La psicologia dei partecipanti alle Giornate Mondiali della Gioventù

Intervista alla psicologa esperta di giovani e famiglia Mercedes Palet

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di Miriam Díez i Bosch

BARCELLONA, mercoledì, 17 agosto 2011 (ZENIT.org).- Psicologa e psicoterapeuta della Svizzera, dove risiede, e docente universitario in Spagna, Mercedes Palet de Fritschi è un deciso difensore degli apporti del tomismo alla psicologia.

Nel suo ultimo soggiorno spagnolo in occasione dei corsi estivi presso l’Università Abat Oliba CEU (www.uao.es), abbiamo chiesto di poter conversare con questa psicologa di fama sui ragazzi che parteciperanno alla Giornata Mondiale della Gioventù (GMG).

La Palet de Fritschi riconosce che “in base alla pratica della psicologia è fonte di speranza poter aiutare i giovani a comprendere chi sono e perché o per chi vivono”.

La famiglia continua ad essere ciò che era?

Palet: Senza alcun dubbio. La famiglia continua ad essere quello che era: “cellula primaria e vitale della società”, “Chiesa domestica”, “utero spirituale”, “educatrice dell’essere umano”, “comunità d’amore e vita fondata sul matrimonio indissolubile di un uomo e una donna”.

La famiglia è tuttavia l’istituzione che con più forza ha subito e subisce gli attacchi e le minacce di una cultura e di una società che si allontanano da Dio. Per questo, al giorno d’oggi, è sicuramente curioso verificare una situazione di completa contraddizione.

Già da vari decenni, si afferma da un lato la necessità della famiglia e dei beni che essa comporta, ma allo stesso tempo si affermano e si sostengono atteggiamenti e realtà che sono assolutamente contrari alla famiglia.

Alcuni anni fa si comprendeva ancora la famiglia tradizionale, fondata sul matrimonio di un uomo e una donna per l’amore e l’aiuto reciproci e l’accoglienza della vita, come cellula fondamentale della società e come qualcosa di “buono e desiderabile”. Allo stesso tempo, però, a livello di atteggiamenti personali, si difendevano atteggiamenti contrari alla formazione stessa della famiglia: divorzio, unioni di fatto, libertà sessuale, contraccezione, ecc.

Al giorno d’oggi, la minaccia contro la famiglia ha acquisito una nuova dimensione, perché essa non viene più attaccata solo come istituzione, ma – anche a livello legislativo – viene intesa come “l’origine di ogni conflitto”, e quindi come un’istituzione degna di essere abolita.

Gli attacchi più recenti che sta subendo la famiglia sono molto diversi e di varia intensità: l’ideologia di genere, la manipolazione tecnica della vita e delle nascite dei bambini o una mentalità antinatalista, solo per citarne alcuni. Non posso compiere un’analisi esaustiva di ciascuno, e mi limiterò a menzionare uno degli attacchi che, a livello psicologico, si oppongono maggiormente alla natura stessa della famiglia: mi riferisco al tema della “capacità di impegno”.

Come segnala Benedetto XVI nel suo messaggio per la GMG di Madrid, “molti non hanno punti di riferimento stabili per costruire la loro vita, diventando così profondamente insicuri. Il relativismo diffuso, secondo il quale tutto si equivale e non esiste alcuna verità, né alcun punto di riferimento assoluto, non genera la vera libertà, ma instabilità, smarrimento, conformismo alle mode del momento”. Come conseguenza del relativismo imperante nella mentalità contemporanea, l’uomo attuale sembra essere come incapace di impegnarsi in modo permanente e vitale in quegli ambiti della vita più essenziali come la famiglia e molti campi della vita sociale.

L’uomo, senza famiglia, resta disorientato, sconcertato. Nella pratica quotidiana della psicologia possiamo verificarlo spessissimo. Ci sono adulti e bambini che non hanno un “luogo di vita”, che non conoscono ma anelano all’esperienza dell’“appartenenza reciproca” e che ignorano ma vogliono l’esperienza della “filiazione”.

