Nel corso dell’ultimo anno mi sono trovato coinvolto in due eventi tra loro separati, ma che mi hanno stimolato entrambi, spingendomi a verificare se e in quale modo ci fossero delle relazioni tra le affermazioni raccolte in quelle occasioni. La prima, più lontana nel tempo, è avvenuta durante il XIII Sinodo dei Vescovi, a cui ho partecipato in qualità di esperto, nell’ottobre 2012. In quella occasione, Sua Beatitudine il vescovo Sviatoslav Schevchuk, primate degli Ucraini ha posto all’attenzione di tutta l’assemblea sinodale che, mentre nell’Oriente Cristiano la bellezza è legata alla santità, nell’Occidente, invece, è legata alla ricchezza.
La seconda affermazione, più vicina nel tempo, mi è accaduto di ascoltarla mentre partecipavo al Convegno Internazionale Pulchritudo Fidei. Forme dell’arte voci del sacro, che si è tenuto l’8 novembre scorso, presso l’Auditorium dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico a Vicenza. In quest’occasione, come di prassi, hanno parlato anche i politici che ricoprono cariche istituzionali e che hanno dato il patrocinio all’evento. Tra questi il vice-sindaco del comune di Vicenza, nel complimentarsi per l’iniziativa di studio organizzata sul tema della bellezza in relazione alla fede, ha affermato che la bellezza può sembrare un tema inattuale o addirittura marginale, ma che invece lottare per essa salverà tutti. E quindi ha ricordato che, riaprendo al pubblico la Sala della Ragione del Palladio, si è reso conto che in qualche modo il suo compito nell’amministrazione comunale era quello di interessarsi alla “bellezza laica”, costituita dai monumenti e dalle tante opere artistiche presenti nella bellissima città veneta, e che la riapertura al pubblico di tali spazi importanti formano il senso civico del cittadino.
Partendo dalla prima affermazione, fatta dal vescovo Sviatoslav Schevchuk, [1] che pone una questione che apparentemente sembra essere teologica, ecclesiologica e spirituale, ma che di fatto è una questione fondamentalmente storiografica, si può poi affrontare la seconda affermazione, che sembrerebbe ricavare uno spazio “laico” per la bellezza. Interrogando la storia della bellezza scopriamo che la bellezza è sempre stata legata alla santità, alla virtù, alle perfezioni divine, e che l’immagine della storia dell’arte sacra come compromissione con la ricchezza è frutto di una diffusa ed errata impostazione storiografica, che si origina in una ideologia non cristiana e in taluni casi addirittura anticristiana.
Infatti, in tutta la tradizione cattolica latina la bellezza possiede una tale caratura ontologica da essere annoverata tra i trascendentali, ovvero tra quelle caratteristiche che tutti gli esseri possiedono, proprio perché sono e nella misura in cui sono. Si tratta di perfezioni che sono fondamentalmente riconducibili al vero, al buono, al bello. Ogni realtà, partecipando dell’essere, partecipa di tali perfezioni ontologiche, che hanno in Dio creatore la loro causa prima. Dio è, infatti, sommamente vero, sommamente buono, sommamente bello e tutta la realtà è in qualche modo vera, buona e bella proprio perché è creata da Dio.
Si tratta di una teoria metafisica, dalla lunga e solida tradizione. Sebbene i trascendentali non costituiscano materia di Magistero (in quanto sono appunto di ambito metafisico, dunque filosofico, cioè accessibile con la ragione che tutti gli uomini possiedono), tuttavia il Magistero e in modo particolare i documenti del Concilio Vaticano II fanno costante riferimento ad essi. Il vero, il bene, il bello in quanto caratteristiche di Dio e derivatamente di tutti gli esseri, costituiscono una sorta di terreno fecondo o di cornice tematica a cui la riflessione sulla Rivelazione fa costante implicito ed esplicito riferimento.
Dunque anche nella Cristianità latina la bellezza è eminentemente legata alla Santità, tanto da essere primariamente in Dio e solo in modo derivato nelle cose. Dio è Somma Bellezza e origine di ogni bellezza. Anche la bellezza artistica è fondamentalmente legata alla santità. Ne troviamo una importante traccia, argomentata in modo molto chiaro, nel Discorso intorno alle immagini sacre e profane scritto dal cardinale Gabriele Paleotti nel 1582, un testo molto importante per la teoria e la storia dell’arte sacra (e non solo), in cui all’arte viene riconosciuto il blasone della nobiltà cristiana: «vi è anche la nobiltà cristiana, più sublime e onorata delle altre, esattamente come la legge del Vangelo insegnataci dal nostro Salvatore è di gran lunga più perfetta di tutte le altre appartenute ai secoli precedenti (Summa, 1.2 q.91 a.5). Questa nobiltà riteniamo che debba essere giustamente attribuita all’arte di dar forma alle immagini»[2].
Nel libro della Sapienza leggiamo: «Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio, e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né, esaminandone le opere, riconobbero l’artefice. Ma o il fuoco o il vento o l’aria veloce, la volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo essi considerarono come dèi, reggitori del mondo. Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi, pensino quanto è superiore il loro sovrano, perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza. Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore. Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero, perché essi facilmente s’ingannano cercando Dio e volendolo trovare. Vivendo in mezzo alle sue opere, ricercano con cura e si lasciano prendere dall’apparenza perché le cose viste sono belle. Neppure costoro però sono scusabili, perché, se sono riusciti a conoscere tanto da poter esplorare il mondo, come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano?» (Sap 13, 1-9)
Qui la bellezza è la via che conduce direttamente a Dio, che permette di seguire le tracce del Creatore e di giungere a ritroso alla comprensione della sua esistenza prima e della sua contemplazione poi. Anche il Salmo 26 ci dice che la bellezza è attributo di Dio, ne è manifestazione e informa di sé tutto il creato, tanto che il santuario non può non essere un luogo da ammirare, perché luogo nel quale Dio stesso dimora: Il Signore è mia luce e mia salvezza:/di chi avrò timore?/Il Signore è difesa della mia vita:/di chi avrò paura?/Una cosa ho chiesto al Signore,/questa sola io cerco:/abitare nella casa del Signore/tutti i giorni della mia vita,/per contemplare la bellezza del Signore/e ammirare il suo santuario./Sono certo di contemplare la bontà del Signore/nella terra dei viventi./Spera nel Signore, sii forte,/si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.
Alla luce di questo, si comprende che la santità è capace di riempire tutto il significato più profondo della bellezza e che la sua dimensione si estende nel bene e nel vero. Ma allora come è stato possibile pensare la bellezza come qualcosa di laico, o meglio come è possibile pensare che possa esistere una dimensione laica della bellezza? È possibile che esista anche solo un piccolo angolino, magari nelle pieghe della dimensione civile o civica, nella declinazione urbana, cittadina, intesa come parte che riguarda tutti, credenti, fedeli di varie religioni, non credenti, che si possa definire “bellezza laica”? Questa domanda è un punto di partenza per affrontare un tema che è, a mio modo di vedere, urgentissimo e fondamentale, perché sia che lo si guardi dal punto di vista filosofico sia che lo si intenda nella sua dimensione teologica, è comunque necessariamente un tema nodale, nella sua componente urbana, civica, e nella sua dimensione morale, che è necessariamente una dimensione indispensabile per una moderna “dottrina sociale della Chiesa”: la b
ellezza come “valore non negoziabile”[3].
Rodolfo Papa, Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, docente di Storia delle teorie estetiche, Pontificia Università Urbaniana, Artista, Storico dell’arte, Accademico Ordinario Pontificio. Website www.rodolfopapa.it Blog: http://rodolfopapa.blogspot.com e.mail: rodolfo_papa@infinito.it .
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NOTE</p>
[1] Su questo argomento ho già scritto un articolo, mostrando come l’affermazione fatta da S.Ecc. Mons. Sviatoslav Schevchuk sia esatta al punto che valga anche per tutta la tradizione latina, che si è però fatta plagiare, almeno in superfice da teorie filosofiche erronee e da ideologie materialiste e liberali fuorvianti. Cfr. http://www.zenit.org/it/articles/la-bellezza-e-manifestazione-della-santita
[2] G. Paleotti, Discorso intorno alle immagini sacre e profane (1582), L.E.V., Roma 2002, pag. 33
[3] Su questo argomento ho scritto il seguente articolo Cfr. http://www.zenit.org/it/articles/la-bellezza-come-valore-non-negoziabile, ma è anche divenuto uno dei temi fondamentali che il Forum delle Associazioni della Diocesi di Roma, nel progetto sulla Dottrina sociale della Chiesa “Roma città della cultura” presentato al teatro Argentina il 30 settembre 2013.