Visita privata all’Imperatore Naruhito
Alle ore 11.00 locali (3.00 ora di Roma) il Santo Padre Francesco si è recato al Palazzo Imperiale di Tokyo in visita privata all’Imperatore del Giappone, Sua Maestà Imperiale Naruhito. Al Suo arrivo il Papa è stato accolto dall’Imperatore all’ingresso del Palazzo e, dopo aver attraversato insieme il cortile, hanno raggiunto la Sala delle udienze. Dopo la foto ufficiale, ha avuto luogo l’incontro privato. Al termine, l’Imperatore Naruhito ha accompagnato Papa Francesco all’ingresso principale per il congedo. Quindi il Santo Padre si è trasferito in auto alla Cattedrale di Santa Maria Immacolata.
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Incontro con i Giovani nella Cattedrale di Santa Maria Immacolata di Tokyo
Alle ore 11.45 locale (3.45 ora di Roma), il Santo Padre Francesco ha incontrato i giovani nella Cattedrale di Santa Maria Immacolata di Tokyo. Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto all’ingresso della cattedrale da S.E. Mons. Tarcisius Isao Kikuchi, S.V.D., Arcivescovo di Tokyo, dal Parroco e dal Vicario Generale, che Gli hanno porto il crocifisso e l’acqua benedetta per l’aspersione. Quindi ha percorso la navata laterale fino ai piedi dell’altare dove due giovani gli hanno offerto dei fiori che egli ha deposto davanti al Santissimo. Dopo una breve preghiera silenziosa, Papa Francesco ha raggiunto il podio mentre la corale ha intonato un canto. Dopo le testimonianze di tre giovani – un cattolico, un buddista e un migrante – e l’esecuzione di un canto, il Santo Padre ha pronunciato il Suo discorso. Quindi ha avuto luogo la consegna dei doni al Papa.
Al termine dell’incontro, mentre veniva intonato un canto, Papa Francesco ha lasciato la Cattedrale attraverso la navata centrale ed è rientrato rientra in auto alla Nunziatura Apostolica dove, alle ore 13.00 (5.00 ora di Roma) ha pranzato con i Membri del Seguito Papale. Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha pronunciato nel corso dell’incontro con i giovani:
Discorso del Santo Padre
Cari giovani,
grazie di essere venuti, grazie di essere qui! Vedere e ascoltare la vostra energia e il vostro entusiasmo mi dà gioia e mi dà speranza. Vi sono grato per questo. Ringrazio anche Leonardo, Miki e Masako per le loro parole di testimonianza. Ci vuole grande coraggio per condividere ciò che si porta nel cuore come avete fatto voi. Sono sicuro che le vostre voci si sono fatte eco di molti dei vostri compagni qui presenti. Grazie! So che tra di voi ci sono giovani di altre nazionalità, alcuni di loro cercano rifugio. Impariamo a costruire insieme la società che vogliamo per il domani.
Quando vi guardo, posso vedere la diversità culturale e religiosa dei giovani che vivono oggi in Giappone, e anche qualcosa della bellezza che la vostra generazione offre al futuro. L’amicizia tra di voi e la vostra presenza qui ricorda a tutti che il futuro non è “monocromatico”, ma che, se ne abbiamo il coraggio, è possibile guardarlo nella varietà e nella diversità degli apporti che ciascuno può dare. Quanto ha bisogno la nostra famiglia umana di imparare a vivere insieme in armonia e pace senza che dobbiamo essere tutti uguali! Non ci hanno fatto a macchina, tutti in serie. Ognuno viene dall’amore dei suoi genitori e della sua famiglia, per questo siamo tutti diversi, ognuno ha una storia da condividere. Abbiamo bisogno di crescere in fraternità, nell’attenzione agli altri e nel rispetto delle diverse esperienze e dei vari punti di vista. Questo incontro è una festa perché stiamo dicendo che la cultura dell’incontro è possibile, che non è un’utopia, e che voi giovani avete la speciale sensibilità per portarla avanti.
