Alle radici della pace

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 12 dicembre 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’editoriale apparso su “L’Osservatore Romano” del 12 dicembre a commento del messaggio di Benedetto XVI per la 41a Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2008 sul tema “Famiglia umana, comunità di pace“.

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Sotto il segno della speranza. In questa chiave aperta a una fiducia ottimista – ma non per questo ignara dei problemi – Benedetto XVI invita a leggere il messaggio che ha preparato per la giornata mondiale della pace e che si rivolge esplicitamente “agli uomini e alle donne di tutto il mondo”. Il suo titolo – “Famiglia umana, comunità di pace” – risuona con efficace semplicità e il suo contenuto va alle radici di quanto sognano appunto tante donne e tanti uomini del nostro tempo. Sì, perché alle radici della pace c’è la famiglia, che nasce dall’amore tra un uomo e una donna, “prima forma di comunione tra persone”. E il modello della famiglia è quello che, secondo il vescovo di Roma, deve ispirare i rapporti “di solidarietà e di collaborazione” anche nell’unica “famiglia umana” a cui sono chiamati i popoli della terra.

Il parallelismo tra famiglia naturale e famiglia umana percorre tutto il testo papale. È infatti nella famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna che “si fa esperienza di alcune componenti fondamentali della pace”: giustizia e amore, ma anche l’autorità esercitata dai genitori, il servizio e l’aiuto a chi ne ha bisogno, fino all’accoglienza e al perdono. In una espressione, “il lessico familiare è un lessico di pace”. Per questo non si deve mai perdere di vista “quella “grammatica” che ogni bimbo apprende dai gesti e dagli sguardi della mamma e del papà, prima ancora che dalle loro parole”. Come a sottolineare l’importanza dei gesti concreti, dopo quella delle affermazioni di principio, anche nei rapporti internazionali.

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L’argomentare di Benedetto XVI è pure in questo messaggio per la giornata mondiale della pace pacato e ragionevole, quindi comprensibile e condivisibile anche al di là dei confini del cattolicesimo, delle confessioni cristiane e addirittura dei diversi mondi religiosi. Lo dimostrano il richiamo insistito da parte del Papa alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) – a cui si arrivò nel 1948 e di cui si sta dunque per celebrare il sessantesimo anniversario – e soprattutto il riferimento alla legge naturale, “iscritta nel cuore dell’essere umano e a lui manifestata dalla ragione”.

Il riconoscimento dei diritti della famiglia in quanto “nucleo naturale e fondamentale della società” presente nella dichiarazione dell’Onu (come anche nella Carta dei diritti della famiglia pubblicata dalla Santa Sede nel 1983) ha una conseguenza logica evidente: “La negazione o anche la restrizione dei diritti della famiglia, oscurando la verità sull’uomo, minaccia gli stessi fondamenti della pace“. La famiglia, secondo Benedetto XVI, va dunque protetta con misure concrete perché è una risorsa di pace.

Così come con misure concrete bisogna proteggere la famiglia umana: a cominciare dalla sua casa, che è l’ambiente naturale. Senza divinizzare la natura, s’intende: considerando per esempio più importante dello stesso essere umano “la natura materiale o animale”. Al contrario, senza dimenticare i poveri e procedendo con prudenza davvero scientifica, bisogna rafforzare una vera e propria “alleanza tra essere umano e ambiente”. Non solo a parole, ma puntando a un utilizzo delle risorse energetiche che ridimensioni i folli livelli del consumo caratteristici delle società opulente. E altrettanto bisogna incidere sull’economia che deve mirare a un “bene comune” mondiale.

Criterio generale – ripete ancora una volta il Papa, con fiduciosa speranza, tanto ai credenti quanto ai non credenti – è “la norma morale basata sulla natura delle cose, che la ragione umana è capace di discernere”. Benedetto XVI va al cuore del problema: il fondamento morale naturale di questa “legge morale comune” è ciò che permette, “al di là delle differenze culturali”, la comprensione tra esseri umani a proposito degli “aspetti più importanti del bene e del male”. Anche se tutto questo è presente negli accordi internazionali in modo frammentario “e non sempre coerente”. Lo sguardo del Papa non deriva da un ottimismo cieco di fronte a divisioni, conflitti e atti efferati, come l’ultimo spaventoso attentato che ha insanguinato Algeri. Prova di questo sguardo realistico agli ostacoli che impediscono la pace è la sua richiesta di accordi concreti per un’efficace smilitarizzazione e per lo smantellamento delle armi nucleari che distolgono enormi risorse indispensabili ai bisogni sempre più urgenti di tanti esseri umani. Che tutti fanno parte di un’unica famiglia.

g.m.v.

(©L’Osservatore Romano – 12 dicembre 2007)

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ZENIT Staff

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