E ciò che è più triste, ci sono uomini e donne, bambini e giovani incapaci di comprendere che è proprio la famiglia tradizionale il luogo originale e insostituibile di queste “esperienze” profondamente vitali e che formano la personalità.

I giovani di oggi non danno lo stesso valore a concetti come sacrificio, attesa, austerità… perché è stata persa questa considerazione?

Palet: Per la mancanza di esempi vivi e attraenti di queste virtù, per il fallimento educativo della cultura occidentale, per la mentalità consumistica facile, per un’erotizzazione senza precedenti nella storia della vita pubblica e privata, e anche per la perdita del senso trascendente della vita.

Come avvertiva Francisco Canals, la dedizione dell’uomo contemporaneo alla ricerca di un senso della vita indipendente da ogni valore trascendente, ordinato in primo luogo al pratico nel senso di ciò che è utile e dà piacere, ha lanciato l’uomo di oggi nell’inquietudine di un circolo vizioso in cui la stessa dimensione etica viene ad essere dimenticata nella sua essenza (sembra che esista solo ciò che è buono ‘soggettivamente, per me’) per essere assunta solo come efficacia tecnica attraverso lo sviluppo, con l’educazione scientifica, delle possibilità creatrici intese come capacità di dominio e produzione.

Ciò che è buono è solo quello che è in qualche modo tecnicamente utile e in qualche maniera provoca piacere. Per questo, per l’uomo contemporaneo – e non solo per i giovani di oggi – atteggiamenti come il sacrificio, l’attesa e l’austerità mancano di contenuto etico o morale e hanno solo senso in relazione a “qualcosa” che si percepisce come socialmente utile, o economicamente vantaggioso o, in ultima istanza, come fonte di piacere sensibile.

La gioventù è generosa ma anche egoista. Come educatrice, che cosa le dà più speranza?

Palet: Considerando che per educazione si intende quella promozione dell’uomo fino allo stato di perfezione che è lo stato di virtù, si può dire che lo psicologo, che lavora più con la sua persona e il suo esempio di vita che con il suo sapere scientifico, è educatore nella misura in cui aiuta i suoi pazienti nel processo di acquisizione della virtù.

In questo senso, ciò che dà più speranza è sempre l’incontro con la verità, l’incontro con la verità su se stessi. Da questo incontro con la verità lo psicologo aspetta che il paziente possa ordinare la sua vita affettiva in modo tale che, sotto la guida della ragione, possa giungere a emettere un vero giudizio su se stesso.

Nella pratica della psicologia, da parte dello psicologo sono due i punti chiave che possono muovere alla speranza: da un lato la vera conoscenza di se stessi che ha come conseguenza l’attivazione delle funzioni della coscienza, e come risultato di tutto ciò l’emissione di un giudizio di valore autentico sugli atti della propria vita.

In tal senso, in base alla pratica della psicologia è fonte di speranza poter aiutare i giovani a comprendere chi sono e perché o per chi vivono. La scoperta di se stessi svelando il fine o l’obettivo della vita personale concreta.

Ad ogni modo, ciò che davvero sana ed è fonte di ogni speranza, al di là di qualsiasi aspettativa, è solo l’incontro personale con Cristo.

Non è di moda, ma lei rivendica a San Tommaso il ruolo di precursore di una sana psicologia. Che cosa vuol dire?

Palet: Per comprendere la situazione degli uomini nel nostro tempo è necessario avere una guida molto chiara nel pensiero. Il beato Giovanni Paolo II diceva che “nelle condizioni culturali del nostro tempo sembra veramente opportuno sviluppare sempre più questa parte della dottrina tomistica che tratta dell’umanità” (Lettera Apostolica Inter Munera Academiarum, 28.01.1999, n. 4).