Mi hanno colpito le domande che avete fatto, perché riflettono le vostre esperienze concrete, e anche le speranze e i vostri sogni per il futuro.
Grazie, Leonardo, per aver condiviso l’esperienza di bullismo e discriminazione che hai subito. Sono sempre di più i giovani che trovano il coraggio di parlare di esperienze come la tua. Ai miei tempi, quando ero giovane, non si parlava mai di cose come quelle che ha raccontato Leonardo. La cosa più crudele del bullismo scolastico è che ferisce il nostro spirito e la nostra autostima nel momento in cui abbiamo più bisogno di forza per accettarci e affrontare nuove sfide nella vita. A volte, le vittime di bullismo accusano addirittura sé stessi di essere stati obiettivi “facili”. Potrebbero sentirsi falliti, deboli e senza valore, e arrivare a situazioni molto drammatiche: “Se solo io fossi diverso…”. Paradossalmente, tuttavia, sono i molestatori, quelli che fanno il bullismo ad essere veramente deboli, perché pensano di poter affermare la propria identità facendo del male agli altri. A volte attaccano chiunque considerano diverso e che vedono come una minaccia. In fondo, i molestatori, quelli che fanno bullismo, hanno paura, sono dei paurosi che si coprono con la forza. E in questo – fate attenzione – quando sentite, vedete che qualcuno sente il bisogno di fare del male a un altro, di fare del bullismo su un altro, di molestarlo, quello è il debole. Il molestato non è il debole; è colui che molesta il debole, perché ha bisogno di farsi grande, forte, per sentirsi qualcuno. L’ho detto a Leonardo poco fa: quando ti dicono che sei obeso, digli: “È peggio essere magro come te”. Dobbiamo unirci tutti contro questa cultura del bullismo, tutti insieme contro questa cultura del bullismo, e imparare a dire: basta! È un’epidemia per la quale la migliore medicina la potete trovare voi stessi. Non è sufficiente che le istituzioni educative o gli adulti utilizzino tutte le risorse a loro disposizione per prevenire questa tragedia, ma è necessario che tra voi, tra amici, tra compagni, vi mettiate insieme per dire: No! No al bullismo, no all’aggressione verso l’altro. Questo è male! Non esiste un’arma più grande per difendersi da queste azioni di quella di “alzarsi” tra compagni e amici e dire: “Quello che stai facendo, il bullismo, è grave”.
Chi fa bullismo è un pauroso, e la paura è sempre nemica del bene, per questo è nemica dell’amore e della pace. Le grandi religioni – tutte le religioni che ognuno di noi pratica – insegnano tolleranza, insegnano armonia, insegnano misericordia; le religioni non insegnano paura, divisione e conflitto. Per noi cristiani: ascoltiamo Gesù che diceva sempre ai suoi seguaci di non avere paura. Perché? Perché se stiamo con Dio e amiamo con Dio i nostri fratelli, l’amore scaccia il timore (cfr 1 Gv 4,18). Per molti di noi – come ci hai ricordato, Leonardo – guardare alla vita di Gesù ci permette di trovare conforto, perché Gesù stesso sapeva cosa significa essere disprezzato e respinto, persino fino al punto di essere crocifisso. Sapeva anche cosa significa essere uno straniero, un migrante, uno “diverso”. In un certo senso – e qui mi rivolgo ai cristiani, e quelli che non sono cristiani lo vedano come modello religioso – Gesù è stato il più “emarginato”, un emarginato pieno di Vita da donare. Leonardo, possiamo sempre guardare a tutto ciò che ci manca, ma possiamo anche scoprire la vita che siamo in grado di dare e di donare. Il mondo ha bisogno di te, non dimenticarlo mai; il Signore ha bisogno di te perché tu possa dare coraggio a tanti che oggi chiedono una mano, per aiutarli a rialzarsi.
