di Antonio Gaspari
ROMA, domenica, 28 giugno 2009 (ZENIT.org).- Nel concludere a Bologna l’Anno Paolino, il Cardinale Carlo Caffarra ha spiegato il significato della storia dei santi Pietro e Paolo e incoraggiato a pregare per i sacerdoti.
Questa domenica, nella Cattedrale di S. Pietro a Bologna, il Cardinale Caffarra ha ricordato la storia di San Paolo, che era vissuto nelle tenebre fin quando non conobbe la conversione e divenne “l’apostolo delle genti” nell’opera di conversione dei pagani.
Da Bologna, il porporato ha precisato che prima dell’incontro con Gesù, Paolo non viveva da dissoluto. Al contrario, superava “nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito come era nel sostenere le tradizioni dei padri”.
L’apostolo capì che la sua vita non era più sotto una legge sia pure religiosa, ma che la sua vita era semplicemente il rapporto con Gesù. Al punto tale che potrà scrivere ai cristiani della Galazia: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” [2,20].
Diversa la condizione di Pietro che veniva da una esperienza terribile, perchè aveva tradito il Signore.
Secondo il porporato, “egli poteva pensare che tutto il progetto di Gesù su di lui era stato abbandonato: non meritava più fiducia”.
Ma cosa chiede il Signore a Pietro? “Semplicemente se lo ama. Viene cioè interrogato sulla qualità del suo rapporto personale con Cristo. Non viene chiesto altro, perché questo è semplicemente tutto. Anzi più profondamente: Pietro ritrova pienamente se stesso nella certezza che Gesù sa, conosce il suo amore”.
Ed il dolore che l’apostolo vive per un momento è perché ritiene che forse Gesù dubita del suo amore. Forse Pietro si ricordò in quel momento delle promesse che aveva fatto prima della passione, promesse clamorosamente smentite dal tradimento. Forse, egli pensa “Gesù non si fida più delle mie parole”. Ma l’apostolo supera questo scoramento: “Signore, tu sai tutto …”.
Per il Cardinale Caffarra, alla luce di questa pagine si può comprendere “il ministero conferito a Pietro e nella sua persona ad ogni suo successore, fino a Benedetto XVI”.
“È un servizio che nasce dall’amore per Cristo – ha sottolineato –, e quindi è un servizio di amore. Pietro ed ogni suo successore avrà solo la libertà dell’amore: andare solo là dove Cristo lo porta, fino a morire come è morto Cristo”.
L’Arcivescovo di Bologna ha concluso invitando alla riflessione sui due grandi apostoli per capire e vivere meglio la vita cristiana.
In primo luogo, ha incoraggiato “a non dimenticare mai che la vita cristiana non è prima di tutto un comportamento, un modo di agire; non è prima di tutto una dottrina. È la vita vissuta con Gesù: è la sua Persona che sta al centro”.
A proposito dell’Anno sacerdotale, ha invece rivolto infine un appello ai fedeli: “Pregate, cari fedeli, perché l’intercessione e l’esempio dei santi apostoli ci rendano pastori delle vostre anime secondo il cuore di Cristo”.