Tutte le opere di misericordia hanno il loro principio e il loro compimento in Dio, perché Dio è la misericordia in persona che si realizza nell’amore del Padre, nel sacrificio del Figlio e nella consolazione, nella rivelazione e nell’insegnamento dello Spirito Santo. Ma vi è una opera di misericordia corporale che forse tra tutte è la più difficile da comprendere dagli uomini se non la si considera come un frutto della grazia divina: la visita ai malati.
Prima di tutto è interessante notare quello che richiede questa opera di misericordia corporale. Non chiede di guarire i malati, un gesto che necessita di una specifica conoscenza della malattia e richiede una competenza riservata a poche persone che hanno avuto la possibilità di completare gli studi di medicina o di infermieristica. Il visitare viene prima del guarire perché è un atto di vicinanza accessibile ad ogni essere umano che desideri accostarsi al dolore di una persona malata, per manifestare quella compassione che contiene la forza di rinfrancare e sollevare l’animo umano.
La malattia normalmente suscita spavento, genera preoccupazione, provoca tristezza e soprattutto determina un senso di angoscia e solitudine che sono la causa del dolore interiore. Per queste ragioni è essenziale rimanere vicini non solo ai malati ma anche ai parenti delle persone malate, in quanto la malattia, prima di alterare il normale funzionamento del corpo, aggredisce il cuore dell’uomo rendendolo debole e trascinandolo in un vortice di disperazione e solitudine interiore.
La vicinanza agli infermi è un medicina di misericordia capace di guarire il cuore dell’uomo. Come il rimanere vicino al malato non significa guarirlo dalla sua malattia fisica, così la prossimità all’infermo non richiede necessariamente parole ma esige silenzio ed attenzioni. La Vergine Maria ha incarnato questa opera di misericordia corporale quando è rimasta silenziosa ai piedi della croce di Gesù. Maria è considerata da sempre la madre dei dolori, capace di comprendere ogni sofferenza perché Ella ha sperimentato nel suo cuore il dolore per l’agonia e la morte del suo Figlio ma sempre con la speranza della resurrezione.
La vicinanza ai malati è un opera di misericordia perchè conduce a condividere il dolore. Assistere un figlio malato, prendersi cura degli ultimi tempi della vita di un genitore, visitare un amico caro colpito da una malattia, recarsi a casa di una persona anziana immobilizzata su una sedia a rotelle, sono gesti che hanno la forza di restituire dignità e speranza verso coloro che soffrono.
Ma esistono anche tante altre forme di infermità che non sono fisiche ma interiori. Le separazioni tra marito e moglie, la sofferenza dell’abbandono subita da un figlio, una prolungata assenza di dialogo e di frequentazione tra genitori e figli, la perdita di un posto di lavoro, la partenza di una persona cara, sono eventi della vita che provocano un grande senso di solitudine che richiedono la vicinanza di qualcuno per essere colmati e sanati.
Queste situazioni conducano ad un isolamento, l’isolamento porta alla immobilità, e l’immobilità produce l’infermità. La solitudine è l’infermità più diffusa ai nostri tempi. Per questo la Chiesa è chiamata a non rimanere chiusa tra le mura delle sue parrocchie ma è inviata continuamente ad uscire nelle strade, nelle case, nei luoghi di lavoro, di ritrovo e di divertimento per essere vicini a coloro che soffrono di una solitudine interiore che spesso viene mascherata con il tanto lavoro, con le tante attività frenetiche e con tanto tempo dedicato ad un apparente divertimento.
La visita ai malati significa cercare, scovare e smascherare quella doppiezza di vita di un mondo che ha scoperto di essere globalizzato esteriormente ma prigioniero interiormente. Consiste quindi nel rendersi disponibili all’ascolto di coloro che normalmente avrebbero tante cose da raccontare, ma non hanno nessuno a cui confidare i dolori della propria vita, perché avvertono la paura di essere giudicati ed esclusi. L’ascoltare ha come elemento essenziale quello di aprire il proprio cuore, manifestando alla persona che si ha vicino quell’atteggiamento misericordioso che non giudica, ma al contrario ringrazia nel suo cuore Dio.
L’infermo è colui che non riesce da solo a muoversi ma ha bisogno di un’altro che lo aiuti ad alzarsi e ad accompagnarlo nel cammino della vita. Per questo l’azione di visitare non consiste solo nell’uscire da se stessi per andare incontro all’altro. Visitare significa offrire la possibilità di stendere la mano per sollevare l’uomo dalle sue debolezze ed offrire il proprio sostegno per aiutarlo a fuggire da un vizio, da un peccato e dalla rassegnazione. Per questo il visitare l’infermo non è un’opera estemporanea ma un dare continuità ad una azione che ha senso interrompere solo quando l’infermo raggiunge una propria autonomia.
Questo è l’esempio che ha offerto alla Chiesa la Vergine Maria quando si è recata a visitare l’anziana cugina Elisabetta al sesto mese di gravidanza. La visita della Madonna alla casa di Zaccaria è durata poco più di tre mesi, sino a qualche giorno dopo della nascita di Giovanni il Battista.
Tale evento evangelico compendia il senso ed il valore dell’opera di misericordia di visitare i bisognosi. Quando ci rechiamo a visitare una persona che si trova nel bisogno non portiamo solo noi stessi ma siamo portatori della misericordia di Dio, l’unica capace di offrire un servizio semplice ma fattivo, nascosto ma concreto, umile ma prezioso.
La visita ai malati è da considerarsi pienamente una opera di misericordia quando una persona, sofferente, vedendo l’aiuto di un’altra persona, riesce a comprende come quell’amore ricevuto viene da Dio. La docilità del cuore all’azione dello Spirito Santo è il principio di quell’amore divino, il quale intende raggiungere gli uomini più deboli e più sofferenti per donargli quel conforto e quella consolazione di cui tutti noi abbiamo bisogno in ogni momento della nostra esistenza.
Via Crucis dei Malati, Lourdes / Wikimedia Commons - AdaLuCaMmI, CC BY-SA 4.0
Visitare i malati: la quinta opera di misericordia corporale
La visita ai malati significa cercare, scovare e smascherare quella doppiezza di vita di un mondo che ha scoperto di essere globalizzato esteriormente ma prigioniero interiormente