È una storia che viene da lontano e oggi rimette al centro la misericordia di Dio e quella dell’uomo. Ma, a lungo, è stata anche una storia che ha visto pietà popolare e trionfalismi barocchi, creato spaccature e provato a sanarle, segnando nei secoli le vicende dell’Urbe, il suo volto sacro e profano, le sue devozioni e istituzioni. È la storia dei giubilei: iniziata nel Trecento, come risposta di Bonifacio VIII alla richiesta del popolo romano di una «pienissima remissione dei peccati», arriva sino ai nostri giorni. Alle origini, è come se fosse stato il popolo – nell’eco di dottrine millenaristiche, scrutando i segni del perdono – a rivendicare il giubileo cristiano, credendo in quelle indulgenze che poi la Chiesa ha codificato.
Un’alba misteriosa quella della “nuova perdonanza” svelata per la prima volta dal manoscritto di un cardinale, Jacopo Stefaneschi. Dopo di lui i Giubilei sono stati raccontati da generazioni di cronisti,celebrati dai poeti, studiati da teologi e trattatisti, presi come pretesto e scenario di racconti. Fiumi d’ inchiostri versati da scrittori, celebri o meno noti che, in prosa o in versi, si sono ispirati agli “<em style=”line-height:1.6″>anni del Perdono”, raccontando gli anni santi del loro tempo, e, talvolta, le loro esperienze dirette di romei. Per esaltare l’appuntamento con la salvezza o negarne il significato, in rima o in prosa, secondo differenti prospettive e sensibilità. Insomma – accanto all’arte, all’architettura, alla musica, al teatro – anche la letteratura ha partecipato all’evento giubilare. Sino ai nostri giorni. Ne rende conto Marco Roncalli nelle pagine del suo nuovo libro “Giubileo d’autore. Da Dante a Pasolini: Gli anni santi degli scrittori” .
Dopo un saggio introduttivo l’autore inizia dai giubilei del Basso Medioevo (quelli di Jacopone, Dante, del Petrarca e… della peste) sino al Rinascimento (affollato di umanisti e non solo cronisti), fruga tra lettere di mercanti e diari di curia ricchi di dettagli sui simboli giubilari, come la Porta santa; sosta poi sugli anni santi succedutisi dalla Riforma protestante al Concilio di Trento (dove s’incontrano il Berni, il Tasso, il Guarini…); passa dagli appuntamenti giubilari del periodo Barocco (quelli delMarino, del Chiabrera, di Tommaso da Olera, di Calderón,ma pure di Cartesio e degli oratoriani…) a quelli del Secolo dei Lumi (imbattendosi nelFilicaia, nel Sergardi, nel Goldoni…); supera le ventate anticlericali nell’’800 con i suoi due soli anni santi (ascoltando le voci del Belli, delD’Azeglio, del Guerrazzi,.. ma troviamo anche il Manzoni e Rosmini); arriva ai giubilei del ’900 (con il Pascoli e Oscar Wilde, Rebora e Graham Greene, Max Jacob e Paul Claudel, Mazzolari e Milani, Papini e Pasolini, Guitton, Pomilio, Luzi, Loi, De Luca…).
Presenze scontate, ma anche inattese, se non sorprendenti e in ogni tempo. Perché si incrociano anche esperienze o testi giubilari di Brigida di Svezia e Edith Stein,Copernico e Cristoforo Colombo, Trilussa e Salvemini, Machiavelli o Gadda. Senza dimenticare, sullo sfondo tante figure di santi e pontefici (talvolta dalla buona penna), e con ampio risalto ai giubilei del Novecento, il periodo più secolarizzato della storia della Chiesa, ma con il maggior numero di anni santi: il giubileo di Leone XIII; i tre giubilei, uno ordinario e due straordinari di Pio XI ; quello di Pio XII nel 1950 con le ferite del conflitto mondiale ancora aperte e quello di Paolo VI, in pieno clima postconciliare; l’anno santo straordinario del 1983 e il Grande Giubileo del 2000 con Giovanni Paolo II che ha traghettato la Chiesa nel nuovo millennio. Sino alla “nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua missione di portare ad ogni persona il Vangelo della misericordia”, voluta da papa Francesco, che ha sorpreso tutti ricorrendo a uno strumento ben collaudato e rinnovandolo.
Con i “suoi” missionari della misericordia, le “sue” Porte della misericordia, cominciando dalla prima ad essere indicata come “varco”: quella della cattedrale di Bangui nella Repubblica Centrafricana ,sino a quelle delle carceri (dove la porta di ogni cella si trasformerà in Porta Santa, secondo il Papa, se i detenuti vi passeranno «rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre»). Insomma un nuovo Giubileo per rispondere a quanti cercano un senso alla vita, bisognosi di un volto. E non a caso Marco Roncalli ricorda qui le parole di Jorge Luis Borges, che pur confessando di “non vedere” personalmente il volto di Cristo nella sua vita, aggiungeva: “Insisterò a cercarlo fino al giorno dei miei ultimi passi sulla terra”.Nella Misericordiae vultus papa Francesco non fa altro che assegnare alla Chiesa il compito di “introdurre tutti nel grande mistero della misericordia di Dio, contemplando il volto di Cristo […] in un momento come il nostro colmo di grandi speranze e forti contraddizioni”. Le stesse che hanno espresso molte pagine nate da questo libro.