KATHMANDU, giovedì, 13 maggio 2010 (ZENIT.org).- La Chiesa in Nepal ha dovuto resistere alle pressioni dei maoisti durante la loro dimostrazione di forza contro il Governo mediante uno sciopero generale durato sei giorni.
Mentre il Nepal era paralizzato dallo sciopero, terminato venerdì scorso anche se le proteste continueranno, un gruppo in difesa delle libertà religiose, il Christian Solidarity Worldwide (CSW), ha rivolto un appello ai vari protagonisti a riprendere i negoziati affinché la nuova Costituzione possa essere promulgata come previsto il 28 maggio.
“Tutti i processi [di pace] sono in pericolo per gli avvenimenti recenti – ha spiegato a Ucanews il 4 maggio David Griffiths, responsabile del CSW per il Sud-Est asiatico –, e speriamo che [le varie parti] tornino al tavolo dei negoziati e propongano una Costituzione laica e la difesa delle libertà religiose”.
“Dopo vari mesi di frizioni con il Governo, i maoisti (Partito Comunista Unificato Maoista, UCPN-M) hanno lanciato il 1° maggio un grande movimento di protesta e sciopero per ottenere le dimissioni del Primo Ministro Madhav Kumar Nepal e del suo Governo. Da quando l’ex capo della guerriglia maoista, Pushpa Kamal Dahal (detto ‘Prachanda’), che ha provocato il rovesciamento della monarchia, ha lasciato tra le polemiche l’incarico di Primo Ministro, in Nepal si sono susseguite manifestazioni e dimostrazioni di forza degli ex ribelli”.
“La comunità internazionale deve prendere sul serio il deterioramento della situazione politica e svolgere un ruolo attivo nell’assicurare la redazione e la promulgazione della nuova Costituzione, senza la quale il Paese cadrà in un’altra guerra civile”, ha detto allarmato R. K Rokaya, incaricato della Commissione per i Diritti Umani in Nepal.
L’Assemblea Costituente del Nepal deve presentare il 28 maggio la nuova Costituzione dell’ex regno induista, la cui trasformazione in Stato laico è stata approvata dal Parlamento nel 2006. A questa secolarizzazione si oppongono tuttavia i gruppi estremisti, che chiedono il ritorno a uno Stato induista moltiplicando le minacce e gli atti terroristici, tra cui attentati mortali con bombe in chiese e moschee.
Il 20 aprile scorso, molte associazioni cattoliche e protestanti, rappresentanti buddisti e responsabili di vari partiti politici hanno organizzato una grande riunione a Kathmandu per chiedere di mantenere il carattere laico dello Stato nepalese.
“Vogliamo una commissione parlamentare delle religioni e la garanzia scritta nella nuova Costituzione che saranno difesi i nostri diritti di costituirci in OGN cristiane o movimenti della Chiesa”, ha dichiarato Chari Bahadur Ghahatraj, del Comitato Consultivo Cristiano per la Nuova Costituzione, come ha reso noto Ucanews.
In questo clima di tensione, la Chiesa cerca di mantenere la sua posizione di neutralità, resistendo alle pressioni dei maoisti. I cattolici hanno dovuto respingere più volte i militanti che volevano espropriare le chiese, le scuole e altre proprietà della Chiesa per accogliervi migliaia di manifestanti giunti da tutto il Nepal per lo sciopero generale.
Padre Pius Perumana, pro-prefetto apostolico del Nepal, che è riuscito a impedire ai maoisti di insediarsi nella Cattedrale dell’Assunzione, ma alla fine deciso di chiedere aiuto alla polizia per evitare un tentativo di ingresso con la forza. Alcune strutture hanno tuttavia dovuto accogliere i militanti: templi induisti e giainisti, e anche alcune chiese protestanti. Molte scuole cattoliche sono state oggetto di intimidazioni da parte dei maoisti, che hanno chiesto loro “contributi volontari” a livello finanziario per sostenere la loro azione politica.
I disordini nella vita quotidiana provocati dallo sciopero sono stati la principale fonte di inquietudine per i cristiani del Nepal. Le scuole sono state chiuse, gli esami rimandati o annullati e il lavoro negli ospedali e nei centri di assistenza sanitaria è stato reso impossibile.
Al termine dello sciopero, padre Pius Perumana ha detto che la situazione può degenerare in qualsiasi momento, e ha chiesto alla Madonna di intercedere per la pace e di illuminare i leader perché trovino una soluzione politica alla crisi.
Anche se i maoisti hanno terminato lo sciopero generale, hanno dichiarato che continueranno con le marce e le proteste finché il Primo Ministro non si dimetterà.