La guerra lacera. La guerra lascia un “segno indelebile”. La guerra “sfigura i legami tra fratelli, tra nazioni”. La guerra provoca “dolore e sofferenze” in chi la subisce e in chi la subisce. La guerra, insomma, va assolutamente abolita. È netto Papa Francesco nell’udienza ai Cappellani Militari – riuniti a Roma per un Corso di Diritto Internazionale Umanitario, promosso dal Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace” – nel stigmatizzare questo male che, con la sua brutalità, sconvolge per sempre luoghi e persone. Le persone che vi assistono, ma soprattutto quelle che vi partecipano attivamente.
Come i militari, che tornano traumatizzati da questa terribile esperienza con delle “ferite interiori” difficilmente rimarginabili. “Spesso – dice il Pontefice – ho potuto ascoltare, nei racconti di tanti vescovi, delle ferite indelebili con cui tornano i soldati partiti per fare la guerra”. Esorta quindi i cappellani militari a cercare “le modalità adeguate per curare le ferite spirituali dei militari che, avendo vissuto l’esperienza della guerra, hanno assistito a crimini atroci”. Oltre a loro anche le diverse famiglie “richiedono un’attenzione pastorale specifica, una sollecitudine che faccia sentire loro la vicinanza materna della Chiesa”.
Ruolo del cappellano militare è infatti “quello di accompagnarli e sostenerli nel loro cammino, essendo per tutti presenza consolante e fraterna”, rimarca il Papa. “Voi – aggiunge – potete versare sulle ferite di queste persone il balsamo della Parola di Dio che lenisce i dolori e infonde speranza; e potete offrire loro la grazia dell’Eucaristia e della Riconciliazione, che nutre e rigenera l’anima afflitta”.
“Il diritto umanitario si propone di salvaguardare i principi essenziali di umanità in un contesto, quello della guerra, che è in sé stesso disumanizzante”, sottolinea poi il Papa. Esso è volto a “proteggere” coloro che non partecipano al conflitto, come la popolazione civile o il personale sanitario e religioso, e coloro che non vi partecipano più attivamente, come i feriti e i prigionieri. Al tempo stesso, “tende a bandire le armi che infliggono sofferenze atroci quanto inutili ai combattenti, nonché danni particolarmente gravi all’ambiente naturale e culturale.”
Pertanto tale diritto “merita di essere diffuso e promosso tra tutti i militari e le forze armate, incluse quelle non statali, come pure tra il personale di sicurezza e di polizia”, rileva Francesco. Ma avverte: ciò non deve abituarci all’idea che la guerra sia inevitabile. “Come cristiani – afferma infatti – restiamo profondamente convinti che lo scopo ultimo, il più degno della persona e della comunità umana, è l’abolizione della guerra”.
Pertanto bisogna impegnarsi “a costruire ponti che uniscono e non muri che separano”; a “cercare uno spiraglio per la mediazione e la riconciliazione” e non cedere mai “alla tentazione di considerare l’altro solamente come un nemico da distruggere, ma piuttosto come una persona, dotata di intrinseca dignità, creata da Dio a sua immagine”.
“Anche nel mezzo della lacerazione della guerra, non dobbiamo mai stancarci di ricordare che ciascuno è immensamente sacro”, esorta il Pontefice. Soprattutto in questo momento in cui “stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi”, ribadisce, che vede “l’intensificarsi della violenza e il moltiplicarsi dei teatri di guerra in diverse aree del mondo, come l’Africa, l’Europa ed il Medio Oriente”, i cappellani sono chiamati “ad alimentare nei militari e nelle loro famiglie la dimensione spirituale ed etica, che li aiuti ad affrontare le difficoltà e gli interrogativi spesso laceranti insiti in questo peculiare servizio alla Patria e all’umanità”.
Ma per svolgere tale compito i cappellani “devono pregare”, perché “senza preghiera – ammonisce il Santo Padre a braccio – non si può fare tutto quello che l’umanità, la Chiesa e Dio ci chiede in questo momento”. “Quanto tempo al giorno do alla preghiera?” è dunque la domanda da porre a se stessi e agli altri. “La risposta – assicura il Papa – farà bene a tutti”.