Domenicane a Cuba: la preghiera rende liberi

Intervista a suor Ofelia e suor Yolanda, monache di clausura

Share this Entry
Di Eduardo Quiñones García

L’AVANA, giovedì, 14 febbraio 2008 (ZENIT.org).- Per la celebrazione degli 800 anni dalla fondazione delle domenicane contemplative in Francia, per opera di San Domenico, ZENIT ha visitato il monastero di “Santa Catalina de Siena”, a Nuevo Vedado, Cuba.

Come è la vita delle monache di clausura? Cos’è la contemplazione e come la si raggiunge? La clausura può essere felice? A queste e altre domande rispondono la priora del monastero, suor Ofelia de San José, messicana, che si trova a Cuba da 15 anni, e suor Yolanda del Niño Jesús, cubana, entrata nell’Ordine 44 anni fa.

Il convento venne fondato il 29 aprile del 1688 a L’Avana. Le prime suore, che non erano straniere, ma originarie di Cuba, non avevano posto nell’unico monastero allora esistente.

Diedero quindi vita a un nuovo monastero, sotto il patrocinio di Santa Caterina da Siena, nell’Ordine delle Monache domenicane. Dopo che a L’Avana iniziarono le agitazioni, questo si è trasferito a El Vedado. Dal 1984 la sede si trova in un edificio ubicato in una delle zone di estensione de L’Avana.

In esso risiedono sette monache: due cubane, due messicane e tre colombiane. Oltre a vivere la preghiera, si dedicano a confezionare e ornare oggetti liturgici.

Le giovani che giungono al convento hanno tra i loro propositi anche quello di raggiungere la contemplazione?

Suor Yolanda: Sì. Ma questo non è come raggiungere un diploma accademico. Si tratta invece di disfarsi di tutto, per mettersi a disposizione di Dio, che dà, illumina e trasforma. È Lui che dà la forza e quindi è come svuotarsi di tutto per ricolmarsi di Dio.

San Domenico non ci ha vincolato ad un metodo preciso. Ha proposto un cammino molto semplice di preghiera. Diceva: prima di tutto, leggere le Sacre Scritture, l’Ufficio divino o altro. Dalla lettura alla preghiera; dalla preghiera alla meditazione; e dalla meditazione alla contemplazione. Questo è stato l’unico metodo che ci ha lasciato. Quindi è così che la ragazza inizia: leggendo, approfondendo, chiedendo, pregando; con la riflessione il Signore poi si manifesta. La contemplazione non si acquisisce, è il Signore che dà la luce.

Quando qualcuna di voi sente la chiamata alla preghiera, alla contemplazione, interrompe il lavoro che sta svolgendo?

Suor Ofelia: No, il lavoro non viene interrotto. Quando si vive in questa unione con Dio, si può continuare a lavorare, pur rimanendo saldamente uniti a Lui. Io posso cucire, pulire, fare qualsiasi cosa, ma non mi separo da questa unione con Dio, che è vissuta in ogni istante…

Suor Yolanda: Non è un momento da mettere nel cassetto; si deve vivere in un ambiente di contemplazione. A volte il Signore parla di più quando stiamo lavorando che quando stiamo pregando!

Possiamo dire quindi che quella chiamata al raccoglimento non viene trascurata, proprio perché si cerca di vivere costantemente in preghiera…

Suor Ofelia: Esattamente. Una preghiera continua, vissuta in ogni momento. E in tutto quello che si fa, Dio è presente. Questo lo posso dire per esperienza: posso pulire o cucinare, ma sento il Signore lì con me. Tutto ciò che si fa, lo si fa per amore a Dio!

Sappiamo che le parole non bastano per spiegare cosa sia la contemplazione, ma come descriverebbe la sua esperienza personale?

Suor Ofelia: L’esperienza di Dio è una cosa così personale! Quell’incontro con Dio, in cui uno si perde, in quel silenzio, in quel lasso di tempo, in cui Dio entra nella nostra anima, nel nostro cuore, per fare ciò che Lui vuole e in cui uno si abbandona a quell’amore divino!

Senza dubbio questa esperienza, questa contemplazione, non rimane solo in me, ma di essa partecipano anche gli altri, la mia comunità, tutti i fedeli e tutte le persone che conosco, a cui voglio bene, e che non conosco, perché so che questa esperienza tocca ogni orecchio, perché l’ho visto, l’ho constatato nel momento in cui uno si lascia amare da Dio! E questo amore divino non può essere espresso con le parole!

Suor Yolanda: Quando si inizia il cammino della vita di preghiera, la prima cosa che dobbiamo scoprire è ciò che siamo: siamo peccatori! Che da soli non possiamo nulla e di questo dobbiamo essere convinti, perché sempre ci sono persone che si credono autosufficienti e capaci di molte cose, e il Signore gli dimostra che non siamo niente, che tutto ciò che abbiamo lo dobbiamo a Lui.

Allora, quando ci si trova in questo stato di donazione e di ricerca di Dio, è Lui che si lascia trovare! E ci si manifesta in diversi modi. Dio è amore e quando vediamo che Dio è buono, possiamo godere del Signore, pur senza abusare, in modo presuntuoso, della grazia di Dio.

Io credo che è una caratteristica della spiritualità domenicana quella di non fermarsi solo a godere di Dio. Cioè, entrando in contatto con Dio, entriamo in contatto anche con l’umanità e sentiamo il desiderio che tutti amino il Signore, e glielo chiediamo: che tutti lo adorino e lo lodino!

La clausura vi porta a stare lontane dal mondo, ma quanto vicine a Lui e all’essere umano! Alle sue sofferenze e alle sue speranze! Che testimonianza ci potete dare di questo?

Suor Yolanda: Il Santo Padre Paolo VI, parlando di questa unione spirituale di noi monache con il mondo, diceva che nei monasteri vibrano alla più alta frequenza tutti i sentimenti, le passioni, i desideri e le necessità dell’umanità. Credo che questo rientra nella nostra preghiera: vibriamo il più intensamente possibile. È per questo che siamo generatori di vita e di grazia, con l’aiuto del Signore…

Cosa sente di voler raccomandare alle giovani cristiane che non hanno la vocazione alla vita conventuale, ma che sentono un vivo desiderio di crescere nello spirito e di amare Dio profondamente?

Suor Yolanda: Che dedichino ogni giorno un momento alla preghiera personale. Questo le introdurrà ad una vita di virtù, rendendole persone libere e degne. Ciò che in realtà è la vocazione cristiana: la dignità suprema in Cristo.

Come definireste la vostra vita di clausura e che motivazione dareste per la permanenza in essa? Vi sentite felici?

Suor Ofelia: Io mi sento felice nella mia vocazione. È come se fosse sempre la prima volta. Per me la vita di clausura non è una routine: è sempre un’alba diversa perché ogni giorno ha le sue gioie, tristezze e preoccupazioni. Ma la felicità è tanta. Quando uno si dona di più a Dio e passano gli anni – lo dico per esperienza – la clausura, la vita contemplativa, è un regalo di Dio!

Suor Yolanda: Anche per me la vita contemplativa è un grande dono di Dio e ogni giorno è un giorno nuovo. Non vi è posto per la routine, come molte persone pensano, perché quotidianamente vi sono cose nuove, dall’incontro con il Signore, a tutto ciò che può avvenire dopo. Anche la Sua presenza è una novità, è opera del Suo amore e della sua infinita misericordia per il mondo e per noi… Sì, posso dirlo: anche io sono molto felice…!

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione