di Luca Marcolivio
RIMINI, lunedì, 30 aprile 2012 (ZENIT.org) – Il cardinale Gianfranco Ravasi è una vecchia conoscenza del Rinnovamento nello Spirito. Già presente alla Convocazione nazionale del 1998, il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha presieduto stamattina la Santa Messa sul palco principale della Fiera di Rimini. La celebrazione eucaristica è stata preceduta da un discorso catechetico da parte dello stesso Ravasi.
Il porporato ha esordito ricordando in primo luogo la sua amicizia con il defunto don Dino Foglio, coordinatore nazionale del RnS per circa tre decenni, che nel 1998 rivolse a Ravasi una profezia: “Io vorrei che tu partecipassi alla Convocazione e ti inviterò ancora quando sarai cardinale!”.
Punto di partenza della riflessione odierna del porporato è stato il seguente passo paolino: “Noi parliamo con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in modo spirituale” (1Cor 2,13).
Il contesto al quale San Paolo si rivolge è quello di una Corinto incastonata in una grande metropoli cosmopolita e, al contempo, corrotta e decadente, quindi assai simile alla civiltà occidentale di oggi. Piuttosto che dei “termostati” che, con il loro calore, irradiavano la fede, i Corinti erano dei “termometri” che, si limitavano a registrare la temperatura spirituale del loro ambiente, adeguandosi passivamente e camaleonticamente alle tendenze, tutt’altro che virtuose, del loro tempo.
La Parola, tuttavia, è molto più grande delle parole che trascende. Queste ultime, come si suol dire, sono pietre e possono pesare fortemente nelle relazioni umane, eppure è sorprendente e paradossale la loro fragilità e fugacità, assieme alla nostra inclinazione a dimenticarle.
Diversa è la Parola di Dio – ha spiegato Ravasi – da Egli rivelata, di straordinaria potenza, contrapposta al significato che si dava di parola nell’originale greco, equivalente a poco più che una “chiacchiera”.
C’è tuttavia una seconda “stella polare” che il cardinale individua in un’esperienza cristiana non riducibile a “un sistema di pensieri” o a un “insieme di teoremi da dimostrare”. Sulla scia di Pascal è quindi possibile proclamare che “l’ultimo passo della ragione è riconoscere che ci sono un’infinità di cose che la sorpassano”.
In terzo luogo, l’esperienza del Signore è qualcosa di concreto, la sua conoscenza è possibile; la fede, parimenti, si apre alla visione e alla contemplazione, va oltre i nostri progetti e schemi. L’esempio vivente che spicca nell’Antico Testamento è Giobbe, quando, rivolto a Dio, ammette: “Ti conoscevo per sentito dire” (Gb 42,5).
La trascendenza è elemento imprescindibile della conoscenza di Dio ma è già presente nella relazionalità umana. L’innamoramento è l’esempio più evidente di questo fenomeno: quando un uomo ama una donna, non osserverà più il suo volto con sguardo analitico o “scientifico” bensì con sguardo estetico e sentimentale.
Lo Spirito Santo è sempre la cartina di tornasole della presenza di Dio nel Cosmo e nella Storia, del suo dialogo con l’uomo.
Come affermava il teologo ortodosso Ignatius Hazim, “Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano; Cristo resta nel passato; il Vangelo è lettera morta; la Chiesa una semplice organizzazione; l’autorità un dominio; la missione una propaganda; il culto una rievocazione e l’agire cristiano un moralismo. Con Lui invece: il cosmo si solleva e geme ma nelle doglie del parto, il Cristo risuscitato è presente, il Vangelo è potenza di vita, la Chiesa significa comunione trinitaria, l’autorità è servizio liberatore, la missione è Pentecoste, la liturgia è memoriale e profezia, l’agire umano è deificato”.
Successivamente, nel corso dell’omelia, il cardinale Ravasi ha esortato i membri del Rinnovamento nello Spirito con queste parole: “Aprite, demolite le frontiere costruite dalla società, dalla politica, dall’economia e da altre strutture, e fate in modo che lo Spirito abbia a passare di là anche attraverso la vostra voce”. Lo Spirito Santo, infatti, “non ama essere rinchiuso in una teca, è vento e acqua”.
Il porporato ha poi fatto riferimento al Cortile dei Gentili, lo strumento culturale che papa Benedetto XVI lo ha incaricato di guidare. Il Cortile è una realtà che “mi permetto di affidare anche a voi: vorrei che diventasse parte del vostro impegno!”.