Abluzioni con vino e acqua

Risponde padre Edward McNamara, L.C., professore di Teologia e direttore spirituale

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Nella sua consueta rubrica di liturgia, padre McNamara risponde oggi ad una domanda posta da un lettore australiano. 

Pensavo che ogni sacerdote per le abluzioni dopo la Comunione utilizzasse solo acqua. Ma l’Ordinamento Generale del Messale Romano (OGRM) prevede anche abluzioni con vino e acqua. Perché oggi viene nettamente preferito un metodo ad un altro? Se qualcuno volesse usare sia il vino che l’acqua, come dovrebbe fare? — J.F., Adelaide, Australia

Ecco la risposta formulata da padre McNamara.

L’OGRM dice al n 279:

“279.I vasi sacri vengono purificati dal sacerdote, dal diacono o dall’accolito istituito, dopo la Comunione, oppure dopo la Messa, possibilmente alla credenza. La purificazione del calice si fa con acqua o con acqua e vino, che poi quello che purifica beve. La patena si asterge normalmente con il purificatoio”.

“Si presti attenzione a che si consumi subito e totalmente all’altare quanto per caso rimane del Sangue di Cristo dopo la distribuzione della Comunione”.

Questa pratica è basata su quella della forma straordinaria, nella quale la purificazione con acqua e vino era la norma.

Le rubriche della forma straordinaria prevedono il seguente schema:

“Dopo la comunione,se ci sono, il sacerdote pone le ostie in esubero nel tabernacoloe, prendendo il calice, un ministrante versa il vino. Lo beve e dice sottovoce:

“Concedi, o Signore (Quod ore súmpsimus), che ciò che con la bocca abbiamo ricevuto, l’accogliamo con anima pura, e da dono temporaneo ci diventi rimedio sempiterno”. 

“Il vino e l’acqua vengono versati nel calice sopra le dita del sacerdote. Mentre le asciuga dice sottovoce:

“Fa, o Signore (Corpus tuum, Dómine), che il tuo Corpo che ho ricevuto e il tuo Sangue che ho bevuto, aderiscano all’intimo dell’anima mia; e fa che non rimanga macchia alcuna di peccato in me, che questi puri e santi sacramenti hanno rinnovato, o Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Così sia”. 

“Beve il vino e l’acqua, deterge il calice e lo copre col corporale”.

La parte più antica di questo rito è la prima, cioè la purificazione della bocca (ablutio oris), nella quale il celebrante prende un po’ di vino per essere sicuro che delle sacre non rimane nulla in bocca. In alcune liturgie orientali il celebrante prende anche un pezzo di pane benedetto. Questa pratica è attestata almeno dal IV secolo.

In alcuni luoghi è stata consuetudine anche tra i fedeli di bere un po’ di vino o acqua dopo aver ricevuto la Comunione. Per un motivo molto semplice: di norma per l’Eucaristia la Chiesa usava ancora pane lievitato, che doveva essere masticato. Retaggi di questa usanza sono sopravvissute in diverse aree d’Europa fino all’inizio del XX secolo.

All’inizio, la purificazione delle dita e del calice veniva fatta dopo la celebrazione, ma senza norme o disposizioni particolari. Le prime norme appaiono intorno al IX secolo, e inizialmente si usava solo acqua. I primi riferimenti all’uso del vino li troviamo nelle tradizioni monastiche del XI secolo. In alcuni casi si è sviluppato un elaborato rituale, nel quale il calice veniva purificato tre volte.

All’inizio, le mani, o almeno le dita, venivano purificate in un recipiente vicino all’altare. La prima testimonianza dell’abluzione delle dita sopra il calice viene da una fonte domenicana del 1256. La fonte in questione spiega che in mancanza di un recipiente adatto è meglio lavarsi le dita con acqua sopra il calice e poi bere quest’acqua insieme al vino usato precedentemente per la purificazione delle dita. Questa doppia abluzione era necessaria per evitare che il vino della prima purificazione rimasto sulle dita potesse sporcare i libri e paramenti sacri. Lo stesso documento offre anche una delle prime testimonianze dell’uso di un panno che sarebbe poi diventato il purificatoio di oggi.

Queste usanze si sono diffuse gradualmente, per diventare poi la norma generale nel 1570 con la pubblicazione del Messale Romano di san Pio V.

Quindi, tornando alla domanda iniziale: come deve un sacerdote purificare con vino e acqua nella forma ordinaria?

Suggerisco di farlo nel modo più semplice. Al momento della purificazione, versare un po’ di vino e acqua nel calice e poi consumare questo. Le proporzioni di vino e acqua dipendono dal celebrante. Per scopi pratici un mix ben diluito è probabilmente preferibile, soprattutto per evitare di sporcare i purificatoi.

L’uso quasi esclusivo di acqua ha prevalso probabilmente in seguito alla riforma liturgica. L’avvento delle concelebrazioni e una più frequente distribuzione della comunione sotto le due specie hanno fatto sì che spesso c’è più di un calice da purificare. Ci sono inoltre generalmente più cibori, alcuni dei quali devono essere purificati con acqua. Tutto questo rende l’uso di vino e acqua meno pratico, e quindi non è sorprendente che la legittima opzione di utilizzare entrambi sia caduta nell’oblio.

***

I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.orgSi chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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ZENIT Staff

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