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Aiuto alla Chiesa che Soffre: “Non ricordiamoci dei cristiani solo dopo gli attentati”

Il presidente Mantovano e il direttore Monteduro esprimono apprezzamento per la decisione del Parlamento Europeo di definire come “genocidio” l’azione dell’Isis ma chiedono anche provvedimenti concreti

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Lahore, 27 marzo, attacco ai cristiani mentre festeggiavano la Pasqua in un parco. Aden, Yemen, 4 marzo. Quattro Missionarie della carità, la congregazione fondata da Madre Teresa di Calcutta, vengono trucidate da islamisti. In questo mese di marzo, in cui la comunità cristiana è stata nuovamente messa sotto attacco, Aiuto alla Chiesa che Soffre ribadisce con forza la necessità di porre fine ad una tragica tendenza che la Fondazione pontificia – autrice dal 1999 del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo – continua a registrare di anno in anno.
“I cristiani sono il gruppo maggiormente perseguitato oggi nel mondo – affermano Alfredo Mantovano e Alessandro Monteduro, rispettivamente presidente e direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia – e spesso, in Paesi come il Pakistan, divengono il capro espiatorio dell’odio antioccidentale degli estremisti». Non è raro infatti che le locali comunità cristiane – in Pakistan ma anche in Stati mediorientali quali l’Iraq e la Siria – vengano erroneamente identificate con l’Occidente. «E dunque ogni qualvolta che in Europa o negli Stati Uniti avvengono episodi ritenuti offensivi dalla comunità islamica, come ad esempio le vignette su Maometto o il film Innocence of Muslims, i cristiani in loco divengono obiettivi dei fondamentalisti”.
Allargando lo sguardo all’intero panorama mondiale, l’ultimo studio di ACS sulla persecuzione anticristiana, dal significativo titolo Perseguitati e Dimenticati, rileva come il numero dei paesi in cui i cristiani soffrono sia molto alto e come in molti casi la situazione stia peggiorando. In 17 dei 22 paesi analizzati la condizione dei cristiani si è infatti aggravata nel periodo preso in esame, ovvero tra l’ottobre 2013 e il giugno 2015.  Aumentato anche il numero di nazioni classificate come di “estrema” persecuzione, che rispetto alla precedente edizione del rapporto, datata 2013, sono salite da 6 a 10, a seguito dell’aggiunta di Iraq, Nigeria, Sudan e Siria.  È da notare come le “nuove entrate” siano tutte segnate dall’ascesa dell’estremismo islamico, che si conferma come una delle principali minacce alla comunità cristiana. Dieci dei 17 paesi in cui si sono registrati peggioramenti sono stati colpiti dalle violenze dei fondamentalisti. Le violenze spingono sempre più cristiani ad emigrare, mettendo a rischio l’esistenza stessa di alcune comunità. In Iraq ad esempio, la popolazione è diminuita da un milione a meno di 300mila dal 2002 ad oggi, con una impressionante media di 60/100mila partenze ogni anno. Se la tendenza continuasse, la comunità cristiana non esisterebbe in soli 5 anni.
“Apprezziamo il maggiore interesse dei media riguardo alla persecuzione anticristiana – continuano Mantovano e Monteduro – dimostrata anche in occasione dell’ultimo tragico attacco a Lahore. Ed esprimiamo soddisfazione per le ultime affermazioni del Parlamento europeo e del Segretario di Stato americano, che hanno definito genocidio quello compiuto dallo Stato Islamico ai danni delle minoranze in Iraq e Siria. I cristiani perseguitati hanno però bisogno che dalle parole si passi a provvedimenti concreti e che l’attenzione del mondo su di loro sia continua e constante. E non soltanto legata a drammatici attentati”.

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ZENIT Staff

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