La Santa Sede chiede di eliminare i pregiudizi sull'Africa

L’Arcivescovo Celestino Migliore interviene all’ONU

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di Roberta Sciamplicotti

ROMA, mercoledì, 21 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Certi pregiudizi sull’Africa “devono essere eliminati una volta per tutte”, ha dichiarato l’Arcivescovo Celestino Migliore, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite.

Il presule è intervenuto questo mercoledì a New York alla 64ª sessione dell’Assemblea Generale dell’organismo sull’item 63, “Nuova partnership economica per lo sviluppo dell’Africa: progresso nell’implementazione e sostegno internazionale”.

“Quando si parla di Africa, a livello sia giornalistico che accademico o politico, si parla spesso di estrema povertà, colpi di Stato, corruzione e conflitti regionali”, ha riconosciuto, sottolineando che anche quando si parla positivamente del continente “è sempre del suo futuro, come se attualmente non avesse niente da offrire”.

La realtà, ha aggiunto monsignor Migliore, è che l’Africa, “anche nei suoi momenti più difficili”, ha saputo “fornire alla comunità internazionale esempi e valori degni di ammirazione, e oggi può offrire anche segni di realizzazione di molte delle sue speranze”.

Segni di successo

A questo proposito, il presule ha citato i vari casi in cui il continente ha dimostrato “la sua grande capacità di gestire i processi di transizione all’indipendenza o di ricostruzione dopo situazioni di conflitto”.

Allo stesso modo, ha invitato a considerare “la presenza di tanti validi funzionari alle Nazioni Unite e nelle agenzie ONU attraverso i quali l’Africa mostra al mondo la capacità e i talenti della sua popolazione nella gestione del settore multilaterale”, così come “il crescente contributo dei figli e delle figlie d’Africa alla vita scientifica, accademia e intellettuale dei Paesi sviluppati”.

Alcuni Paesi africani hanno inoltre compiuto grandi progressi nel settore agricolo, ottenendo risultati “fino a questo momento ritenuti impossibili”.

Ancor più importante, ha aggiunto, è il fatto che molti Stati siano riusciti a compiere “passi di rilievo nel settore dell’istruzione elementare e del miglioramento della situazione femminile”.

Obiettivi per il futuro

L’Osservatore Permanente ha tuttavia riconosciuto che malgrado questi successi la maggior parte della popolazione del continente vive in condizioni di “estrema povertà” e che l’obiettivo del dimezzamento dell’indigenza entro il 2015 è “al di là della portata della maggioranza dei Paesi africani”.

Per questo, ha sottolineato, l’Africa ha bisogno di “una solidarietà fattiva” “per sradicare l’inaccettabile flagello della povertà e rendere disponibile agli altri Paesi il vero potenziale africano”.

Accanto a questo, serve “un forte rafforzamento del suo sostegno economico di base, consistente nell’assistenza allo sviluppo e nelle sovvenzioni ufficiali”, mentre dal punto di vista finanziario sono necessari programmi di finanziamento a lungo termine per “superare il debito estero dei Paesi poveri altamente indebitati, consolidare i sistemi economici e costituzionali e creare una rete di sicurezza sociale”, senza dimenticare che le condizioni commerciali internazionali devono “conformarsi ai bisogni e alle sfide economiche”.

Il sostegno all’agricoltura

Ricordando che nel contesto della crisi attuale i Paesi sviluppati “non dovrebbero ridurre gli aiuti allo sviluppo”, ma anzi “aumentare i loro investimenti”, il presule ha sottolineato che l’Africa ha anche bisogno di sostegno per i suoi programmi agricoli.

Nel far fronte al dramma dell’insicurezza alimentare, infatti, bisognerebbe tenere nella dovuta considerazione “i sistemi strutturali”, come facilitazioni alle esportazioni che permettano agli agricoltori africani di sopravvivere.

Il lungo declino degli investimenti nel settore agricolo in Africa, ha aggiunto, deve essere invertito, favorendo “un rinnovato impegno ad assistere gli agricoltori per favorire una produzione alimentare sostenibile”.

“Il fallimento nell’aiutare gli africani a nutrire se stessi e i loro vicini provocherà solo una continua e inutile perdita di vite umane per una sicurezza alimentare inadeguata e crescenti conflitti sulle risorse naturali”.

Diversificazione economica e integrazione politica

Per aiutare il continente africano a migliorare la propria situazione, l’Arcivescovo ha anche proposto un sostegno alla diversificazione dell’economia.

A tale riguardo, ha ricordato la recente istituzionalizzazione del G20 come “un forte punto di riferimento per gestire l’economia mondiale”.

Se il coinvolgimento dei Paesi emergenti o in via di sviluppo “permette ora di gestire meglio la crisi”, ha rilevato, si nota anche che “le economie emergenti che avranno un’influenza sulla politica e sull’economia mondiale sono quelle che sono riuscite, in maniera maggiore o minore, a diversificare le proprie strutture industriali e agricole”.

Monsignor Migliore ha quindi terminato il suo intervento sottolineando l’importanza delle iniziative regionali e subregionali di cooperazione economica, commerciale e culturale, di gestione dei conflitti, di peace-keeping e di ricostruzione, che dovrebbero essere “promosse e rafforzate”.

“L’economia integrata del momento attuale non rende superfluo il ruolo degli Stati. Impegna anzi i Governi a una maggiore collaborazione reciproca”, ha concluso. “L’articolazione dell’autorità politica a livello locale, nazionale e internazionale è uno dei modi migliori per dare una direzione al processo di globalizzazione economica”.

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ZENIT Staff

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