Se ci guardassimo attorno, osservando con serenità del cuore gli eventi che si succedono dinnanzi ai nostri occhi, ci accorgeremmo di una ricerca affannosa per ristabilire l’equità sociale. Non a caso ogni segmento dell’economia, della politica, della realtà quotidiana, si presenta impegnato su questo fronte. I risultati positivi sono però sempre di più lontani. La vita oggi si è trasformata in una formula complessa, un logaritmo con il quale calcolare anche il bisogno interiore dell’essere umano. Manca evidentemente una vera stella polare da seguire.
Ognuno parte da sé stesso, auto-convincendosi che i confini dell’esistenza umana siano tutti terreni, così come qualsiasi scoperta o talento nascano nell’uomo e appartengano solo a chi li proietta all’esterno. Quando si pensa a Dio, oppure a delle forme di vita oltre ciò che si vede e si conosce, lo si fa sempre dalla propria visione delle cose. Tutto si personalizza confusamente. La Parola e la fede diventano strumenti di passaggio con i quali chiunque può confrontarsi, come di solito succede con la buona letteratura o le pratiche in voga impiegate per connettersi, a modo proprio, con il cielo.
Si esclude purtroppo che la fede sia prima di ogni altra cosa, quale obbedienza senza confini e incertezze nella Parola del Signore. In questa verità assoluta, che le sacre scritture da secoli hanno rivelato all’umanità, esiste la risposta ad ogni richiesta umana. Se viene meno la relazione personale con la Parola, cade di pari passo la forza della fede. In queste condizioni ogni sostegno chiesto al Creatore si trasforma in una prassi vuota di significato, perché priva di quella obbedienza che struttura l’uomo nel grembo permanente di Dio. Obbedire per fede alla Parola del Signore appare oggi difficile, ma non per questo non fattibile.
Necessita rivoluzionare la proiezione alterata che oggi si possiede di un mondo che supera i suoi guasti, creandone altri più gravi. Tutto ciò vale anche per coloro che da credenti pensano di utilizzare la teologia, essenziale per la comprensione del mistero nato dalla Parola, come strumento capace di prendere il posto della stessa Parola. Leggo negli appunti del mio maestro spirituale, sacerdote e teologo:
“La teologia aiuta la Parola, mai si può sostituire alla Parola. Essa stessa è un frutto della Parola. Cade la Parola, cade la teologia. Muore la Parola vera, muore la vera teologia. L’obbedienza è sempre alla Parola, mai alla teologia e mai alle sue riflessioni. La teologia, se è vera, se fatta nello Spirito Santo, mi aiuta a trovare la verità della Parola, perché io obbedisca alla verità di essa per tutti i giorni della mia vita”.
Un altro punto da sottolineare nel comportamento di chi crede, anche se non sempre viene evidenziato, è la propensione a ridurre la fede personale a puro sentimento. Un modo triste e fasullo per illudere la salvezza altrui. Il sentimento è altro: Commuove; fa sognare; rende dolce il dolore; accompagna il cuore per le strade impervie; emoziona, ma non ha nulla a che vedere con la ricerca di Dio. In questo clima di buonismo generale della fede, si rischia di espellere Cristo dalla quotidianità di chiunque.
Sullo sfondo campeggia un Onnipotente senza Parola, a cui lo stesso uomo ha la presunzione di potergli prestare le sue parole. Si inverte in questo modo l’equilibrio celeste, fino al punto di avere un Dio a cui l’uomo chiede di obbedire a qualsiasi cosa decida di fare nel suo operato terreno. È un Creatore che va di moda e che soddisfa tutti coloro che sono innamorati dei pensieri comunque mutevoli e magari anche blasfemi. Un “fai da te” in piena regola, come si trattasse di materiale per rinnovare un casa abitata. Cosa fare quindi per donare alle comunità nuove e serie prospettive?
Urge che l’uomo ritrovi il suo filo d’oro che lo tiene legato alla sapienza divina, uscendo dai limiti che si è imposto per essere artefice assoluto. La fede nella Parola sia centrale sempre, altrimenti si lascia sfiorire il potere che c’è in ogni uomo obbediente al suo Dio. Gli stessi apostoli si ritrovarono a non poter scacciare un demone dal corpo di un giovane epilettico, perché non avevano creduto abbastanza nella capacità, trasferita loro da Gesù, di poterlo scacciare. Se ognuno credesse la Parola diverrebbe potente e non di certo una cosa vana.
Chi non ricorda le parole di Gesù ai discepoli vacillanti nella fede? “Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile”. Eppure l’uomo è disponibile, magari anche per opportunismo, a credere nelle parole di qualsiasi “conduttore umano”, in grado di manipolare la mente e il cuore.
Le persone si muovono spesso secondo le tendenze della maggioranza dei suoi simili. Vivono di quell’attimo e non si accorgono del vuoto che scavano attorno a loro. Una scelta ipocrita, perché al di fuori di ogni relazione con il proprio Signore. Intanto si va avanti, si scoprono nuovi orientamenti, ma si continua ad esaltare la propria mediocrità, mentre senza la Parola continua a passare una visione sempre di più distorta del mondo.
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Senza la Parola passa una visione distorta del mondo
Se ognuno credesse la Parola diverrebbe potente e non di certo una cosa vana
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