La morte di una adolescente di quattordici anni è una storia triste, ma in questo caso si è compiuto un miracolo perché nella sua esperienza ospedaliera Giulia è riuscita a stupire e toccare il cuore di tutti quelli che l’hanno accudita, dai medici alle infermiere, ai conoscenti. Non si è trattata solo di una coraggiosa accettazione del male e della morte, ma di una vera prova di fede, dove la sofferenza vissuta cristianamente ha placato il cuore di Giulia e cambiato la vita di molti.
Nel libro Un gancio in mezzo al cielo (Edizioni Paoline), Giulia racconta che nei momenti bui continuava a dire ai suoi genitori: “Ma Dio dov’è? Adesso che sto malissimo, ho addosso di tutto, Dio dov’è. Lui che posso pregare, può fare grandi miracoli, può alleviare tutti i dolori, perché non me li leva? Dov’è? Perché sta a guardare?”.
Giulia era arrabbiata, piangeva, faceva una fatica tremenda a pregare. Poi un giorno, nella Basilica di Sant’Antonio a Padova, trovò il conforto del Signore. Ne uscì con la consapevolezza che Dio non l’aveva mai abbandonata. Era gioiosa e sorrideva.
Nel corso di un incontro dal titolo “Ospedali medici e cura. Come Giulia cancellò ogni distanza” che si è svolto al Meeting di Rimini ieri, domenica 18 agosto, il pediatra Pieremilio Cornelli, responsabile di oncoematologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo, ha raccontato che grazie all’incontro con Giulia ha riscoperto la passione per il lavoro di medico, soprattutto “la vicinanza e la partecipazione alla sofferenza del malato”. Cornelli ha confessato di essere stato colpito dalla speranza e dalla profonda fede di Giulia, ed ha spiegato: “Ora capisco il valore della vita e dell’amore, l’ho sperimentato nell’umanità di questa ragazza”.
Massimo Provenzi, dirigente medico e responsabile degli ospedali Riuniti di Bergamo, ha aggiunto che Giulia lo ha coinvolto in un rapporto profondo di amicizia ed entusiasmo. Una esperienza che gli ha risvegliato “una compassione che porta il medico a essere presente, qualunque sia l’esito degli interventi”. L’infermiera della stessa struttura, Eugenia Giraldi, ha inviato un messaggio via e-mail in cui ha spiegato quanto la sofferenza di Giulia abbia fatto crescere tutti i componenti dello staff. “Grazie a questa esperienza – ha rivelato – ho potuto vivere meglio e apprezzare la mia gravidanza”.
Bruna Togni, un’altra infermiera, ha narrato che “Giulia era entrata in ospedale e per me era uno dei tanti numeri che vedevo tutti i giorni”, ma “con lei ho capito che prima vivevo solo la superficie della realtà”. L’amicizia con la ragazza ha riacceso “i motivi che mi avevano spinta a scegliere un lavoro così unico come quello di infermiera”.
All’incontro ha partecipato anche Sara, la mamma di Giulia. Nessuno ha retto le lacrime quando Sara ha spiegato: “Mia figlia, aveva percepito la propria malattia come una missione di testimonianza e di conversione di sé”. Un giorno Giulia parlò della sua esperienza di dolore e di amore ad un gruppo di giovani. “Le prime cose da guarire – disse – sono il cuore e l’anima, la salute verrà da sé”. Il giorno prima di morire Giulia compose una preghiera di ringraziamento. “Nelle nostre preghiere – ha scritto – nelle nostre litanie, chiediamo sempre qualcosa per noi o per gli altri”.
Il testo completo della preghiera si trova nel sito www.congiulia.com.