Leggi sull’omofobia, riconoscimento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, «matrimoni» e adozioni omosessuali: le polemiche non si placano. Per riflettere su questi temi sedici associazioni cattoliche torinesi – da Alleanza Cattolica al Forum delle Famiglie e al Movimento per la Vita, dall’AGESC (Associazione Genitori Scuole Cattoliche) al Movimento Cristiano Lavoratori e ai Medici Cattolici – hanno costituito da diversi mesi un tavolo di lavoro e costituito il comitato Sì alla famiglia.
Il manifesto del comitato sarà presentato domenica 1º dicembre al Centro Incontri della Regione Piemonte (Corso Stati Uniti 23, Torino, inizio ore 15.45) con la partecipazione di dirigenti nazionali di associazioni cattoliche, esperti – tra cui il magistrato ed ex sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano, e il docente di diritto penale ed ex membro del Consiglio Superiore della Magistratura Mauro Ronco, il giornalista Riccardo Cascioli e i parlamentari Lucio Malan (Forza Italia), Alessandro Pagano (Nuovo Centrodestra) e Gianluigi Gigli (Scelta Civica). «Nessuna preclusione ad altre forze politiche – spiegano gli organizzatori – avevamo invitato anche l’onorevole Luigi Bobba del PD ma ha rinunciato per sopraggiunti impegni».
Il manifesto, spiega in un comunicato il sociologo Massimo Introvigne, coordinatore del Comitato, «nasce com’è normale tra cattolici da una riflessione sul Magistero della Chiesa. Ci siamo lasciati interrogare dagli interventi di Papa Francesco e abbiamo seguito il suo consiglio di avere sempre come punto di riferimento il Catechismo della Chiesa Cattolica».
«La frase del Papa “Chi sono io per giudicare gli omosessuali?” ci ha profondamente impressionato e ci ha condotto a partire nel manifesto da quanto insegna il Catechismo: le persone omosessuali “devono essere accolte con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”». «Abbiamo declinato questo invito in quattro ambiti: l’omofobia, chiedendo l’applicazione severa delle leggi che vietano di offendere, minacciare e picchiare le persone omosessuali, con l’applicazione di aggravanti quando gli omosessuali sono colpiti per odio alla loro condizione; l’educazione contro il bullismo che colpisce chi è “diverso” nelle scuole; l’accoglienza delle persone omosessuali nella società e nella Chiesa; e l’accoglienza di tutti i bambini, con chiunque si trovino a vivere».
«Lo stesso Papa Francesco – prosegue Introvigne nella nota – ci spiega però che ogni “sì” contiene logicamente anche dei “no”, e nella recentissima esortazione apostolica “Evangelii gaudium” rivendica con forza il diritto dei cattolici di intervenire come cittadini e giudicare le leggi, esprimendosi a favore o contro. Chi siamo noi per giudicare le persone? E chi siamo noi per non giudicare le leggi, sottraendoci alla nostra responsabilità di cristiani e cittadini?». Gli organizzatori ricordano che lo stesso Catechismo cattolico, che ha parole così forti sul dovere di accogliere senza giudicarle le persone omosessuali, spiega che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» e «in nessun caso possono essere approvati» o fondare riconoscimenti giuridici.
Il manifesto, favorevole a colpire in modo esemplare le violenze, minacce e insulti agli omosessuali, è invece contrario a norme sull’omofobia che creino «reati di opinione» e puniscano con la reclusione chi semplicemente propugna idee considerate discriminatorie, così minacciando la libertà religiosa di tutte quelle confessioni – non solo la cattolica, e compreso l’islam – che considerano gli atti omosessuali disordinati.
«Certo – afferma il sociologo – se omofobia significa insultare e minacciare, allora l’omofobia non è libertà di opinione. Ma affermare che gli atti omosessuali sono “intrinsecamente disordinati”, come fa il Catechismo, potrà essere contrastato sul piano delle idee, ma non dovrebbe portare nessuno in prigione». E il manifesto – spiega Introvigne – è contrario anche al “matrimonio” omosessuale «perché il matrimonio, per sua natura, è solo quello tra un uomo e una donna» e anche al riconoscimento di «unioni civili» «perché nei Paesi europei che le hanno introdotte sono sempre state non l’alternativa ma l’apripista per passare dopo qualche anno al “matrimonio” omosessuale. Perché mai l’Italia dovrebbe essere diversa?».
Sulle adozioni da parte di omosessuali, «vogliamo essere molto chiari – conclude Introvigne -: non abbiamo mai detto che i bambini adottati da coppie dello stesso sesso corrano maggiori rischi di violenze, maltrattamenti e disturbi rispetto ad altri bambini adottati. E non mettiamo in dubbio la convinzione sincera di persone omosessuali di poter essere buoni genitori. Il problema è un altro, e lo sollevava il cardinale Bergoglio in una lettera del 2010 ai laici argentini in occasione dell’approvazione di una legge che introduceva il “matrimonio” e le adozioni omosessuali nel suo Paese. Per crescere con l’indispensabile consapevolezza di quanto bella e ricca sia la differenza fra l’uomo e la donna, ogni bambino ha bisogno di un papà e di una mamma. Non si tratta di pregiudizi, ma di una visione antropologica diversa da altre e cui i cattolici sono molto affezionati, che ovviamente ha conseguenze anche sul piano educativo».