Foto: Aiuto alla Chiesa che Soffre

Cristiani perseguitati: ogni giorno tre nuovi martiri

Pubblicata l’indagine della Ong Open Doors: 215milioni di cristiani perseguitati, 1.207 uccisi in un anno. Estremismo islamico e nazionalismi le principali cause

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Cristiani nel mirino. La persecuzione nei confronti dei seguaci del Nazareno si aggrava ogni anno. Come documentato dal Rapporto annuale dell’organizzazione internazionale Open Doors, circa 215 milioni di persone nel mondo vengono perseguitate o discriminate in quanto cristiane. Solo nel 2016, questo odium fidei ha causato 1.207 morti ammazzati, nonché l’aggressione nei confronti di 1.329 chiese.
Presente in oltre venti Paesi, Open Doors è una Ong fondata nel 1955 da Anne van der Bijl, missionario cristiano evangelico olandese, padre di cinque figli, che decise di dar avvio a questo progetto dopo aver visitato la Polonia comunista. Open Doors si prefigge l’obiettivo di soccorrere, incoraggiare i cristiani che vivono in clandestinità o che sono vessati.
Ogni anno pubblica la World Watch List, un documento sulla condizione dei cristiani in vari Paesi del mondo. Una sorta di “black list”. Vengono considerati 50 Stati, la cui popolazione totale si aggira attorno ai 4,83 miliardi. Si evince che di questi, sono 650 milioni i cristiani e il 30% è vittima di una persecuzione valutata “da alta a estrema”. Il periodo di riferimento dell’indagine va dal 1° novembre 2015 al 31 ottobre 2016.
A guidare la classifica del Paese più intollerante verso i cristiani è anche quest’anno, per il 15esimo consecutivo, la Corea del Nord. Nel Paese in cui vige la dittatura del leader supremo Kim Jong-un, la Chiesa è clandestina e “possedere una Bibbia, adorare Dio mette a rischio la vita propria e dei familiari”. Il regime offusca le feste cristiane imponendo culti nazionalistici e interna migliaia di persone che hanno la sola colpa di essere seguaci di Gesù Cristo.
Dietro la comunista Corea del Nord, nell’ordine, Somalia, Afghanistan, Pakistan, Sudan, Siria, Iraq, Yemen ed Eritrea. Da notare come Siria e Iraq abbiano perso posizioni rispetto al dossier del 2016, in quanto l’avanzata dello Stato Islamico è corrisposta a una progressiva fuga di cristiani dalla propria terra. Sale dal settimo al secondo posto la Somalia, laddove “ogni convertito dall’islam al cristianesimo, quando scoperto, affronta la morte”. La grave condizione dei cristiani nel Paese del Corno d’Africa è stata testimoniata da un’inchiesta sul posto pubblicata da ZENIT.
Spostandosi di nuovo in Asia, si nota il balzo in avanti di due posizioni del Pakistan (passato dalla sesta alla quarta posizione), nelle cui carceri sono attualmente detenute 17 persone condannate a morte con l’accusa di blasfemia. Tra queste, la madre cristiana Asia Bibi, che ha passato nelle scorse settimane il suo settimo Natale dietro le sbarre.
Desta preoccupazione la realtà dell’India. In quattro anni il Paese del Brics (le cinque economie emergenti, di cui fanno parte anche Brasile, Russia, Cina e Sudafrica), è passato dalla 31esima alla 15esima posizione in questa poco lusinghiera classifica. L’India negli ultimi anni ha conosciuto una recrudescenza nazionalistica dalla forte connotazione indù, coincisa con l’elezione di Narendra Modi, leader del Bharatiya Janata Party, a primo ministro. Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), denunciava quasi un anno fa l’ondata persecutoria contro i cristiani in India: “Le forze di estrema destra – spiegava ad AsiaNews – stanno montando una sorta di follia settaria contro la minoranza cristiana vulnerabile, solo sulla base di accuse fabbricate di conversioni forzate”.
Si stima che in India, dove i cristiani sono il 2%, ogni settimana venga bruciata una chiesa e circa 15 persone siano vittime di violenza per motivi di discriminazione religiosa. Della stessa area geografica, da rilevare l’ingresso nella “black list” dello Sri Lanka (45esimo posto). Gli autori dell’inchiesta non esitano a dichiarare che “l’Asia si infiamma”. Oltre che in India e Sri Lanka, peggiorano le condizioni dei cristiani in Bangladesh, Laos, Bhutan e Vietnam.
Ma i luoghi peggiori in cui vivere, per un cristiano, si trovano in Medio Oriente, Nord Africa e Africa Sub-sahariana. Secondo Open Doors, “l’oppressione islamica, con la violenta sfaccettatura dell’estremismo, rimane la fonte di persecuzione anticristiana dominante”.
Persecuzione che ha registrato in generale un lieve calo rispetto all’ultimo report. Le ragioni sono tre. Anzitutto, spiegano dalla Ong, “è sempre più difficile ottenere dati completi in situazioni di conflitto civile”. In secondo luogo, Boko Haram, tra le più feroci organizzazioni terroristiche che prendono di mira cristiani, a fronte di una reazione militare del Governo nigeriano, “ha limitato le devastanti azioni di sterminio contro villaggi cristiani avvenute con più frequenza nel 2015”. Motivi simili – afferma Open Doors in terza istanza – dietro la riduzione di cristiani uccisi in Medio Oriente: l’avanzata dell’Isis è stata infatti notevolmente arginata.
Insieme a una diminuzione del numero di martiri, tuttavia, “crescono l’oppressione, gli abusi, le discriminazioni e l’emarginazione dei cristiani”.

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Federico Cenci

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