LONDRA, mercoledì, 9 marzo 2011 (ZENIT.org).- Cattedrale di Westminster. Il volto del giovane che sostiene una torcia accesa – volto dai tratti forti e decisi, capelli biondi a taglio corto – ne è splendidamente illuminato dalla fiamma. In piedi, immobile per tutta la celebrazione, sembra conficcato per terra come accanto a lui lo stendardo blu di Cassino. L’assemblea lo ammirava come fosse davanti a un’icona. Da solo suggeriva la forza suggestiva del simbolo: la luce di Benedetto da Norcia nell’oscurità della barbarie di quei secoli lontani, tra uomini dai lineamenti altrettanto forti e decisi. Benedetto aveva illuminato i suoi tempi come una fiaccola vivente. Con una regola, dei monasteri e un principio di vita, scolpito negli spiriti: ora et labora.
Lo si è celebrato il 3 marzo nella cattedrale cattolica di Westminster di fronte a un’assemblea fatta di inglesi, di italiani e di polacchi a ricordo della tragedia di Montecassino. Confortante era la presenza dell’abate benedettino dom Pietro Vittorelli e di vari vescovi, mentre il canto gregoriano saliva leggero e gradevole come le volute dell’incenso. Anche il mio vicino inglese rispondeva a memoria in latino con un intimo entusiasmo ritrovato. Emergeva il senso di universalità. Non tanto nella lingua latina, quanto piuttosto nei volti e nelle culture differenti riuniti insieme. Sfida questa sempre attuale per la Chiesa d’Europa: il saper riunire, riconciliare, far ritrovare accoglienza e fratellanza perdute. Le parole dell’arcivescovo di Westminster, mons. Vincent Nichols, risuonavano ancora nella mente – la pace non è un’idea romantica, ma dialogo, compassione e riconciliazione – mentre sul sagrato si riversava festosamente il corteo storico “Terra sancti benedicti”. Si mescolava, così, alla gente come un colorito pezzo d’Italia nel cuore di Londra, impensabile in altri tempi. Miracolo della“fiaccola di san Benedetto”.
Il suo pellegrinaggio era iniziato qualche giorno prima in Vaticano con la benedizione papale ed è proseguito per Londra, quasi in un replay dei recenti e indimenticati passi di un altro grande Benedetto. Sostava, anzittutto, nell’antica abbazia di Westminster a due passi dal Parlamento inglese. Da qui erano partiti gli ultimi benedettini mandati al rogo nel XVI secolo, mentre la chiesa, bruciando secoli di monachesimo, diventava luogo ufficiale del culto anglicano. Una celebrazione ecumenica – come in una nemesi storica – accoglieva mercoledì 2 marzo questo nobile simbolo del patrono d’Europa: la “fiaccola di san Benedetto”. Quasi ad indicare che la luce per il mondo d’oggi, fatto di differenze e di violenze ravvicinate, non può essere che il cammino faticoso della riconciliazione. Indispensabile arte di coltivare la nostra terra, in tutti i suoi sensi.
In serata nella cornice accademica dell’Istituto italiano di cultura a Londra è seguita una ricca presentazione della realtà del territorio cassinese e della presenza monastica. Dopo le note affascinanti del coro “S. Giovanni Battista Città di Cassino” diretto da Fulvio Venditti un folto pubblico ha ascoltato con particolare attenzione gli interventi di Antonio Capranica, di Franco Cardini dell’Università di Firenze e di Franco De Vivo dell’Università di Cassino, nell’ambito di un “progetto integrato” con le realtà istituzionali, culturali, artistiche e imprenditoriali del territorio. Ha poi concluso l’abate di Montecassino ricordando gli strumenti del monaco benedettino per trasformare l’esistenza dell’uomo: la croce, il libro cioè l’attività amanuense e l’aratro. La dialettica dell’ora et labora – dove un aspetto trova senso e valore nell’altro – si propone come pacifica conquista della dignità dell’essere umano nella sua triplice relazione con Dio, con il creato e gli altri. Solo così si coltiva la visione di un mondo nuovo, più umano e fraterno.
In tempi di imbarbarimento dei costumi, del senso politico e del rapporto all’altro, la lezione del Maestro di Norcia si rivela oggi un’opera incompiuta. Sì, una lezione di pace drammaticamente attuale, luminosa come allora per la nostra stessa terra. Non mancherà di ricordarlo la fiaccola di san Benedetto quando il 20 marzo giungerà a Montecassino per il suo “messaggio di pace” ai popoli d’Europa. Per umanizzare la terra a cominciare dalla porta accanto. Anzi, dalla nostra casa.
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*Padre Renato Zilio è un missionario scalabriniano. Ha compiuto gli studi letterari presso l’Università di Padova, e gli studi teologici a Parigi, conseguendo un master in teologia delle religioni. Ha fondato e diretto il Centro interculturale di Ecoublay nella regione parigina e diretto a Ginevra la rivista “Presenza italiana”. Dopo l’esperienza al Centro Studi Migrazioni Internazionali (Ciemi) di Parigi e quella missionaria a Gibuti (Corno d’Africa), vive attualmente a Londra al Centro interculturale Scalabrini di Brixton Road. Ha scritto “Vangelo dei migranti” (Emi Edizioni, Bologna 2010) con prefazione del Card. Roger Etchegaray.