San Paolo e gli Angeli

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di Antonio Gaspari

ROMA, domenica, 21 giugno 2009 (ZENIT.org).- Tra pochi giorni terminerà lo speciale Anno paolino indetto da Benedetto XVI, mentre da poco è iniziato l’Anno sacerdotale alla fine del quale il santo curato d’Ars sarà proclamato patrono universale di tutti i sacerdoti cattolici.  

L’Anno paolino è stato molto fruttuoso nella Chiesa. Numerosi testi sono stati pubblicati per approfondire la conoscenza dell’Apostolo delle Genti.  

Tra questi da segnalare il libro di don Marcello Stanzione “San Paolo il mistico degli Angeli” (Gribaudi, Milano) che mette a fuoco l’angelologia e la demonologia paolina.  

Il libro ha avuto un buon successo di vendite anche perché scritto in maniera chiara e semplice. 

Intervistato da ZENIT, Don Marcello Stanzione ha spiegato che “come per San Pietro, anche nella gigantesca missione di Paolo, Apostolo delle Genti non manca l’intervento di un Angelo. Dapprima però c’è da sottolineare che nelle sue lettere Paolo parla molto spesso, anche se marginalmente degli Angeli”. 

“Sicuramente Paolo aveva creduto nell’esistenza degli Angeli – sostiene il fondatore della Milizia di San Michele Arcangelo (www.miliziadisanmichelearcangelo.org) –  ancora prima della sua conversione, sia per la sua grande conoscenza delle Scritture, che studiò presso la Scuola di Gamaliele  sia per il fatto che apparteneva alla Setta dei Farisei, la quale, contrariamente a quella dei Sadducei – era pienamente convinta dell’esistenza degli Angeli”.

Paolo si vantava espressamente di questo dinanzi al Sinedrio, come viene spiegato esaurientemente nella notizia degli Atti degli Apostoli (23,6-9): “Paolo, fissato lo sguardo sul Sinedrio, disse: ‘Fratelli, fino a questo giorno io sono vissuto dinanzi a Dio in tutta buona coscienza’”.  

Paolo, sapendo che una parte del Sinedrio era composta di Sadducei e l’altra di Farisei, esclamò: “Fratelli, io sono Fariseo, figlio di Farisei, e sono chiamato in giudizio per la speranza nella risurrezione dei morti!”.  

I Sadducei infatti dicono non esserci risurrezione, né Angelo, né spirito, mentre i Farisei affermano ambedue le cose.  E si fece un gran vociare. Alcuni del partito dei Farisei si levarono su a protestare, gridando: “Noi non troviamo alcun male in quest’uomo; e se uno spirito o un angelo gli avesse parlato?”.  

Il tumulto cresceva; e il tribuno, temendo che Paolo fosse fatto da loro a pezzi, comandò ai soldati che scendessero a prenderlo.

La notte seguente, il Signore fu dinanzi a lui e gli disse: “Sii di buon animo; come m’hai reso testimonianza in Gerusalemme, così bisogna che tu me la renda anche in Roma”.

Egli lo fece senza alcuna paura, nella convinzione che egli aveva espresso  nella Lettera ai Romani (8,38 ) con le parole: “Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né Angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”. 

Prima però che Paolo giungesse a Roma, per portare la testimonianza di Cristo, e per patire la morte del martirio, durante il viaggio avventuroso in nave, egli assistette all’intervento di un Angelo del Signore.  

Quando infatti la nave su cui egli si trovava in prigionia si imbatté in una spaventosa tempesta scatenando la disperazione a bordo, la nave non fu preservata dal naufragio da parte di  un Angelo e Paolo  – come invece accadde per ben due volte a Pietro a Gerusalemme – non fu salvato dai suoi nemici; un Angelo però disse a San Paolo  “Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare ed ecco, Dio ti ha fatto grazia di tutti i tuoi compagni di navigazione” (Atti degli Apostoli 27,24). 

Nei giorni seguenti, durante i quali sia a San Paolo,  che all’equipaggio, che ai soldati di scorta non furono risparmiati i timori di un naufragio, né quelli di  un ammutinamento, fu soltanto la fede nella promessa dell’Angelo che fece superare a Paolo tutte le situazioni critiche e che gli fece mantenere una superiorità che piegò persino il Capitano delle Guardie Romane.  

Paolo disse ai compagni di prigionia, sulla nave sbattuta dalla tempesta : “non perdetevi di coraggio, uomini; ho fiducia in Dio che avverrà come mi è stato annunziato (da un Angelo)”. Poi vi fu il naufragio dinnanzi a Malta, la cui descrizione viene conclusa negli Atti degli Apostoli con la constatazione “e così tutti poterono mettersi in salvo a terra”. 

Alla domanda se l’Angelo che parlò con San Paolo era il suo Angelo Custode, don Marcello ha risposto: “Presumibilmente sì. Il modo in cui però Paolo non viene salvato prima del naufragio, bensì soltanto in seguito ad esso ricorda ciò che l’autore della Lettera agli Ebrei scrisse nello Spirito di San Paolo in merito al compito degli Angeli: ‘Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?’ (Ebrei 1,14). La salvezza dell’umanità quindi è compito degli Angeli Custodi”.  

“Gli Angeli – ha precisato don Marcello – stanno al fianco di coloro che sono stati loro affidati, non per proteggerli dalle aggressioni terrene, dalla povertà e dalla sofferenza, non per risparmiare loro il dolore o per offrire loro un braccio forte per l’ottenimento di un qualsiasi bene temporale, bensì per condurli a Dio ed alla salvezza sulla via che ha loro designato la Divina Volontà. Gli Angeli considerano la salvezza temporale di coloro che sono stati loro affidati dal punto di vista dell’ultimo, eterno fine dell’uomo”. 

