“La persecuzione dei cristiani a livello globale: una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale” è il tema della importante conferenza internazionale svoltasi ieri al Palazzo di Vetro di New York. Tra i partecipanti era presente anche la Santa Sede attraverso l’Osservatore permanente vaticano all’Onu, mons. Bernardito Auza.
Nel suo intervento – riportato dalla Radio Vaticana – il presule ha ricordato gli accorati appelli di Papa Francesco alla comunità internazionale perché “non resti muta e impassibile” davanti a crimini così inaccettabili. In particolare il pensiero è andato a zone del mondo come Iraq, Siria, Nigeria, Libia, Kenya e nelle regioni del subcontinente asiatico, dove “la terra è stata letteralmente intrisa di sangue”, ha detto Auza.
“Abbiamo visto immagini barbare di cristiani copti decapitati in Libia; chiese piene di gente saltare in aria durante le celebrazioni liturgiche in Iraq, Nigeria e Pakistan; antiche comunità cristiane cacciate dalle loro case nella Piana di Ninive; studenti cristiani giustiziati in Kenya”, ha sottolineato il presule. “Migliaia di persone in tutto il mondo – ha soggiunto – sono perseguitate, private dei loro diritti umani fondamentali, discriminate e uccise semplicemente perché sono credenti. Sappiamo che questi attacchi contro persone di fede non accadono solo ai cristiani”, ma anche ad altri musulmani e minoranze etniche, come gli yazidi, soprattutto in seguito alle violenze dei miliziani del sedicente Stato islamico”.
C’è tuttavia un fatto incontrovertibile, ha sottolineato il presule: “In molte parti del mondo, i cristiani sono presi di mira in modo specifico”. Lo evidenzia chiaramente il rapporto 2014 del Pew Research Center, rivelando che gli attacchi alle persone di fede sono compiuti di più contro i cristiani che contro qualsiasi altro gruppo religioso. Ancor più nel dettaglio, tra il 2006 e il 2012, i cristiani sono colpiti da persecuzioni o discriminazioni in 151 dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite. E oggi “tra 100 e 150 milioni di cristiani sono perseguitati nel mondo”.
“Ciò – ha rimarcato con forza il delegato vaticano – indica un fallimento collettivo di questa organizzazione internazionale” che è l’Onu, il cui obiettivo primario “è quello di risparmiare popoli e nazioni dal flagello della violenza e delle aggressioni ingiuste”.
Inoltre, “le persecuzioni religiose non solo sono diffuse, ma anche in aumento”. Così, “la libertà religiosa a livello globale è entrata in un periodo di grave declino negli ultimi tre anni”. “In Medio Oriente, in particolare – ha evidenziato mons. Auza – i cristiani sono stati specificamente presi di mira, uccisi o costretti a fuggire dalle loro case e paesi. Solo 25 anni fa, c’erano quasi due milioni di cristiani in Iraq; le stime più recenti dicono che sono oggi meno di un quarto di quella cifra. Qui, i cristiani, hanno un profondo senso di abbandono”.
“La scomparsa di queste comunità del Medio Oriente – ha detto ancora il vescovo – non solo sarebbe una tragedia religiosa, ma la perdita di un ricco patrimonio religioso-culturale che tanto ha contribuito alle società a cui appartengono. Per 2.000 anni, i cristiani hanno chiamato ‘casa’ il Medio Oriente; anzi, come tutti sappiamo, il Medio Oriente è la culla del cristianesimo”.
Oggi, “queste antiche comunità cristiane della regione, soprattutto quelle che ancora parlano l’aramaico, la lingua di Gesù Cristo, sono tra quelle a rischio di estinzione”. Non a caso Papa Francesco “ha ripetutamente affermato che non possiamo rassegnarci a pensare ad un Medio Oriente senza cristiani. La loro esistenza ininterrotta nella regione è la testimonianza di molti secoli di convivenza, fianco a fianco con i musulmani e altre comunità religiose ed etniche. Il mondo intero ha un grande interesse nel preservare tale convivenza e tutti dobbiamo unirci per impedire l’espulsione dei cristiani prima che sia troppo tardi”.
In chiusura, l’Osservatore permanente ha ricordato che il mese scorso al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite di Ginevra, 65 Paesi hanno firmato una dichiarazione, redatta da Libano, Russia e Santa Sede, per sostenere i diritti umani dei cristiani e di altre comunità, in particolare in Medio Oriente. “La prima volta in cui si è fatta menzione esplicita della categoria dei cristiani al Consiglio per i diritti umani”, ha detto.
Ha quindi lanciato l’appello ad agire prima che sia “troppo tardi”, perché “i cristiani perseguitati in tutto il mondo … contano su di noi e chiedono sempre maggiori sforzi da parte nostra per risparmiarli dalla persecuzione. La loro stessa sopravvivenza potrebbe dipendere dalla nostra solidarietà”. Quindi, ha esortato, “preghiamo affinché possiamo essere in grado insieme di aprire gli occhi del mondo su quello che sta succedendo”.