di Antonio Gaspari
ROMA, lunedì, 6 aprile 2009 (ZENIT.org).- Custodito presso il Duomo di Torino c’è un lenzuolo di lino protagonista di una storia fitta di misteri e di colpi di scena. E’ la Sindone, il telo più famoso al mondo, quello che milioni di fedeli ritengono abbia avvolto, duemila anni fa, il corpo di Gesù deposto nel sepolcro.
Alcuni sono però convinti che si tratti di un falso storico perchè il telo, secondo analisi fatte nel 1988 con il metodo del C14, è risalente al tardo medioevo.
Le datazioni sembrano però smentite da quegli stessi scienziati che le eseguirono venti anni fa. A questo si aggiunge la quantità di misteri che riguardano il come e il perchè si sia formata l’immagine sul telo e le innumerevoli somiglianze di quell’immagine con la persona di Gesù che diceva di essere figlio di Dio.
Marco Tosatti, vaticanista de “La Stampa”, ha cercato di rispondere alle mille domande sulla Sindone, con un inchiesta che è diventata un libro: “Inchiesta sulla Sindone” (Piemme, 320 pagine, 15 Euro).
L’autore ha interpellato esperti e storici, ha consultato documenti e fonti, ha esaminato anche le più remote tessere di quello che sembra un vero e proprio mosaico di intrighi, segreti e misteri.
Tosatti non ha esitato a indagare anche tra i poteri occulti. Fu infatti il Cardinale Anastasio Alberto Ballestrero, Arcivescovo di Genova, che accennò ad alcune frange massoniche, interessate a screditare quello che forse è un testimone muto della Resurrezione.
Per conoscere gli esiti dell’inchiesta, ZENIT ha intervistato Marco Tosatti.
Nel libro lei sostiene che l’esame del C14 sulla Sindone era sbagliato. Ci spiega come e perchè è arrivato a queste conclusioni e che cosa cambia nel dibattito in corso sulle origini della Sindone?
Tosatti: I numeri, non io, sono giunti a queste conclusioni. Diciamo intanto che i laboratori e il British Museum non hanno mai fornito, nonostante ripetute richieste da parte del committente, la diocesi di Torino, i “dati grezzi” degli esami compiuti, necessari per capire che cosa è veramente successo.
Ma anche solo esaminando i dati pubblicati su Nature, un ingegnere di Milano, Ernesto Brunati, si è accorto che c’era qualche cosa che non andava. Ho chiesto di rifare i calcoli a due professori di matematica e statistica della Sapienza, che non c’entrano nulla con il mondo della Sindone. Livia De Giovanni e Pierluigi Conti, che hanno confermato: c’era un errore di calcolo, tale da inficiare la validità dell’esame.
La “tolleranza” di errore che i tre laboratori si erano dati era del 5%; e dai numeri di Nature sembrava che si fosse raggiunto proprio il minimo, il 5%. In realtà è stato raggiunto l’uno per cento. L’esame avrebbe dovuto essere rifatto, ma i campioni ormai erano distrutti. Grazie agli esami di alcun professori americani, l’ultimo dei quali è Roberto Villareal, del Los Alamos Center, che ha presentato le sue scoperte nell’agosto 2008, credo che si sia scoperto qual’era il problema.
Una contaminazione fortissima del tessuto, e un “rammendo invisibile” praticato nel Medioevo, o dopo. L’unico risultato scientifico che supporta la tesi del falso medievale è l’esame al C14. Se questo cade, come secondo me è caduto, tutta la discussione si riapre. E’ necessaria certamente una nuova stagione di ricerche scientifiche.
Da questa indagine che idea si è fatta dell’Uomo della Sindone?
Tosatti: L’idea che mi sono fatta (e ho preso in considerazione solo i dati scientifici “duri”, cioè supportati da esami rivisti da “pari” esperti) è che quel telo abbia ospitato il corpo reale di un uomo flagellato durissimamente, e morto in croce. Il sangue è sangue, e l’immagine non è dipinta, e non è neppure ottenuta dal contatto con una superficie molto calda (strinatura), perché non c’è fluorescenza.
Perchè quel telo affascina ancora così tante persone?
Tosatti: Perché è un oggetto incredibilmente suggestivo, enigmatico e maestoso. E non sto parlando di fede o di cattolici; fra i più appassionati ricercatori della Sindone ci sono ebrei come Avinoam Danin, e protestanti come William Meacham, per non citarne che due. Senza tener conto di agnostici come Delage, e altri professori e ricercatori americani. Un qualche cosa di assolutamente unico al mondo.
Quali sono gli argomenti per cui lei crede che quell’uomo fosse il Gesù di cui si parla nei Vangeli?
Tosatti: Perché quello che ci racconta il telo calza come un guanto sui racconti della Passione. Le ferite, la flagellazione, il colpo di lancia (invece del crurifragium lo spezzare le gambe per far morire di asfissia i crocifissi ebrei prima del sabato) addirittura le scorticature sulle ginocchia…Vero o falso, quel telo rappresenta Gesù.
Se l’uomo della Sindone è Gesù, allora dobbiamo pensare che quel telo è un reperto per stupire gli scettici e per spingere gli uomini ad avere più fede? Oppure no?
Tosatti: Mi sono posto questa domanda. Io credo che chi è credente non abbia bisogno della Sindone. Ma certamente chi è credente, sapendo che non è un artefatto, la vede con occhi diversi. Mi è anche venuto in mente un pensiero, che spero non venga giudicato irriverente. Il buon Dio si è “divertito”, se come penso è autentica, lasciandoci un oggetto così “esagerato” nella sua tremenda veridicità. Tremenda perché racconta di una violenza e di una crudeltà enormi.
E’ vero che nel telo ci sono tracce ematiche, cioè il sangue di Cristo?
Tosatti: Nel libro riporto il racconto di come alcuni studiosi americani – uno dei quali, Adler, ebreo – hanno certificato che quello sulla Sindone è sangue. Ma altri, fra cui Baima Bollone, lo hanno confermato. Se non ricordo male sono stati compiuti almeno dodici esami diversi per verificare se si trattava realmente di sangue. E la risposta è positiva.
Ci dia almeno un motivo per convincerci a leggere il suo libro?
Tosatti: Le do un motivo totalmente laico. Quella della Sindone, e dei misteri ad essa collegati, antichi e attuali, comprese non poche cose legate all’esame del C14, è una delle storie più intriganti e affascinanti che mi è capitato di scrivere. In 28 anni da vaticanista me ne sono sempre occupato poco; lavoravo per La Stampa, e di conseguenza il telo era “coperto” da colleghi della città in cui la Sindone è conservata. Sono grato a Piemme per avermi chiesto di scrivere quest’inchiesta, che mi ha obbligatoriamente condotto in un mondo meravigliosamente coinvolgente. E ho cercato di renderne se non altro qualche riflesso.