli del cardinale Roberto Bellarmino, del padre Boriglioni e di monsignor Casati.
Tre volte furono predicate le missioni popolari: nel 1759 dai gesuiti; nel 1770 dai carmelitani; nel 1783 dai francescani. I primi insistevano sul discernimento vocazionale; i secondi illustravano le varie forme di preghiera; i terzi esemplificavano le opere di misericordia corporale e spirituale.
In un’epoca di alta mortalità infantile, preparò levatrici e medici per l’amministrazione del battesimo in caso di necessità. Data la scarsità di visite pastorali, accompagnava i cresimandi nel duomo di Vercelli e li preparava servendosi di un libro sulla pastorale del sacramento della confermazione.
In un tempo di rigorismo sacramentale, ammetteva alla prima comunione i ragazzi catechizzati dai dieci anni in su, anticipando di due anni l’età stabilita dal sinodo diocesano. Seguendo l’indicazione del padre Boriglioni, consigliava di fare la comunione ogni domenica e festa di precetto.
Amava i suoi parrocchiani uno ad uno, con una speciale predilezione per i poveri e i malati. Insieme con il medico, segnalava coloro che necessitavano di un particolare sostegno da parte della congregazione di carità.
A essi garantiva la distribuzione gratuita del pane, del latte, della verdura, della legna per il riscaldamento. La popolazione dimostrò di apprezzare tale interessamento con l’istituzione di lasciti e legati.
Le famiglie più generose si prendevano cura degli orfani. La casa parrocchiale era nota per l’ospitalità dei sacerdoti di passaggio, provenienti dalle limitrofe diocesi di Casale Monferrato e Ivrea.
Fonte: Osservatore Romano
 
 

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ZENIT Staff

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