SYDNEY, martedì, 8 giugno 2010 (ZENIT.org).- L’Australia è il centro del traffico di migliaia di donne di Asia, Europa dell’Est e Sudamerica. L’organizzazione cattolica australiana ACRATH lotta contro un’industria del sesso che muove migliaia di milioni di dollari. In un incontro recente, questa industria è stata definita “la forza più distruttiva contro le donne di tutto il mondo”.
Per ottenere il “privilegio” di emigrare in Australia, le donne devono offrire le loro “prestazioni” a 6 o 10 uomini a notte, fino a pagare il loro debito di 15.000 dollari. In questo modo, durante il primo mese, sono costrette a “servire” gratis 800 uomini. Accade frequentamente che vengano non solo tratttate in modo violento, ma anche private dei loro diritti e della loro dignità.
L’ACRATH (Australian Catholic Religious Against Trafficking in Humans) è una delle organizzazioni principali che lottano per liberare le donne dall’industria del sesso, informa l’agenzia Fides.
In base alle statistiche, il traffico di esseri umani rappresenta la terza industria criminale più grande al mondo, superata solo da quella delle armi e dal narcotraffico. Le Nazioni Unite calcolano che la tratta di esseri umani faccia guadagnare ai trafficanti 32.000 milioni di dollari.
Secondo l’ACRATH, nel 2003 in Australia è stata istituita una strategia contro questo traffico, con un finanziamento iniziale di venti milioni di dollari in 4 anni. Altri 38,3 milioni di dollari sono stati destinati al budget 2007/2008, includendo 26,3 milioni per le nuove iniziative.
Nel frattempo, tuttavia, la consapevolezza di questo grave problema è diminuita. Sono poche le persone a conoscenza delle innumerevoli donne vendute in questa industria, spesso del tutto inconsapevoli di come verranno costrette a vivere.
Dall’altro lato, molti sostegnono che la legalizzazione della prostituzione rafforzerebbe quanti lavorano in questo settore, con controlli che permetterebbero di migliorare le condizioni di “lavoro”.
Il giornalista e autore canadese Victor Malarek, attualmente in viaggio in Australia, la pensa diversamente. “Oggi le donne sfruttate nell’industria del sesso sono chiamate ‘libere professioniste (‘Independent Contractors’), possono apparentemente scegliere le loro condizioni di lavoro, e non hanno sufficienti garanzie di tutela”.
In un incontro promosso dalla ONG “Collective Shout and the Salvation Army”, il giornalista ha detto chiaramente che l’industria del sesso costituisce “la forza più distruttiva contro le donne di tutto il mondo”.