Udienza alla Fondazione Vaticana “Joseph Ratzinger – Benedetto XVI” per il conferimento del Premio Ratzinger 2019 - Foto © Vatican Media

“Si può e si deve sempre cercare e trovare la via dell’accesso a Dio e all’incontro con Cristo”

Udienza alla Fondazione Vaticana “Joseph Ratzinger – Benedetto XVI” per il conferimento del Premio Ratzinger 2019

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Oggi [9 novembre 2019], nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco riceve in Udienza i membri della “Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI”, per il conferimento del Premio Ratzinger 2019, giunto alla sua nona edizione. Dopo il saluto di Padre Federico Lombardi, S.J., Presidente della Fondazione, l’Em.mo Card. Angelo Amato, S.D.B., Prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi e Presidente del Comitato Scientifico della medesima Fondazione, rivolge al Papa un discorso nel quale illustra il profilo dei due Premiati di questa edizione. Quindi, Papa Francesco consegna ai Premiati il riconoscimento.

I vincitori di quest’anno sono: Charles Margrave Taylor, Filosofo, Professore emerito della McGill Univeristy di Montréal (Canada); e P. Paul Béré, S.J., Professore di Antico Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma e all’Institut de Théologie dei Gesuiti di Abidjan. Pubblichiamo di seguito il testo del discorso che il Santo Padre rivolge ai presenti nel corso della cerimonia:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle,
sono lieto di consegnare personalmente anche quest’anno i “Premi Ratzinger”. È per me una gradita circostanza. Anzitutto esprimo il mio apprezzamento per le due illustri personalità che ci sono state ora presentate dal Cardinale Amato, Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Joseph Ratzinger – Benedetto XVI. Saluto con riconoscenza il Prof. Charles Taylor e il P. Paul Béré, S.J., come pure i loro parenti ed estimatori, che li accompagnano in questo momento di festa, e i responsabili e gli amici della Fondazione.

Ma sono anche lieto di avere questa bella occasione per esprimere ancora una volta stima e affetto per il mio Predecessore, il caro Papa emerito Benedetto XVI. Gli siamo grati per l’insegnamento e l’esempio che ci ha dato nel servire la Chiesa riflettendo, pensando, studiando, ascoltando, dialogando, pregando, perché la nostra fede si conservi viva e consapevole nonostante il mutare dei tempi e delle situazioni, e perché i credenti sappiano rendere conto della loro fede con un linguaggio capace di farsi intendere dai loro contemporanei e di entrare in dialogo con essi, per cercare insieme le vie dell’incontro con Dio nel nostro tempo. Questo è stato sempre desiderio intenso di Joseph Ratzinger, teologo e pastore che non si è mai chiuso nell’ambito di una cultura puramente concettuale e disincarnata, ma ci ha dato l’esempio di una ricerca della verità in cui ragione e fede, intelligenza e spiritualità, sono continuamente integrate.

Tutte le discipline e le arti concorrono in tal senso nel dare il loro contributo alla crescita dell’umano verso la sua pienezza. Questa, infine, si trova solo nell’incontro con la persona vivente di Gesù Cristo, il Logos incarnato, la rivelazione di Dio che è amore. Essere e restare in dialogo attivo con le culture, che cambiano nel corso dei tempi e si diversificano nelle diverse parti del mondo, è un dovere per la teologia, ma è allo stesso tempo condizione necessaria per la vitalità della fede cristiana, per la missione di evangelizzazione della Chiesa. In questa prospettiva i nostri due Premiati hanno offerto un notevole apporto, di cui diamo loro atto oggi con ammirazione e gratitudine.

