di Carmen Elena Villa
ROMA, mercoledì, 28 aprile 2010 (ZENIT.org).- Di fronte all’ondata di notizie diffuse dai media sui casi di pedofilia da parte di alcuni sacerdoti cattolici, l’antropologa Marta Barancatisano ha affermato che la cosa più importante è guardare alla radice del problema, al dolore delle vittime e alle possibili soluzioni.
La prof.ssa Brancatisano è intervenuta il 27 aprile al convegno dal titolo “Comunicazione della Chiesa: identità e dialogo”, tenutosi presso la Pontificia Università della Santa Croce, denunciando l’esistenza in Italia di circa una quindicina di reti di pedofili. Per questa ragione ha sottolineato l’urgenza di “rivolgere l’attenzione alla sessualità con una comprensione antropologica”.
Marta Brancatisano si è laureata con lode in Giurisprudenza all’Università “La Sapienza” di Roma nel 1968. Sposata e madre di sette figli, si occupa da sempre di pedagogia e sostegno della donna nell’ambito professionale e familiare. Al tema ha anche dedicato diversi libri. ZENIT l’ha intervistata.
Nella sua conferenza ha fatto riferimento agli ultimi scandali di pedofilia come a una “situazione orribile che mai avremmo voluto ascoltare”, tuttavia afferma anche che tutto questo potrà sicuramente produrre un risultato positivo. Quale potrebbe essere?
Brancatisano: C’è un aspetto positivo in questa tragedia che ha colpito la Chiesa, e cioè il fatto che ha messo in evidenza, violentemente, l’esistenza del problema e che il problema è globale. Ci sono due obiettivi in questa vicenda di scandalo e di comunicazione: vogliamo salvare la credibilità della Chiesa cattolica o vogliamo salvare i bambini? Personalmente non vedo i due obiettivi come contrapposti. Ma mentre il primo obiettivo è molto parziale, il secondo, e lo dico con molta forza, non può essere parziale. Deve essere l’obiettivo di tutto il mondo, di tutte le istituzioni e di tutti gli Stati.
Qual è, secondo lei, la radice del problema della pedofilia?
Brancatisano: Penso che a livello di male individuale, di debolezza e di perversione, la pedofilia sia sempre esistita e non mi riferisco alla esperienza culturale del mondo greco ma al comportamento deviato che si può rintracciare in tutta la storia della umanità. E’ questa la differenza rispetto ad oggi: che una volta era un comportamento comunemente vantato come distruttivo mentre oggi ci sono spinte culturali perché possa essere considerato come espressione libera dell’essere e questo fa parte – la pedofilia è l’ultimo anello – di una concezione della sessualità come espressione e non come modo per entrare in una relazione alla pari con l’altro che è la caratteristica della nostra cultura.
Nella sua conferenza lei ha presentato anche altri fenomeni che dimostrano come la cultura della morte colpisca fortemente i bambini.
Brancatisano: Abbiamo per esempio i bambini soldato che sono ormai delle realtà conosciute. Abbiamo bambini uccisi per essere usati come donatori di organi. Abbiamo bambini che vengono assemblati ponendo insiemi i vari caratteri strutturali dal punto di vista biologico: seme dell’uomo, utero, per delle donne che si illudono di vivere la maternità in modo consumistico. Peggio di queste cose non può succedere niente nel mondo e credo che sia una ultima chiamata alla quale vale la pena rispondere tutti al di là di qualunque particolarità religiosa e ideologica.
Un qualcosa che lascia profonde ferite nei bambini…
Brancatisano: Come madre di famiglia posso dire che anche una famiglia di genitori sani provoca delle sofferenze nei figli. Si immagini cosa può succedere con queste violenze. L’essere umano è fatto degli stessi pezzi: corpo, anima, psiche, sentimento, istinto. Però in mezzo a tutto questo c’è la libertà per cui noi non siamo predeterminabili. In questo senso penso che la chiamata di Benedetto XVI ad entrare dentro di sé e a chiedere perdono per pregare sia veramente una struttura importante della soluzione di questo problema.
In mezzo a tutte queste notizie sugli abusi, come è possibile distogliere per un attimo l’attenzione dagli scandali per orientarla verso il benessere dei bambini?
Brancatisano: E’ la mia proposta! La comunicazione è sempre comunicazione emotiva. Il senso di orrore legato allo scandalo provoca sempre una emozione di paura. L’invito è a tutti, compresi i media: dobbiamo provocare una emozione di speranza, se vogliamo rispettare le vittime. Non solo punendo i colpevoli ma anche donando alle vittime la speranza che ciò che hanno sofferto non accadrà più perché sono state applicate delle soluzioni razionali. Il resto mi sembra che sia solo un far girare a vuoto le emozioni.