Con queste parole si conclude il messaggio agli Armeni che papa Francesco ha consegnato S.S. Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni; S.S. Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia; S.B. Nerses Bedros XIX Tarmouni, Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici e S.E. il Signor Ser Sargsyan, Presidente della Repubblica di Armenia, al termine della messa celebrata stamane nella Basiclica di san Pietro a Roma.
“Si tratta – ha scritto il Pontefice – di popoli che, in passato, nonostante contrasti e tensioni, hanno vissuto lunghi periodi di pacifica convivenza, e persino nel turbine delle violenze hanno visto casi di solidarietà e di aiuto reciproco. Solo con questo spirito le nuove generazioni possono aprirsi a un futuro migliore e il sacrificio di molti può diventare seme di giustizia e di pace”.
Il messaggio del Santo Padre è stato consegnato in occasione del “martirio” degli armeni che si svolse nel 1915 e la proclamazione stamane a “Dottore della Chiesa” di san Gregorio di Narek, un poeta, monaco, teologo e filosofo mistico armeno vissuto tra il 951 ed il 1003.
Il Vescovo di Roma ha ricordato che è passato un secolo da quell’orribile massacro “Metz Yeghern”, il “Grande Male”, che fu un vero martirio nel quale molti innocenti morirono da confessori e martiri per il nome di Cristo, tanto che “non vi è famiglia armena ancora oggi che non abbia perduto in quell’evento qualcuno dei suoi cari”.
La vocazione cristiana dell’Armenia risale al 301, anno in cui san Gregorio l’Illuminatore la guidò alla conversione e al battesimo, si tratta della prima nazione che nel corso dei secoli ha abbracciato il cristianesimo.
La fede cristiana ed il martirio hanno segnato la storia dell’Armenia.
Martiri armeni si contano già nel quinto secolo con il sacrificio di san Vardan e dei suoi compagni.
A questo proposito papa Francesco ha ricordato quello che viene definito come “il primo genocidio del XX secolo”.
Papa Benedetto XV, che condannò come «inutile strage» la Prima Guerra Mondiale, scrisse il 10 settembre 1915 al sultano Maometto V, implorando che fossero risparmiati tanti innocenti.
Fu lo stesso pontefice che nel Concistoro Segreto del 6 dicembre 1915, affermò con vibrante sgomento: “Miserrima Armenorum gens ad interitum prope ducitur”.
Secondo Papa Francesco è doveroso fare memoria di quanto accaduto non solo per il popolo armeno e per la Chiesa universale, ma per l’intera famiglia umana, perché “il monito che viene da questa tragedia ci liberi dal ricadere in simili orrori, che offendono Dio e la dignità umana”.
Il Papa ha quindi reso omaggio a san Gregorio di Narek, indicato come “formidabile interprete dell’animo umano” che ha saputo dare “voce al grido, che diventa preghiera, di un’umanità dolente e peccatrice”.
“Ricordati, [Signore,] … – ha scritto il santo monaco – di quelli che nella stirpe umana sono nostri nemici, ma per il loro bene: compi in loro perdono e misericordia (…) Non sterminare coloro che mi mordono: trasformali! Estirpa la viziosa condotta terrena e radica quella buona in me e in loro”.
Ed ancora, ha scritto san Gregorio di Narek, “In virtù della sua potenza, io credo con una speranza che non tentenna, in sicura attesa, rifugiandomi nelle mani del Potente … di vedere Lui stesso, nella sua misericordia e tenerezza e nell’eredità dei Cieli.”
“Per noi cristiani, – conclude il messaggio del Papa – questo sia soprattutto un tempo forte di preghiera, affinché il sangue versato, per la forza redentrice del sacrificio di Cristo, operi il prodigio della piena unità tra i suoi discepoli. In particolare rinsaldi i legami di fraterna amicizia che già uniscono la Chiesa Cattolica e la Chiesa Armena Apostolica”.