Per quanto riguarda invece il riferimento agli Angeli nelle Lettere Apostoliche di San Paolo, il fondatore della Milizia di san Michele nonché autore di numerosi libri sugli Angeli, ha voluto  sottolineare che un ottimo conoscitore dei nostri tempi, di San Paolo e delle sue Lettere ha sostenuto in un excursus sul pensiero fondamentale delle principali Lettere di San Paolo, in modo forse sin troppo prudente: “rimane infine da indicare, che l’Apostolo è anche a conoscenza di un mondo tra Dio e l’uomo, egli parla di ‘Esseri Angelici’ – con nomi diversi – e non è sempre chiaro quale posizioni essi assumano nel dramma che si svolge tra Dio e l’uomo”.  

Egli rimane sicuramente un figlio del suo tempo e talvolta sembra che le rappresentazioni tramandate della fede ebraica, dell’Apocalisse, si mescolino con cognizioni che hanno un significato permanente.  

Paolo però è convinto dell’esistenza e dell’efficacia di Satana in questo Aion (Cor 4,4) (non soltanto dell’esistenza dei Santi Angeli);  così come a Roma, per Paolo varrà in generale l’affermazione: “Il Dio della pace stritolerà ben presto Satana sotto i vostri piedi” (Romani 16,20). 

Paolo indica gli Angeli, soprattutto laddove viene a parlare di Cristo Signore. Nella Lettera ai Colossesi (1,16) egli sottolinea: “poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui”.  

Qui l’Apostolo delle Genti indica che tutte le potenze dello spirito, sia che siano diventate Angeliche o demoniache, in quanto potenze create dal Cristo preesistente, sono soggette alla potestà di Cristo, che le ha chiamate all’esistenza. 

Se le potenze Angeliche sono sottomesse alla sovranità di Cristo, è quindi anche chiaro che il loro potere – che già è grande – non è sufficiente a separare da Cristo coloro che sono radicati nell’amore di Cristo e che fanno parte di Lui: “Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né Angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separar
ci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”. 

“Il Signore Gesù Cristo risorto ed assunto in cielo al di sopra di ogni principato e autorità di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome (i Cori degli Angeli) che si possa nominare non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro”. Qui Paolo menziona i singoli Cori degli Angeli, sopra i quali regna Cristo, allo stesso modo lo fa nella Lettera agli Efesini 3,1 ed ai Colossesi 1,16.  

Paolo indica lo stretto legame degli Angeli con Cristo anche indicando che una volta essi verranno insieme a Cristo alla Parusia “quando si manifesterà il Signore Gesù dal cielo con gli Angeli della sua potenza in fuoco ardente, a far vendetta di quanti non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù. Costoro saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza, quando egli verrà per esser glorificato nei suoi santi ed esser riconosciuto mirabile in tutti quelli che avranno creduto, perché è stata creduta la nostra testimonianza in mezzo a voi. Questo accadrà, in quel giorno….” (2 Tess.1,7). 

Ma gli Angeli non verranno soltanto alla Parusia del Signore, essi sono presenti in mezzo a noi, soprattutto durante la Messa. San Paolo ha indicato la venerazione alla presenza dei Santi Angeli con il precetto sicuramente legato al tempo, che le donne portino un velo sul capo “Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli Angeli” (1 Cor. 11,10).

Sicuramente qui si cela la convinzione dell’Apostolo secondo la quale la donna deve apparire decorosa in onore degli Angeli, che durante l’Assemblea Religiosa sono invisibilmente presenti e vicini ad ogni uomo. 

Don Marcello ricorda che c’è un inno non cristiano, nel quale vengono menzionati gli Angeli, e che oggigiorno viene utilizzato nuovamente nell’ora canonica della Chiesa, poiché esso era conosciuto sicuramente non soltanto a Timoteo, allievo di Paolo, bensì senza dubbio anche a Paolo stesso:  “Egli (Cristo) si manifestò nella carne fu giustificato nello Spirito, apparve agli Angeli, fu annunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria.” (1 Tim 3,16) .  

Ogni Ministro della Chiesa viene invitato da ultimo anche indicando i Santi Angeli al fedele e consapevole adempimento ai suoi doveri: “Ti scongiuro davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli Angeli eletti, di osservare queste norme con imparzialità e di non far mai nulla per favoritismo!” (1 Tim 5,21) .

Secondo don Marcello, l’autore della Lettera agli Ebrei sottolinea con grande forza ciò che Paolo aveva affermato in merito alla superiorità di Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo: “A quale degli Angeli poi ha mai detto: ‘Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi?’. Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ‘ministero’, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?” (Ebr. 1,13-14). 

Poiché noi già sulla terra siamo stati resi degni della Comunità della Chiesa Celeste, alla quale appartengono anche i Santi Angeli dobbiamo seguire con rispetto la strada che Dio ci indica. Così ci esorta l’autore della Lettera agli Ebrei (12,22) pienamente nello Spirito di San Paolo: “Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di Angeli, all’adunanza festosa  e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli…..Guardatevi perciò di non rifiutare” (Ebr 12,22).  

In conclusione don Marcello afferma che “ci dobbiamo mantenere nell’amore fraterno ed essere ospitali l’uno verso l’altro perché: ‘Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli Angeli senza saperlo’ (Ebrei 13,2)”.

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ZENIT Staff

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