Anche l'Etiopia teatro di scontri tra cristiani e musulmani

Incerto il bilancio dei morti, edifici e luoghi di culto cristiani dati alle fiamme

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di Paul De Maeyer

ROMA, venerdì, 11 marzo 2011 (ZENIT.org).- Anche dall’Etiopia giungono notizie di un’ondata di violenza interreligiosa. Come ha riferito il sito Compass Direct News (CDN, 7 marzo), l’epicentro dei pesanti scontri fra musulmani e cristiani è la città centro-occidentale di Asendabo, nei pressi di Gimma (o Jimma, capoluogo dell’ex provincia di Kaffa), nella più grande e popolosa regione del Paese del Corno d’Africa, Oromia (o Oromya).

Un bilancio molto provvisorio parla di almeno due cristiani uccisi. Lo ha confermato a Voice of America (8 marzo) il portavoce del governo etiope, Shimelis Kemal. Una delle vittime sarebbe un credente della Chiesa ortodossa etiope (che si definisce “Tewahedo” o miafisita), la cui figlia appartiene alla Chiesa Evangelica Etiope Mekane Yesus (di tradizione luterana). “È difficile fare delle stime in termini di decessi, dato che non abbiamo accesso a nessun posto”, ha detto una fonte a Compass. I danni materiali sono molto pesanti: decine di edifici e di luoghi di culto cristiani, fra cui anche alcune scuole bibliche, e case sono state date alle fiamme. La violenza ha provocato inoltre alcune migliaia di sfollati.

Mentre più della metà della popolazione dell’Etiopia è cristiana (secondo l’ultimo censimento, del 2007, il 44% degli abitanti appartiene alla Chiesa ortodossa etiope e il 19% alle varie denominazioni evangeliche e pentecostali), la zona di Asendabo e Gimma è a maggioranza islamica e da tempo teatro di rivalità tra le due comunità. Secondo una fonte di Compass, gli attacchi contro le chiese sono diventati all’ordine del giorno nelle zone a maggioranza musulmana dell’Etiopia, come appunto Gimma o anche Giggiga (o Jijiga), la regione somala nell’est del Paese, dove vige la legge islamica o sharia.

La scintilla che ha fatto scoppiare il 2 marzo scorso l’ondata di violenza è stata una notizia – non confermata – di una presunta profanazione del Corano. Un cristiano avrebbe strappato una copia del libro sacro dell’islam.

Secondo le informazioni raccolte da Compass, dopo i primi scontri avvenuti ad Asendabo la violenza si è propagata a macchia d’olio ad altri centri della zona, come Chiltie, Gilgel Gibe, Busa e Koticha. Migliaia di musulmani hanno dato l’assalto a decine di obiettivi cristiani. Dei 59 luoghi di culto distrutti ed incendiati dalle folle, ben 38 appartengono alla Ethiopian Kale Hiwot Church (EKHC, l’equivalente etiope della Chiesa battista), 12 alla Mekane Yesus e 6 alla Chiesa Avventista del Settimo Giorno.

Secondo quanto riportato da Compass, alcuni capi evangelici hanno riferito gli episodi alle autorità che finora non hanno fatto nulla per fermare l’ondata, che potrebbe raggiungere Gimma, che con i suoi circa 160.000 abitanti è il più grande centro urbano dell’Etiopia occidentale. Secondo alcune testimonianze, le forze dell’ordine non sarebbero intervenute, nonostante le richieste di protezione da parte della comunità cristiana.

L’inazione o incapacità da parte del governo etiope di fermare la violenza è stata fortemente criticata dall’organizzazione International Christian Concern (ICC). “I pubblici ufficiali etiopi hanno la responsabilità di proteggere i loro cittadini dagli attacchi. È uno scandalo e una violazione del loro obbligo contemplato nel diritto internazionale dei diritti umani che il governo lasci i musulmani uccidere i cristiani e distruggere le loro proprietà”, ha detto Jonathan Racho, responsabile regionale per l’Africa dell’ICC (4 marzo).

A respingere l’accusa è stato lo stesso portavoce del governo centrale di Addis Abeba, Shimelis, che sempre a Voice of America ha annunciato l’arresto di 130 “estremisti” sospettati di aver fomentato l’odio religioso e la violenza.

La nuova ondata di violenza settaria coincide con i gravi combattimenti in corso al confine tra Kenya, Etiopia e Somalia, dove le forze del debole governo transitorio della Somalia cercano di cacciare con l’appoggio attivo dell’esercito etiope i miliziani del movimento islamista di Al-Shabaab dalla città di Bulahawo, nei pressi della città keniana di Mandera. Il capo della famigerata milizia estremista, sostenuta dall’Iran, Sheikh Mahad Omar Abdikarim, ha lanciato d’altronde la settimana scorsa un appello ai musulmani “oppressi” in Kenya e in Etiopia di insorgere contro i loro rispettivi governi e di “liberarsi” dal dominio cristiano (Africa Review, 4 marzo).

Il fondamentalismo islamico è d’altronde in crescita in Etiopia. Il 18 novembre scorso, un cristiano di Moyale (città della regione Oromia, sul confine con il Kenya) – Tamirat Woldegorgis, membro della Full Gospel Church – era stato condannato ad una pena di tre anni di prigione per aver dissacrato il Corano ed era stato trasferito in un carcere a Giggiga. Un collega musulmano aveva accusato l’uomo, che di mestiere faceva il sarto ed era stato arrestato ad agosto, di aver scritto “Gesù è il Signore” su un pezzo di stoffa e in un esemplare del Corano, accuse d’altronde mai comprovate dai fatti, come ha sottolineato Compass Direct News (29 novembre 2010).

Sono stati, inoltre, condannati al pagamento di una multa anche due amici di Woldegorgis per aver sostenuto un criminale che aveva dissacrato il Corano ed insultato l’islam. La loro colpa: avevano visitato lo sfortunato sarto in carcere e gli avevano procurato del cibo.

Sempre a Giggiga era stato arrestato dalla polizia ed incarcerato il 23 maggio del 2009 un noto convertito dall’islam al cristianesimo, Bashir Musa Ahmed, perché in possesso di otto esemplari della Bibbia. Nonostante la libertà di religione sia garantita dalla Costituzione etiope e si trattasse di un’edizione della Bibbia molto diffusa nella regione somala del Paese, l’accusa mossa nei confronti di Ahmed è stata di distribuzione di letteratura religiosa con intenti “maliziosi” (CDN, 18 febbraio 2010).

L’attività o zelo dei predicatori evangelici sembra infastidire non solo la comunità musulmana, ma anche la Chiesa ortodossa locale. Il 27 gennaio 2010, due edifici appartenenti rispettivamente alla Brethren Church e alla Mekane Yesus Church sono stati assaltati da gruppi di fedeli ortodossi nella località di Olenkomi, a circa 65 km ad ovest della capitale Addis Abeba, sempre nella regione Oromia (CDN, 15 aprile 2010). Nell’attacco un predicatore in visita nella cittadina, Abera Ongeremu, era rimasto gravemente ferito. All’origine del doppio attacco c’era stato un incendio di natura accidentale che aveva distrutto una chiesa ortodossa. Malvisto nella zona a predominanza ortodossa è anche il fatto che molti insegnanti della scuola secondaria di Olenkomi sono di fede evangelica.

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ZENIT Staff

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