Our Lady of Fatima pilgrim in the sanctuary

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Inchiesta Unitalsi sui pellegrinaggi: più per ringraziare che per chiedere guarigioni

Uno studio del Servizio Medico Unitalsi evidenzia una tendenza nuova: nei Santuari non si chiedono miracoli, ma conforto

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I pellegrini che decidono di intraprende un viaggio verso i maggiori santuari europei – Lourdes e Fatima in testa – lo fanno non tanto per chiedere una guarigione fisica, ma per un atto di ringraziamento. Le percentuali emerse da uno studio Unitalsi, che si basa su un questionario a risposta multipla su 16 possibilità di scelta parlano chiaro: il 76% va in pellegrinaggio soprattutto come atto di ringraziamento, il 69% come atto di speranza, il 68% come gesto di condivisione della propria fede, il 65% per sentirsi più vicini a Dio. Solo il 40% dichiara di andare per chiedere una guarigione fisica, attestandosi al 14° posto come scelta dei pellegrini.
Sono questi i dati emersi dal focus “Le motivazioni per un pellegrinaggio” realizzato dall’Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) che verrà presentato a Fatima in occasione del convegno “Significato del messaggio dopo 100 anni” che ha richiamato da tutta l’Italia oltre 30 operatori sanitari dell’Unitalsi. L’incontro terminerà il 5 aprile.
Il campione di riferimento sono 500 pellegrini per lo più affetti da patologie sanitarie che si sono recati in pellegrinaggio con l’Unitalsi. I dati sono emersi da un questionario ad hoc distribuito e valutato per tutto il 2016 che prevedeva la possibilità di scegliere contemporaneamente diverse motivazioni per le quali si decide di andare in pellegrinaggio.
Sempre dal dossier Unitalsi emerge che il 58% va in pellegrinaggio per stare insieme ad altre persone in situazioni simili, il 56% per fuggire dalla vita quotidiana, il 52% alla ricerca di una guarigione motiva.
“Ho sempre pensato – dichiara Antonio Diella, presidente nazionale Unitalsi – che peggio del soffrire c’è soltanto il soffrire in solitudine. L’Unitalsi può vivere questa straordinaria esperienza di compagnia con chi soffre, ma non per intristirsi, anzi, per comunicare una possibilità di gioia e viverla insieme a chi ha questo grande problema della salute che comincia a mancare, della sofferenza e della solitudine, che può però essere vinta”.
“Lavorare sulla parte epidemiologica – aggiunge Federico Baiocco, responsabile nazionale medici Unitalsi – ci è servito per comprendere l’entità delle malattie di chi partecipa ai nostri pellegrinaggi. Abbiamo voluto però anche cercare di comprendere i motivi per cui persone con malattie plurime scelgono di partecipare a un pellegrinaggio Unitalsi. È sorprendente scoprire che lo fanno in primo luogo per ringraziare. Questo dimostra come noi operatori sanitari dobbiamo essere sempre più capaci di accogliere il messaggio di Fatima, il messaggio di Lourdes, e che questo ci deve servire per diventare ancora più attenti nell’accoglienza e nella cura delle persone che soffrono”.
“Ho avuto la grazia – commenta don Carmine Arice, Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute della Cei – di accompagnare a Lourdes molti pellegrinaggi con gli ammalati e ho potuto così constatare quanto i dati emersi siano veri. La mia conclusione è che l’uomo nella vita ha bisogno di pane, cioè di salute, di nutrirsi, di vivere una vita dignitosa, ma ha bisogno anche di senso, e questa necessità emerge in modo altissimo quando si vivono momenti di sofferenza. Quindi le mete di pellegrinaggio sono un aiuto nella ricerca di questo senso, che non è la possibile guarigione, ma il dono della salvezza, che ci dà la luce per vivere nel modo migliore l’esperienza terrena, ma ci dà anche l’orizzonte dell’eterno”.

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ZENIT Staff

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