“Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti!”. È l’ennesima, sferzante, denuncia che Papa Francesco esprime contro una delle piaghe della società odierna: la disoccupazione. Specie quella giovanile. “Quanti giovani oggi sono vittime della disoccupazione!” esclama nell’udienza di stamane ai gruppi del Progetto Policoro, “quanti di loro hanno ormai smesso di cercare lavoro, rassegnati a continui rifiuti o all’indifferenza di una società che premia i soliti privilegiati – benché siano corrotti – e impedisce a chi merita di affermarsi”.
Proprio questa iniziativa della CEI sin dalla sua nascita 20 anni fa, dopo il Convegno ecclesiale di Palermo, si impegna a “individuare risposte all’interrogativo esistenziale di tanti giovani che rischiano di passare dalla disoccupazione del lavoro alla disoccupazione della vita”.
Da subito “nel suo tentativo di coniugare il Vangelo con la concretezza della vita”, il Progetto Policoro rappresentò “una grande iniziativa di promozione giovanile, una vera occasione di sviluppo locale a dimensione nazionale”, rammenta Francesco. “Le sue idee-forza ne hanno segnato il successo: la formazione dei giovani, il lancio di cooperative, la creazione di figure di mediazione come gli ‘animatori di comunità’”, oltre ad una lunga serie di “gesti concreti” che hanno dimostrato “come la qualità del lavoro ‘libero, creativo, partecipativo e solidale’ esprima e faccia crescere sempre la dignità della stessa vita umana”.
“Non perdiamo di vista l’urgenza di riaffermare questa dignità!”, rimarca il Pontefice, “essa è propria di tutti e di ciascuno. Ogni lavoratore ha il diritto di vederla tutelata, e in particolare i giovani devono poter coltivare la fiducia che i loro sforzi, il loro entusiasmo, l’investimento delle loro energie e delle loro risorse non saranno inutili”. Per tutti costoro “che non si sono rassegnati, ma hanno deciso di impegnarsi con coraggio per creare o migliorare le proprie possibilità lavorative” i gruppi del Progetto Policoro rappresentano “un segno concreto di speranza”.
L’invito del Papa è quindi a continuare a promuovere iniziative di coinvolgimento giovanile “in forma comunitaria e partecipata”, perché “spesso dietro a un progetto di lavoro c’è tanta solitudine”. “A volte i nostri giovani si trovano a dover affrontare mille difficoltà e senza alcun aiuto”, dice infatti Bergoglio. Pure le stesse famiglie che offrono spesso un aiuto economico, “non possono fare tanto, e molti sono costretti a rinunciare, scoraggiati”.
È proprio in quest’ambito che il progetto Cei può e deve intervenire in modo da “sostenere le nuove energie spese per il lavoro; promuovere uno stile di creatività che ponga menti e braccia attorno a uno stesso tavolo; pensare insieme, progettare insieme, ricevere e dare aiuto: sono queste le forme più efficaci per esprimere la solidarietà come dono”. “Qui voi – aggiunge il Papa a braccio – potete entrare con la vostra testimonianza, corpo a corpo con chi ha bisogno di coraggio, di sostegno. Sostenere le nuove energie spese per il lavoro; promuovere uno stile di creatività che ponga menti e braccia attorno a uno stesso tavolo; pensare insieme, progettare insieme, ricevere insieme e dare aiuto: sono queste le forme più efficaci per esprimere la solidarietà come dono. E qui c’entra, la Chiesa, perché è Madre di tutti! La Chiesa accomuna tutti al tavolo”.
In particolare Papa Francesco chiede “di sviluppare progetti a misura d’uomo”, cioè “rispettosi della dignità di chi li realizza e di chi ne beneficia” e “che sappiano dare il giusto valore allo sforzo profuso, ma anche al meritato riposo”. Insomma “progetti concreti per esigenze concrete”. Solo così i giovani possono riscoprire la “vocazione” al lavoro, ovvero “il senso alto di un impegno che va anche oltre il suo risultato economico, per diventare edificazione del mondo, della società, della vita”.
Una visione che richiama la vera “idea del lavoro come ‘realizzazione’ della persona” che – rileva il Pontefice – spesso è filtrata o “confusa con un certo modello di ricchezza e di benessere che spinge a ritmi disumani”. Non deve essere così: “è meglio educare le giovani generazioni a cercare la giusta misura”, afferma il Papa. E la scuola del Vangelo è la via giusta affinché “la nostra vita non ci sfugga dalle mani inseguendo gli idoli di un falso benessere”.
Il compito del Progetto Policoro, pertanto, non è solo aiutare i giovani a trovare un’occupazione, ma anche “una responsabilità di evangelizzazione, attraverso il valore santificante del lavoro”. “Non di un lavoro qualunque, però!”, precisa Francesco, “non del lavoro che sfrutta, che schiaccia, che umilia, che mortifica, ma del lavoro che rende l’uomo veramente libero, secondo la sua nobile dignità”.
Infine una spontanea ammissione: “Il vostro lavoro io l’ho molto a cuore perché soffro quando vedo tanta gioventù senza lavoro, disoccupata. Pensate che qui in Italia, dai 25 anni in giù quasi il 40% di giovani disoccupati! Cosa fa un giovane, senza lavoro? Si ammala e deve andare dallo psichiatra, o cade nelle dipendenze o si suicida – le statistiche dei suicidi giovanili non sono pubblicate, ma si trovano escamotage per non pubblicarle – o cerca qualcosa che gli dia un ideale e fa il guerrigliero”.
“Pensate – aggiunge il Papa ancora a braccio – questi giovani sono la nostra carne, sono la carne di Cristo e per questo il nostro lavoro deve andare avanti per accompagnarli e soffrire in noi quella sofferenza nascosta, silenziosa che angoscia tanto il loro cuore”. Assicurando la sua preghiera, Bergoglio affida tutti alla Madonna che “guardava San Giuseppe come insegnava a Gesù a lavorare”: “Preghiamo la Madonna perché ci insegni, a noi, ad aiutare a trovare lavoro, a lavorare a tanti giovani”.