“Sono i giovani a pagare più di tutti i costi della crisi”

Verso la Settimana sociale dei cattolici di Reggio Calabria

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di Chiara Santomiero

ROMA, lunedì, 28 giugno 2010 (ZENIT.org).- “Non c’è chi non parli dei giovani oggi. A loro sono dedicate molteplici indagini e ricerche. Ma sono quelli che contano meno nelle dinamiche pubbliche e sociali”. E’ la constatazione da cui prende spunto il documento “Agenda di speranza dei giovani di Azione cattolica e della Federazione universitari cattolici italiani. Osare il futuro nell’Italia di oggi” presentato al termine del seminario di studi “Il cammino verso la Settimana sociale e la formazione alla cittadinanza responsabile” svoltosi lo scorso 18 giugno presso la Domus Mariae di Roma per iniziativa dell’Istituto “Vittorio Bachelet” della Presidenza nazionale di Azione cattolica.

Il documento elaborato dai giovani di Ac e della Federazione universitari cattolici italiani (Fuci) si propone di offrire un “contributo alla riflessione che la Chiesa italiana, con lo stile del discernimento comunitario, sta conducendo intorno al tema del bene comune” in vista della 46^ Settimana sociale dei cattolici italiani che si svolgerà a Reggio Calabria dal 14 al 17 ottobre prossimi.

“Il cammino ecclesiale in associazione – ha affermato Michele D’Avino, collaboratore della Presidenza nazionale di Ac per il Settore giovani – porta scritta nel suo stesso Dna la centralità della formazione al bene comune, come ineludibile conseguenza della doppia cittadinanza di ogni laico battezzato”.

Il cammino di gruppo, infatti “è anche scuola di relazione, dove si insegna a ‘pensare plurale’” e “l’associazione stessa è un laboratorio di democrazia, capace di rinnovare, con le sue diverse articolazioni per fasce d’età, il patto tra le generazioni e lo stile del discernimento comunitario sulle grandi questioni socio politiche del nostro tempo”.

Un legame “genetico” tra “Ac e formazione al bene comune, tra cammino di gruppo, discernimento comunitario e coscienza civica, tra contemplazione e partecipazione” che si esprime nella “formazione di coscienze responsabili e promozione dell’esercizio di un’intelligenza critica come capacità di leggere dentro la storia segnali di speranza sempre nuovi”.

In un tempo, come il nostro, in cui lo spazio della speranza sembra davvero comprimersi, specialmente per i giovani.

“In questo momento – sottolinea il Documento del giovani di Ac e della Fuci – sono i giovani a pagare più di tutti i costi della crisi” che sono soprattutto “costi umani, in termini di progettualità di vita, che mettono un’ipoteca sulla capacità dei giovani di formare nuove famiglie”.

Infatti: “il continuo spostamento in avanti del momento d’ingresso nel mondo del lavoro prolunga la dipendenza dei giovani dalla famiglia e aumenta il loro senso di sfiducia ed emarginazione” così come “la meritocrazia e la trasparenza, restando molto spesso solo ‘principi di carta’ nel mercato del lavoro, lasciano fuori proprio quei giovani che avrebbero maggiori competenze e capacità da spendere”.

Tutto questo “è ancora più tristemente vero al Sud dove la stagnazione politica ed economica, la percezione diffusa di lontananza e talora assenza dello Stato, costringe molti giovani ad abbandonare definitivamente la propria terra per investire sogni, capacità e competenze altrove”. Nonostante questo quadro, “riteniamo – afferma il Documento – che più che problemi da risolvere, ci siano progetti da pensare, condividere e realizzare” guardando ad alcune priorità, la prima delle quali è “una formazione che sia all’altezza dei sogni dei giovani”.

“Uno dei sintomi più eclatanti del mancato dialogo tra le generazioni – ha affermato Mariarosaria Petti, vice presidente nazionale della Fuci – è rappresentato dalla crisi del legame educativo all’interno dell’università” messo in crisi “dall’incremento numerico cui non è corrisposto un equivalente sviluppo quantitativo”.

“Se nella folle corsa per seguire lezioni e seminari – ha sostenuto Petti – oltre che per sostenere esami, scrivere tesine, attendere ore in fila in segreteria, viene a mancare il rapporto con i maestri, dobbiamo preoccuparci perché la nostra università sta diventando una macchina automatica che eroga nozioni”.

Negli anni “si sono sedimentate politiche di emergenza che miravano a tamponare piuttosto che a curare con decisione i mali delle nostre università” e “dalla l. 573 del ’93, passando per la 133 del 2008, per arrivare al nuovo disegno di legge Gelmini, la musica è sempre la stessa: tagli continui e indiscriminati ai finanziamenti”.

“Siamo convinti – afferma il Documento dei giovani di Ac e della Fuci – che nessuna riforma della scuola e dell’università sia possibile in una competizione politica al ribasso”. “L’accordo che porta il nome di Processo di Bologna – ricorda il Documento -, siglato nel 1999, si prefiggeva di realizzare entro il 2010 uno Spazio europeo dell’istruzione superiore, i cui obiettivi non sono stati raggiunti”.

Nonostante la realizzazione di “riforme strutturali in quasi tutti i Paesi dell’Unione, permangono alcuni problemi di fondo che devono trovare soluzione a favore di una sempre maggiore mobilità giovanile”. Ciò dovrebbe favorire “una maggiore realizzazione personale degli studenti, la predisposizione all’incontro, una maggiore apertura mentale e comprensione interculturale, oltre a preparare una forza lavoro più flessibile”.

“L’avvicinarsi del 150° anniversario dell’unità d’Italia – prosegue il Documento – ci spinge ad interrogarci sull’Italia che c’è e sull’Italia che vogliamo”. Il lungo percorso alle spalle “talvolta difficile, è pur sempre sfociato nella promozione dei valori fondamentali del vivere civile” con “uno Stato che si è posto come garante dei diritti di tutti”.

“Vogliamo – concludono i giovani di Ac e della Fuci – ridare senso e contenuto a questa bella storia di democrazia: il ‘senso’ dello Stato come ‘sentire comune’ di un progetto di bene; il contenuto della Costituzione come affermazione dei diritti inviolabili della persona in essa consacrati”.

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ZENIT Staff

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