E’ tempo di attuare in ogni comunità che si dice cristiana un percorso di consolidamento spirituale e sociale, singolo e collettivo, per dare una mano responsabile e concreta alla condizione umana, che vive la realtà odierna. I segnali che provengono da ogni parte del pianeta sono numerosi e inquietanti! La violenza nelle famiglie aumenta. Nel nostro Paese si registra un femminicidio che fa tremare i polsi! In New Jersey si evacuano città intere per l’uragano Sandy, ma ci si dimentica degli anziani abbandonati in alcune case di riposo. In Francia un insegnante assegna un tema su come, compiuti i diciottenni, si possa suicidarsi! A Jiaxing, provincia di Zhejiang, in Cina un bambino di cinque anni viene investito in pieno da un autobus, ma nessuno si ferma per soccorrerlo. In Connecticut un ventenne ammazza, in una scuola, ventisei persone. Venti sono i bambini. USA sotto choc. Non voglio più continuare! Sembra che l’uomo abbia perso il senso alto dello stare insieme e del preservare l’altro, più debole, come parte del suo essere. Concetti base per un cristiano che nel suo agire deve difendere questa visione della vita, non per apparire superiore, ma per attrarre l’interlocutore su questa strada.
Nel vangelo di Matteo emergono delle direttrici essenziali, per accompagnare tale ragionamento. La casa brucia, ovunque, e il fuoco si può spegnere cambiando registro nell’essere comunità. L’evangelista ci dice che proprio in essa sono necessari tre elementi di base: santità, condivisione e missione. Poi ci ricorda altri due aspetti che devono accompagnare l’essenza della cristianità nel mondo: il perdono e l’inclusione sociale. Scudi, questi, potenti contro ogni forma di esclusione, che riscontriamo spesso nella prepotenza personale e collettiva, ma anche in chi ambisce a fare lo struzzo, dinnanzi a qualsiasi forma di disagio altrui. Basta, infatti, chiudere gli occhi! Ogni cristiano tende alla santità, quando vive nella Parola del Signore. È un percorso lungo, insidiato da un demonio che utilizza ogni spiffero della nostra vita, anche sottile, per entrare e cambiare i nostri pensieri e nostri progetti, che vanno verso i sentieri di Cristo. Oggi, poi, penso che l’angelo del male non debba inventarsi nulla di eccezionale, perché i campi esposti alla tentazione sono infiniti. Ma la strada della salvezza è sempre la stessa, non si cambia con una legge, ne si adegua al trasformismo sociale vigente. Condivisione e missione non sono fasi impossibili della vita di un cristiano. Sono due aspetti operativi che creano fratellanza, comunione e testimonianza. Dio sa quanto necessità il mondo di queste manifestazioni umane!
Il perdono e la mano tesa a chi sbaglia, rafforzano, poi, questo nuovo slancio che i cristiani devono riproporre dentro loro stessi, per aiutare la società contemporanea a scoprire il valore della pace e del bene comune. Il fariseo che si batte il petto davanti all’altare del Signore e scredita il povero pubblicano pentito per i suoi peccati, affossa il messaggio universale del Vangelo e proclama ufficialmente un preciso modello di società. In essa i fortunati di turno, socialmente ed economicamente, vivranno sempre sulle spalle di chi è debole o di chi si è perso, per mille motivi, lontani o vicini alla sua volontà. Gli schemi di società che tutelano i più forti, perché detentori della ricchezza materiale, nel tempo esploderanno, perché tendono a tranciare il filo della speranza di quanti, la maggioranza dei popoli, guardano con fiducia ad un futuro migliore. Lo sfondo rimane simile a quello perpetrato dai farisei e dai sommi sacerdoti del Tempio, per i quali, coloro che fossero usciti “dal recinto”, non avrebbero avuto più alcuna possibilità di ritornare in esso. Si erano autoesclusi? Venivano esclusi! Ritorni invece lo spirito sociale che leggiamo in Matteo: “Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?”. Solo con l’inclusione “dell’ultimo” si salverà l’umanità e sarà cancellato quell’egoismo sociale, che da sempre uccide l’uomo! …E forse anche quei morti invisibili in fondo al canale di Sicilia, come a Lampedusa ha ricordato Papa Francesco, cominceranno a squarciare l’indifferenza dei tanti cuori assopiti, che non hanno più lacrime nemmeno per il prossimo disperato.
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