Nel corso della sua lunga vita di ricerca, insegnamento e azione, il Prof. Taylor ha spaziato in molti campi, ma in particolare ha dedicato l’impegno della sua mente e del suo cuore per comprendere il fenomeno della secolarizzazione nel nostro tempo. Essa pone effettivamente una grande sfida per la Chiesa Cattolica, anzi per tutti i cristiani e possiamo dire per tutti i credenti in Dio. Papa Benedetto ci ha ripetuto più volte che la priorità del suo pontificato era riannunciare Dio – il Dio di Gesù Cristo – in un tempo in cui sembra tramontare all’orizzonte di vaste aree dell’umanità. Ora, pochi studiosi si sono posti il problema della secolarizzazione con tanta ampiezza di sguardo quanto il Prof. Taylor. Gliene siamo grati, per la profondità con cui se lo è posto, analizzando con attenzione lo sviluppo della cultura occidentale, i movimenti dello spirito umano nel corso del tempo, individuando le caratteristiche della modernità nella loro complessa articolazione, nelle ombre e nelle luci. Così egli ci aiuta a leggere in modo non riduttivo le ragioni dei cambiamenti avvenuti nella pratica religiosa; ci invita a intuire e a cercare vie nuove per vivere ed esprimere le dimensioni trascendenti dell’animo umano, le dimensioni spirituali nelle quali lo Spirito Santo continua ad operare anche quando noi a prima vista non ce ne accorgiamo. Tutto ciò ci permette di confrontarci con la secolarizzazione occidentale in modo non superficiale o fatalisticamente scoraggiato. E questo è necessario non solo per una riflessione sulla cultura del nostro tempo, ma soprattutto per un dialogo e un discernimento in profondità nel suo contesto, per assumere gli atteggiamenti adeguati per vivere, testimoniare, esprimere, annunciare la fede nel nostro tempo.

Il P. Paul Béré è il primo africano che riceve il Premio Ratzinger ed è uno stimato studioso della Sacra Scrittura. Con questo riconoscimento sono lieto di esprimere il mio apprezzamento e il mio incoraggiamento a tutti coloro che si impegnano per l’inculturazione della fede in Africa con un contributo di studio originale e approfondito. Nei primi secoli del Cristianesimo l’Africa settentrionale ha dato alla Chiesa figure gigantesche – come Tertulliano, Cipriano, Agostino –, ma poi la diffusione dell’Islam e quindi secoli di colonialismo hanno impedito una vera inculturazione africana del messaggio cristiano fino alla seconda metà del secolo scorso. Perciò la teologia africana contemporanea è ancora giovane, ma appare dinamica e ricca di promesse. Il P. Béré ce ne dà un esempio lavorando sull’interpretazione dei testi dell’Antico Testamento in un contesto di cultura “orale”, mettendo così a frutto l’esperienza delle culture africane; come pure impegnandosi per la conoscenza, la comprensione e la recezione nel contesto africano dei Sinodi ai quali ha preso parte.

Nella sua grande Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, il Santo Papa Paolo VI affermava: «Evangelizzare, per la Chiesa, è portare la Buona Novella in tutti gli strati dell’umanità, è, col suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l’umanità stessa» (n.18). Ciò vale per tutte le culture: l’accesso alle dimensioni dell’umanità in cerca di redenzione va cercato in tutte le direzioni, con creatività, con immaginazione; deve esprimersi con i linguaggi appropriati in tutti gli ambiti e gli spazi in cui l’umanità vive le sue pene, le sue gioie, le sue speranze.

In questo senso, per quanto i due Premiati provengano da continenti e ambiti culturali diversi, il loro messaggio è molto più simile di quanto non appaia a prima vista. Nella varietà delle culture, nel loro differenziarsi nel tempo e nello spazio, si può e si deve sempre cercare e trovare la via dell’accesso a Dio e all’incontro con Cristo. Questo è stato ed è l’impegno del professor Taylor e del padre Béré, questa è la missione di tutti coloro che, seguendo l’insegnamento del teologo Joseph Ratzinger e Papa emerito Benedetto XVI, si propongono di essere “cooperatori della Verità”. Auguro quindi ai Premiati e a tutti voi presenti di poter continuare con entusiasmo e con gioia il cammino su questa strada.

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ZENIT Staff

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