A poche settimane dall’accorato appello di Papa Francesco perché in El Salvador rifioriscano la giustizia e la pace, il paese centroamericano è afflitto da una nuova ondata di violenza. Circa 125 persone – secondo le informazioni rese note dalle autorità locali – sono state uccise in soli tre giorni, decretando lo stato come il più pericoloso al mondo.
40 delle vittime, riferisce il vicedirettore della Polizia nazionale, Howard Cotto, sono state uccise domenica, 42 lunedì e 43 martedì scorsi. Autori di tali massacri sono soprattutto le maras, gruppi ‘gangster’ giovanili composti da 60 mila persone – su un territorio di circa 60 milioni di abitanti – che, attraverso omicidi, rapine e scioperi, vogliono portare il livello di violenza interna all’esasperazione, in modo da costringere lo Stato a negoziare una tregua. Solo nel primo semestre del 2015 le maras hanno ucciso circa tremila persone.
Molti degli omicidi sono relativi a purghe interne o guerre di territorio tra bande rivali, come spiega il ministro della Giustizia e della Sicurezza pubblica Benito Lara. Tra le più potenti, non solo in El Salvador ma in tutta l’America Latina, si segnalano la Mara Salvatrucha (MS-13) e la Mara 18, che si contendono la supremazia del territorio. Entrambi avevano firmato più volte una tregua facendo crollare gli indici di violenza, ma il governo aveva respinto le offerte di dialogo lanciando invece un piano per combattere le gang “con la forza”. Il risultato, tuttavia, è un bagno di sangue che sembra non conoscere tregua.