Viktor E. Frankl, fondatore della Terza Scuola viennese di psicoterapia, nota in tutto il mondo come Logoterapia e Analisi Esistenziale, nel 1959 pubblicò il volume Das Menschenbild der seelenheilkunde (Hippokrates Verlag, Stuttgart), che conteneva tre conferenze sulla critica dello psicologismo dinamico tenute nel 1957 nelle settimana formativa delle Scuole Superiori di Salzburg. Negli anni seguenti, avvalendosi di molte altre conferenze tenute in varie città e di numerosi articoli pubblicati, preso il testo della prima conferenza lo arricchì di numerose altre pagine che approfondivano tematiche specifiche della logoterapia e analisi esistenziale e nel 1977, dedicato al rabbino Leo Baeck (1873-1956), che fu capo onorario del Consiglio degli anziani nel campo di concentramento di Theresienstadt, pubblicò il volume Das Leiden am sinnlosen Leben. Psychotherapie für heute (Herderbuecherei, Freiburg-Basel-Wien) che fu tradotto in italiano e pubblicato nel 1978 presso l’Editrice ElleDiCi, di Leumann (Torino) con il titolo La sofferenza di una vita senza senso. Psicoterapia per l’uomo di oggi.
Il libro ebbe molta diffusione e dopo la prima edizione del 1978 nel 1982 uscì la seconda ristampa, nel 1987 la terza ristampa e nel 1992 la quarta ristampa. Essendo esaurito e non più ristampato dalla ElleDiCi, l’Editrice Mursia di Milano ha scelto di prendere il volume e di distribuirlo ritenendo utile far conoscere il pensiero di Viktor Frankl come autentico testimone di forte comprensione dell’esistenza umana e di ottima interpretazione delle situazioni di sofferenza e di disagio esistenziale e il volume è apparso qualche giorno fa con il medesimo titolo ma nella nuova e apprezzata collana “Tracce”, nella quale è stato già inserito un altro volume di Frankl dal titolo Alla ricerca di un significato della vita.
Uno dei nuclei centrali del libro è la nevrosi esistenziale, detta noogena, che viene alimentata da quattro fattori che Frankl analizza con particolare attenzione e che testimoniano l’abbandono del desiderio di amore.
Il primo fattore è rappresentato da un atteggiamento provvisorio dinanzi alla vita. Chi ha sofferto nelle proprie carni il terrore della distruzione operata dalla seconda guerra mondiale e ancora oggi vive sotto l’incubo di una distruzione atomica che rischia di far saltare in aria tutto il pianeta si sente profondamente dissestato, non trova alcun punto fermo, non vede una prospettiva di soluzione, non scorge un futuro che gli appaia con una certa qual chiarezza. E’ ovvio allora che egli, se così si può dire, viva alla giornata, senza più l’interiore capacità di abbracciare e seguire un interesse o un ideale.
Un secondo fattore riguarda il fatalismo di fronte alle forze biologiche, psicologiche, sociologiche che dominano la vita dell’uomo, le cose che accadono o che dovranno accadere. Ciò è chiaramente una fuga dinanzi alle proprie responsabilità. Se, infatti, si crede ciecamente che tutto è “destinato”, non vale la pena di impegnarsi per costruire la propria vita sulla base di un autentico ideale.
Un terzo atteggiamento riguarda il collettivismo da cui è dominato l’uomo contemporaneo e che sfocia inesorabilmente nella massificazione più impersonale e più spersonalizzante: il collettivismo è, infatti, la forma più sottile di annullamento della personalità dell’uomo, della sua originalità e unicità.
Un ultimo atteggiamento è il fanatismo: un fenomeno che non solo richiama subito alla mente l’idolatria dei capi politici che si verificò durante la seconda guerra mondiale, ma fa riflettere anche su certi comportamenti dei nostri giorni. Sono numerosi gli idoli che circondano l’uomo. A molte nuove deità egli paga un tributo pesante, un oneroso e quanto mai scomodo debito di riconoscenza. E questo non solo nel campo politico, ma in quello artistico, culturale, sportivo, religioso. Si tratta di uno sfruttamento sottile, insensibile, ma penetrante. Il pericolo della manipolazione è reale. Se l’uomo non osserva attentamente la realtà che lo circonda, rischia di diventare ciò che gli altri vogliono che egli diventi, scivolando nel conformismo o nel totalitarismo.Alienato da se stesso e sottoposto a una società consumistica, che vanifica tutti gli autentici valori, facendo risaltare unicamente la capacità di sfruttamento e di godimento, l’uomo dimentica coloro che lo circondano e si concentra unicamente su se stesso.
Per saper sciogliere questi quattro fattori che testimoniano un processo di lenta ma inesorabile frattura che sta avvenendo nell’uomo occorre favorire la maturazione di un’esistenza aperta, orientata verso compiti e progetti, capace di tensione. Ecco perché solo chi vive un’esperienza con un forte coinvolgimento esistenziale, ed è disposto proattivamente e intelligentemente ad andare oltre se stesso, senza rinchiudersi malinconicamente a leccarsi le ferite del passato e a rimpiangere le occasioni perdute, è in grado di gustare fino in fondo la gioia, frutto di profonde e significative relazioni interpersonali, e vede spalancarsi la porta della felicità.