“Non lasciate Dio in panchina”

All’incontro di Retinopera monsignor Crepaldi ‘sveglia’ i cattolici

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di Antonio Gaspari

ASSISI, domenica, 28 settembre 2008 (ZENIT.org).- Intervenendo questa domenica al seminario nazionale di Retinopera, che si è svolto ad Assisi, monsignor Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha denunciato una certa “sonnolenza” dei cattolici in politica e ad ha invitato a “non lasciare Dio in panchina”.

L’incontro, iniziato il 26 settembre, aveva come tema il “Bene comune, povertà emergenti e ricchezze negate” e, secondo gli organizzatori, “intendeva riflettere sull’idea stessa di sviluppo, intesa come questione morale per migliorare le proprie condizioni sociali, economiche e culturali”.

Facendo riferimento all’appello che il Pontefice Benedetto XVI ha lanciato a Cagliari per “la nascita di una nuova generazione di cristiani impegnati nella società e nella politica”, il Segretario del Dicastero pontificio ha spiegato che la maggior parte dei giornalisti ha pensato di intervistare i laici cristiani attualmente sulla scena politica.

Tuttavia, si è trattato di una “strada interpretativa sbagliata”, ha sottolineato monsignor Crepaldi, perché il Pontefice intendeva rivolgersi “alle comunità cristiane dell’Italia, che, quanto alla preoccupazione di formare nuove generazioni di cristiani impegnati nella società e nella politica, mostrano una certa sonnolenza”.

L’Arcivescovo ha respinto “l’idea, magari inespressa, che la secolarizzazione sia un processo inarrestabile, una specie di ‘destino’ dell’Occidente, quando non dell’intero pianeta”.

Secondo monsignor Crepaldi, “la secolarizzazione, come estromissione di Dio dal mondo fino al punto in cui si sarà cessato di parlarne, non è il destino della modernità” ed è proprio questa “la principale sfida ingaggiata da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI che dovrebbe vederci tutti protagonisti convinti e non stanche comparse di un copione recitato da altri”.

Dopo aver ribadito che “la Dottrina sociale della Chiesa è strumento di evangelizzazione ed è educazione alla fede”, il presule ha precisato che “quando il pluralismo dell’impegno sociale e politico dei cattolici supera la soglia della legittimità”, “un’onda di ritorno colpisce le nostre comunità anche nell’unità della fede, nell’unità circa i fondamenti della cultura, nel senso di appartenenza ecclesiale, nella fedeltà ai pastori”.

A questo proposito monsignor Crepaldi ha rilevato che “quando si ritiene che Cristo sia solo utile ma non indispensabile perché l’uomo possa capire se stesso e trovare soluzioni veramente umane al proprio sviluppo, quella soglia è stata superata”, così come è “inaccettabile” sottostare a “certe forme di pluralismo senza verità”.

Riprendendo il discorso rivolto da Benedetto XVI ai giovani, raccolti alla St. Mary Church di Sydney per la Giornata mondiale della Gioventù, l’Arcivescovo ha ribadito che “Dio non può essere lasciato in panchina” e che la religione e la fede “non devono essere o escluse dalla vita pubblica o utilizzate solo per perseguire limitati scopi pragmatici”.

Monsignor Crepaldi ha sottolineato che “quando Dio viene eclissato, la nostra capacità di riconoscere l’ordine naturale, lo scopo e il ‘bene’ comincia a svanire”.

“L’ideologia secolarista non è neutra, ma impone una visione assoluta”, ha sostenuto, perché “presentare un mondo senza Dio non è sinonimo di scientificità, obiettività, serenità valutativa” e “chi fa la scelta di togliere i crocefissi” non è “neutro” ma “vuole uno spazio pubblico senza crocefissi”.

“Se Dio sparisce dalla pubblica piazza – ha continuato monsignor Crepaldi citando il Papa – la nostra capacità di riconoscere l’ordine naturale, lo scopo e il ‘bene’ comincia a svanire”.

Per evitare questi pericoli e rinnovare le comunità cristiane, il Segretario del Pontificio Consiglio ha indicato l’urgenza di una formazione di base, con scuole che adoperino “in modo organico il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, tanto citato ma poco letto, celebrato in tante occasioni – ‘occasionalmente’, verrebbe da dire -, ma poco adoperato”.

In merito all’impegno politico e sociale dei cattolici, monsignor Crepaldi ha rilevato che “talvolta essi si autocensurano preventivamente quando devono entrare ad operare nell’arena pubblica (…) ritenendo che lo spazio pubblico non può ammettere riferimenti a fedi religiose. Ma è proprio in questo modo che Dio sparisce dalla “pubblica piazza”. Silenziosamente. Per omissione”.

Per quanto riguarda le sfide immediate, l’Arcivescovo ha chiesto di superare gli atteggiamenti di “dismessa identità” lavorando per sostenere “l’obiezione di coscienza”.

A tal proposito ha citato l’esempio dei “Consultori familiari cattolici che nel Regno Unito lottano per il loro diritto a non prestarsi all’adozione alle coppie omosessuali permesse da quell’ordinamento”; o dei “medici e operatori sanitari che chiedono di poter obiettare anche nei confronti dei nuovi farmaci abortivi e non solo nei confronti dell’aborto, diciamo così, tradizionalmente inteso”; o ancora degli “ufficiali comunali che rifiutano di registrare le coppie omosessuali nei registri previsti dalle leggi che li riconoscono in vario modo e via”.

Per vincere le sfide future, non basteranno resistenze individuali, per questo monsignor Crepaldi si è detto d’accordo con il Cardinale Angelo Bagnasco sul fatto che la Chiesa italiana è una chiesa “di popolo”.

“Essere ‘di popolo’ – ha spiegato Crepaldi – non è solo un dato sociologico, è un dato teologico che attiene al rapporto della Chiesa con il mondo, (…) ed è proprio dallo sviluppo di questa dimensione che potrà nascere la nuova generazione richiesta da Benedetto XVI a Cagliari”.

“Dubito, però, che riusciremo, senza un utilizzo più consapevole e integrato della Dottrina sociale della Chiesa”, ha poi concluso.

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ZENIT Staff

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