Cardinale Maradiaga: La speranza ci insegna a non dimenticare la meta

Il presidente della Caritas commenta la nuova enciclica di Benedetto XVI

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Di Nieves San Martín

MADRID, venerdì, 7 dicembre 2007 (ZENIT.org).- “Mi sembra sia un regalo prezioso, soprattutto ora che inizia l’Avvento. Perché la speranza è la virtù cristiana che ci insegna che non dobbiamo dimenticare la meta”, ha affermato il Cardinale dell’Honduras, Óscar Rodríguez Maradiaga, Presidente della Caritas Internationalis, in un’intervista concessa a ZENIT, sulla nuova enciclica di Benedetto XVI.

Rodríguez Maradiaga è venuto a Madrid per pronunciare l’intervento di chiusura del simposio internazionale di dottrina sociale della Chiesa, nel 40° anniversario dell’enciclica “Populorum Progressio”, convocato dalla Commissione per la pastorale sociale, della Conferenza episcopale spagnola. Il giorno precedente si era chiuso, a Madrid, il 60° anniversario della istituzione della Caritas in Spagna.

Il Cardinale dell’Honduras e Arcivescovo di Tegucigalpa, è intervenuto al simposio con un discorso pieno di contenuti e proposte sul tema “L’educazione per uno sviluppo integrale: meccanismi e proposte”.

In questa intervista rilasciata a ZENIT, il Cardinale dà una valutazione sull’attuazione del Concilio Vaticano II e della “Populorum Progressio”, sulla formazione in materia di dottrina sociale nei seminari, e commenta la nuova enciclica di Benedetto XVI “Spe salvi”.

C’è chi dice che il Concilio Vaticano II è rimasto nel cassetto e chi ritiene che sarebbe necessario un Concilio Vaticano III…

Cardinale Rodríguez Maradiaga: Il problema principale è che il Concilio Vaticano II non è conosciuto e che questi avvenimenti così importanti nella vita della Chiesa sono un documento, ma sono anche uno spirito. E lo spirito è ciò che gli dà vita e che gradualmente deve muovere le persone. Mi spiego meglio. Quando furono pubblicati i documenti del Concilio Vaticano II, vi fu un grande fervore per studiarli o leggerli. Io ero studente di teologia e ricordo che divoravamo tutto ciò che si riferiva al Concilio. La generazione successiva aveva nel Concilio Vaticano un punto di riferimento, sì, ma col passare dei decenni sembrava che il Concilio si allontanasse sempre più, tanto che poi non è stato più letto o studiato.

Io continuo ad insegnare teologia morale nel mio seminario e la prima domanda che rivolgo agli studenti, nella prima ora di lezione, è se hanno letto tutto il Vaticano II. Sono molto pochi. Se questo avviene con gli studenti di teologia, si può immaginare con i laici.

Serve allora logicamente uno sforzo pedagogico – come dice il Vangelo – per tirare fuori dal baule cose antiche e cose nuove. E così iniziare un dialogo in questo difficile equilibrio che è il dialogo fra la tradizione e la novità, senza eccedere verso i due estremi, ma cercando quell’equilibrio arricchito dei due vettori. Credo che sia necessario passare di lì.

Un Concilio Vaticano III? Verrà, ma dopo che verrà applicato il secondo, e ancora manca molto.

Celebriamo i 40 anni della “Populorum Progressio” e i 20 della “Sollicitudo Rei Socialis”. Lo stesso avviene con queste encicliche: contengono grandi intuizioni che, se venissero messe in pratica, sarebbero molto esigenti. Non ritiene che la Chiesa si limiti un pò alle parole?

Cardinale Rodríguez Maradiaga: Forse sì, ma ricordiamoci che il limitarsi alle parole non è colpa dei Papi, che hanno scritto encicliche così preziose, ma è colpa nostra che non le teniamo sufficientemente a mente.

Adesso assistiamo ad un’accelerazione della storia tale che viviamo quasi solo alla mercé della novità. Allora corriamo il rischio di dimenticare o di lasciare in secondo piano l’importanza di queste encicliche. Questo è il compito dello studio sulla dottrina sociale della Chiesa e per questo motivo già da molto tempo – se non ricordo male, da più di vent’anni – la Congregazione per l’educazione cattolica ha emanato un’istruzione chiedendo che in tutti i seminari si studi la dottrina sociale della Chiesa.

Io che ho attraversato tutto il continente latinoamericano mi rendo conto che in molti seminari non viene studiata. In alcuni si studia, ma in modo molto superficiale. E se guardiamo alle scuole per i laici?

Grazie a Dio il Pontificio consiglio della giustizia e della pace, rispondendo ad una richiesta del Papa Giovanni Paolo II, che a sua volta rispondeva alla petizione del Sinodo per l’America, è riuscito ad attuare questo bel progetto del Compendio della dottrina sociale della Chiesa. Adesso tocca a noi diffonderlo e studiarlo. E, con lui, riuscire ad applicarlo.

E’ stato detto in questo simposio che proprio nella formazione potrebbe esserci il pericolo di insistere molto sull’aspetto pastorale e meno su quello profetico. Cosa ne pensa?

Cardinale Rodríguez Maradiaga: A me sembra che ogni volta che si rompe l’equilibrio c’è qualcosa che non va. E, di conseguenza, il Signore vuole che portiamo avanti non questo o quell’altro, ma questo insieme a quell’altro. In un equilibrio che è ciò che assicura di poter avanzare rispondendo alle sfide dei tempi.

Chi tende ad esagerare uno degli aspetti del triplice ministero del Signore Gesù corre il rischio di essere come a nessuno piace essere considerato: squilibrato.

E’ molto meglio camminare in questo equilibrio, che – come ho detto – non è sempre facile, ma che è ciò che in realtà consente di far progredire la storia.

Ci può dire una parola sull’enciclica “Spe salvi” di Benedetto XVI?

Cardinale Rodríguez Maradiaga: Mi sembra sia un regalo prezioso, soprattutto ora che inizia l’Avvento. Perché la speranza è la virtù cristiana che ci insegna che non dobbiamo dimenticare la meta.

Oggi mi hanno un pò rattristato i commenti di alcuni mezzi di comunicazione sociale. Perché veramente si vuole fare notizia con giudizi basati su posizioni preconcette di qualunque ideologia.

Ciò che è importante è abbeverarsi a quella fonte con sincerità e apertura per ricevere il messaggio. E chi si avvicina in questo modo, troverà veramente un tesoro.

Io ringrazio profondamente il Papa Benedetto XVI che ha questo dono così speciale di saperci dire cose profonde con un linguaggio pedagogico.

E poi il dialogo profondo che ha con il mondo della cultura. Lui riesce a dialogare in modo chiarissimo con chiunque perchè è un vero professore, un maestro.

Credo che da questo punto di vista la nostra Chiesa avrà, per il prossimo anno, che è l’anno di San Paolo, uno strumento prezioso con cui poter andare avanti. Vorrei inoltre lanciare un appello a tutti i battezzati, perché non si limitino a conoscere questo documento attraverso le notizie di un giornale, ma lo leggano e lo meditino e preghino con esso.

Questo elemento ancora manca nella vita spirituale. I documenti della Chiesa non sono solo per il cervello, sono anche per il cuore e sono per l’anima. La preghiera unita al magistero della Chiesa diventa una ricchezza enorme.

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ZENIT Staff

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