Il regista Paolo Virzì: la vita vale fino all’ultimo istante

Parla del suo ultimo film “La prima cosa bella”

Share this Entry

di Silvia Gattas
 

ROMA, giovedì, 11 marzo 2010 (ZENIT.org).- È il primo film italiano a trattare un tema così delicato che racconta come vengono alleviate le sofferenze dei malati terminali e l’assistenza nell’hospice, in un periodo in cui la Camera ha approvato la legge che regolamenta l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore.

Si intitola ‘La prima cosa bella’ del regista toscano Paolo Virzì che, dice, ha “preso spunto dall’esempio dell’istituto di cure palliative di Livorno” per ispirarsi alla storia.

Un film commovente che tratta argomenti delicati, dove emozioni e sentimenti si intrecciano con il dolore, la sofferenza, la morte, ma anche con la vita, l’amore, la gioia della sorpresa di ogni piccola cosa.

“La bellezza di ogni istante della vita – ha raccontato Virzì, che il 4 marzo a Roma ha partecipato a un dibattito sul tema organizzato dall’associazione Antea – è affrontare con la gioia sul volto anche il dolore e il momento ultimo della vita, cioè la morte. E ancora il sapersi emozionare per un ballo, per uno zucchero filato, per una passeggiata tra i negozi”.

Sul perché di questo film sul fine vita, il regista toscano ha rivelato ai presenti: “Una delle cose che mi aveva colpito era stata l’esperienza della Onlus sulle cure palliative di Livorno. Avevo sentito storie, esperienze di pazienti in fase avanzata di malattia che sapevano ancora gioire per la vita”.

“C’era stato anche il caso di un matrimonio nell’hospice a cui mi sono ispirato – ha continuato –. Mi aveva colpito la dolcezza e la gioia, anche se nella fase della morte, di quel momento così importante come il matrimonio, da vivere ugualmente”.

“Così come la nascita è un fatto di dolore, anche la morte lo è – ha osservato –. Ma affrontarla con la gioia è una cosa bella e questo film vuole mettere al centro la persona, e l’attenzione che occorre darle. L’idea della madre Anna (interpretata da Stefania Sandrelli, ndr), con quella gioia di vivere, di sbagliare, di amare, fino all’estremo cioè di vivere anche la morte con gioia, mi sembrava un caso affascinante”.

“Bisogna guardare senza paura al dolore, anche quello è un pezzetto di vita – ha commentato poi –. Noi invece spesso abbiamo paura dell’ombra della vita. Ma la vita va vissuta fino al suo ultimo istante”.

Dal canto suo, parlando della sua esperienza legata a questo film, l’attore Valerio Mastandrea ha affermato: “Il nostro lavoro è un paradosso vivente. Devi far finta, devi recitare, ma credendoci fino in fondo. Ti devi immedesimare al massimo. Ho imparato anche il livornese…In tutto il periodo che abbiamo girato, non ho mai pensato alla scena finale, alla morte. Ho più pensato a cosa ti insegna la morte”.

Mentre Giuseppe Casale, coordinatore scientifico e sanitario di Antea, ha aggiunto: “Il principio che sta prima di ogni cosa e che ben traspare dal film, è che la persona viene prima di tutto. Anche noi, tantissime volte, vediamo la sofferenza comune, il dolore, la morte. Ma ho visto anche quanta vita c’è fino all’ultimo secondo. E questo anche grazie alle cure palliative”.

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione