Tra i tanti personaggi interessanti che in questi giorni animano il Meeting di Rimini, ZENIT ha incontrato padre Jose Maria Di Paola, parroco di Villa 21 a Buenos Aires. Con padre “Pepe”, com’è meglio conosciuto, abbiamo parlato della sua amicizia con Papa Francesco quando era arcivescovo di Buenos Aires e del desiderio di Bergoglio che operasse nelle periferie, partecipando in prima linea, anche quando padre ‘Pepe’ era minacciato dai trafficanti di droga. E tanto altro ancora. Di seguito l’intervista.
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Come è nata la sua amicizia con Papa Francesco?
Padre Pepe: Io sono un sacerdote diocesano, Bergoglio è dei Gesuiti, è venuto negli anni ‘90 circa. Mi ha conosciuto perché io all’epoca lavoravo con i bambini e i giovani, e cercavo di fare qualcosa anche per i poveri. Lui mi è stato vicino nelle villas, nella “città nascosta”, e poi mi ha nominato parroco nella Villa 21. Lì ho potuto svolgere il mio sacerdozio con grande pienezza, perché convergevo il lavoro giovanile con quello con i poveri. Bergoglio non mi diceva “vai, io ti appoggio”, ma si impegnava in prima persona con il lavoro nel villaggio. Egli veniva, arrivava inaspettatamente a bere il mate. Tra il ‘97 e il 2001, l’unica persona importante a visitare le villas era il cardinale Bergoglio. Fino ad allora c’erano state persone che si dedicavano alla politica e inviavano rappresentanti, ma l’unica personalità importante era lui. Dopo il 2001 si iniziò a vivere un’altra situazione con un maggiore interesse dal mondo sociale e politico.
In che modo Bergoglio seguiva il vostro lavoro?
Padre Pepe: Ascoltava le nostre proposte. ‘Se lo vedete, cominciate’ ci diceva, ad esempio quando abbiamo fondato il centro di recupero tossicodipendenti. Quando ha visto che stavamo lottando per qualcosa per cui ne valeva la pena, che aveva a che fare con le nostre convinzioni, subito ci sosteneva. E noi partivamo. Confidava molto in noi.
Riguardo alla droga nelle villas: sembra che gli spacciatori la vendono ai ricchi
Padre Pepe: I commercianti di droga in America Latina hanno progettato piani per le persone di alta classe, media e bassa; ai poveri offrono invece lo stiramento di cocaina, che chiamano ‘il pacco”.
Perché le persone restano nelle villas?
Padre Pepe: A volte restano perché è il quartiere in cui sono nati, sono affezionati, anche se vorrebbero che le cose andassero in un altro modo. Il miglioramento individuale e del gruppo si verifica nella vita comunitaria della città quando si ha la fede come forza motrice, non se il fattore economico è sufficiente. Inoltre, tutti i piani possono funzionare per un tempo, ma dopo un po’… Quello che aiuta ad andare avanti è quando c’è una chiesa che dà un contenuto vero e proprio, un luogo di incontro per queste persone che vengono da altri paesi o province, che li riunisce come famiglia e dà loro la possibilità di fare la loro storia.
Come stanno le cose ora?
Padre Pepe: Al di là dalle emergenze, ci sono programmi molto buoni, ma siamo molto lontani dal superamento… Allo stesso tempo credo che le realtà argentine non si possono misurare senza capire cosa succede nel Cono Sud, perché se molti vanno in Argentina è perché lì trovano una educazione alla salute pubblica, un’istruzione, ecc.
C’è un particolare evento che le è rimasto impresso insieme a mons. Bergoglio?
Padre Pepe: Quando gli dissi: “Eccellenza, hanno minacciato di uccidermi”. Lui era molto attento, si mise la mano sulla testa e disse: “L’unica cosa che chiedo a Dio è che se qualcuno deve morire, che sia io e non tu. Perché tu devi continuare a fare nei villaggi quello che stai facendo”. E questo lo ha detto a me, non di fronte a tante persone per fare bella figura. Sono davvero cose che uno non può dimenticare mai.
Poi cosa è successo?
Padre Pepe: Sono rimasto un anno e mezzo nelle villas, sono stato nominato vicario, e poi ho visto che le minacce hanno messo in pericolo anche le vite di coloro che erano con me, del mio staff. Così gli dissi: “Monsignore, devo lasciare perché ho paura che accada qualcosa”. Però ho pensato: chi avrebbe difeso i bambini delle villas da questi ragazzi che non hanno scrupoli?
Il problema è stato risolto?
Padre Pepe: Difficile da dire, ma almeno è stato sedato. Ora sono tornato a lavorare su questo carisma.
Il video del suo intervento al Meeting mostrava che nelle villas si svolgono feste religiose con una forte devozione popolare tipica del mondo andino…
Padre Pepe: Le villas della Capitale Federale hanno tutte una grande componente di migranti dai paesi vicini: paraguayani, boliviani e peruviani. Al contrario, nella frazione di San Martino, dove sono ora, non ci sono più componenti del nord dell’Argentina. In queste villas, poi, non esiste una festa civica, quindi la festa del popolo è la festa religiosa. L’8 dicembre, ad esempio, tutti si preparano a percorrere un cammino che dura tutta la giornata in giro per il quartiere, e la gente poi va fuori a festeggiare. Almeno questo accade nei bassifondi della capitale. Ora sto iniziando a conoscere la zona di San Martino, ma non penso che la realtà sia molto diversa.
Come si muoveva Begoglio nelle villas?
Padre Pepe: Il Papa si muoveva nei villaggi con libertà assoluta. Ricordo che una volta lo aspettavamo in un settore del quartiere chiamato Zavaleta, eravamo impegnati nell’assemblaggio di un palcoscenico improvvisato e notai che Bergoglio non era ancora arrivato. Quando abbiamo finito lo vidi uscire fuori da un posto dove viveva un gruppo abbastanza problematico. Gli chiesi spiegazioni e mi disse: ‘Sono arrivato poco fa, li ho visti lavorare e mi hanno chiesto di benedire le case, e così ho fatto’. E queste persone hanno capito che si trattava del vescovo solo quando Bergoglio ha indossato la mitria. Hanno pensato che fosse un prete che era venuto per accompagnare la messa. Ha fatto tutte queste cose per anni, tanto che quando è stato eletto Papa, la gente ha detto “Ecco il Papa villero“. Quando andai a Plaza de Mayo per la Veglia di inizio del pontificato, molte persone avevano in mano la foto del momento in cui Bergoglio li aveva benedetti, battezzati ecc. La sua elezione è stata una gioia tale che è stata celebrata come la Coppa del Mondo. La gente veniva fuori ad esultare, metteva la musica ecc. A Villa 21 c’è stata una grande festa, perché lo sentivano come uno del posto.