Nella psicologia contemporanea bisogna rivendicare una linea di pensiero che permetta una considerazione integrale di tutte le dimensioni della persona, a partire dalla quale si scopra che la ragione e la volontà sono il centro direttivo della personalità e della condotta umana.

Tutte le dimensioni
della vita emotiva e affettiva sono fatte per essere guidate dalla ragione e dalla volontà, e non per essere annullate, ma per essere ordinate e messe al servizio di ciò che nell’uomo è più elevato: il bene della ragione. Non si potrà mai conoscere l’uomo concreto senza comprendere l’intelligenza, la volontà, l’anima umana, il vero essere e funzionamento “profondo” – la vera psicologia profonda – della persona umana.

Per questo, qualsiasi psicologia degna di questo nome deve fondarsi su un’adeguata conoscenza della natura umana del soggetto concreto che vuole conoscere e aiutare. I chiari principi dell’antropologia filosofica tomista devono giocare un ruolo fondamentale per la ricostruzione di un’autentica psicologia nell’ambito cristiano.

Lungi dall’essere relegate ad alcuni aspetti particolari, come il trattamento delle passioni, le dottrine tomiste su cui potrebbe fondarsi una vera psicologia abbracciano la maggior parte del pensiero dell’Aquinate, e in particolare del suo pensiero raccolto nella Summa Theologiae, in tutta la Summa Theologiae.

Solo per riferirmi a una delle parti e ad alcuni punti di quest’opera di San Tommaso, dirò che tutta la seconda parte della Summa Theologiae è un autentico trattato di psicologia fondamentale, sia teorica che pratica. Già solo a partire dalle ricchissime descrizioni che si trovano nei trattati dedicati alle virtù morali, lo psicologo può trovare ed elaborare un magnifico e preciso strumento di diagnosi e terapia.

Partendo da una base antropologica, seguendo gli insegnamenti di San Tommaso d’Aquino, si potrebbe riuscire a liberare la psicologia dalla sua proiezione di essere una psicologia modellata principalmente sulla patologia, e formulare una psicologia della pienezza personale, sociale e spirituale dell’uomo.

Le Giornate Mondiali della Gioventù in genere danno rilevanza alle testimonianze. Qual è la testimonianza che le piacerebbe ascoltare?

Palet: Le testimonianze che danno i giovani relativamente al loro incontro personale con Gesù Cristo “risorto e vivo” sono spesso toccanti, e i vigorosi racconti della loro conversione, dopo una vita più o meno lunga lontana dalla Chiesa, ignorando la fede e la Redenzione, testimoniano la Misericordia Divina e la forza di guarigione della Grazia di Dio.

Sono testimonianze che mi piacerebbe senz’altro ascoltare e che, dall’altro lato, stimolano a innalzare il cuore e a ringraziare Dio per il suo Amore e la sua Misericordia verso ciascuno di noi.

Lungi dal voler minimizzare o relativizzare la forza esemplare di queste testimonianze o l’aspetto miracoloso di molte di esse, che, come ho appena detto, sono manifestazione dell’azione gratuita della Grazia Divina, la testimonianza che mi piacerebbe ascoltare sarebbe anche quella di un giovane che rende grazie a Dio per il dono della fede ricevuto dall’amore e dall’esempio di vita cristiana dei suoi genitori e dei suoi fratelli.

Mi piacerebbe molto sentire la testimonianza di gratitudine di un giovane che, con semplicità e allegria, desse testimonianza della fede ricevuta e vissuta in una famiglia cristiana, ringraziando Dio e i propri genitori per il dono della vita, ringraziando i genitori per l’esempio di amore e donazione della vita quotidiana familiare, l’esempio di amore sponsale e la dedizione della paternità e della maternità.

Mi piacerebbe molto ascoltare la testimonianza di un ragazzo che ringrazia Dio e i suoi genitori per l’educazione cristiana ricevuta e per l’inserimento nella Santa Madre Chiesa.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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