Vorrei dire a tutti una cosa che può essere utile nella vita. Guardare con disprezzo una persona, guardarla dall’alto in basso, è dire: “Io sono superiore e tu sei inferiore”. Ma c’è un solo modo lecito e giusto di guardare una persona dall’alto in basso: per aiutarla ad alzarsi. Se uno di noi – me compreso – guarda una persona dall’alto in basso con disprezzo, vale poco. Ma se uno di noi guarda una persona dall’alto in basso per tenderle la mano e aiutarla ad alzarsi, quest’uomo o questa donna è grande. Quindi, quando guardate una persona dall’alto in basso, chiedetevi: “Dove sta la mia mano? È nascosta o sta aiutandolo ad alzarsi?”. E sarete felici. D’accordo?
E questo comporta imparare a sviluppare una qualità molto importante ma sottovalutata: la capacità di donare tempo per gli altri, a ascoltarli, a condividere con loro, capirli. E solo così apriremo le nostre storie e le nostre ferite a un amore che ci possa trasformare e iniziare a cambiare il mondo che ci circonda. Se non doniamo, se non perdiamo tempo e “risparmiamo tempo” con le persone, lo perderemo in molte cose che, alla fine della giornata, ci lasceranno vuoti e storditi. Nella mia terra natale direbbero: ci riempiono di cose finché facciamo indigestione. Quindi, per favore, dedicate tempo alla vostra famiglia, dedicate tempo ai vostri amici, e anche a Dio, pregando e meditando, ognuno secondo la propria credenza. E se pregare vi risulta difficile, non arrendetevi. Una saggia guida spirituale disse una volta: la preghiera consiste principalmente nel rimanere lì. Stai fermo, fai spazio per far entrare Dio, lasciati guardare da Lui e Lui ti riempirà della sua pace.
E questo è esattamente ciò che ci ha detto Miki: ha chiesto come possono i giovani fare spazio a Dio in una società frenetica e focalizzata sull’essere solo competitivi e produttivi. È abituale vedere che una persona, una comunità o persino un’intera società possono essere altamente sviluppate all’esterno, ma con una vita interiore povera e ridotta, con l’anima e la vitalità spente; sembrano bambole già fatte che non hanno niente dentro. Tutto per loro è noioso. Ci sono giovani che non sognano più. È terribile un giovane che non sogna, un giovane che non fa spazio al sogno, per far entrare Dio, per far entrare i desideri ed essere fecondo nella vita. Ci sono uomini e donne che non sanno più ridere, che non giocano, che non conoscono il senso della meraviglia e della sorpresa. Uomini e donne che vivono come zombi, il loro cuore ha smesso di battere. Perché? A causa dell’incapacità di celebrare la vita con gli altri. Ascoltate questo: voi sarete felici, sarete fecondi se conservate la capacità di festeggiare la vita con gli altri. Quanta gente nel mondo è materialmente ricca, ma vive come schiava di una solitudine senza eguali! Penso alla solitudine che sperimentano tante persone, giovani e adulti, delle nostre società prospere, ma spesso così anonime. Madre Teresa, che lavorava tra i più poveri dei poveri, una volta disse una cosa che è profetica, una cosa preziosa: “La solitudine e la sensazione di non essere amati è la povertà più terribile”.
Forse ci fa bene domandarci: Per me, qual è la povertà più terribile? Quale sarebbe per me il grado di povertà più grande? E se siamo onesti ci rendiamo conto che la povertà più grande che possiamo avere è la solitudine e la sensazione di non essere amato. Capite? È troppo noioso il discorso o posso andare avanti?… È noioso? [I giovani: “No!”] Manca poco.
Combattere questa povertà spirituale è un compito a cui siamo tutti chiamati, e voi, giovani, avete un ruolo speciale da svolgere, perché richiede un grande cambiamento nelle nostre priorità, nelle nostre scelte. Implica riconoscere che la cosa più importante non è tutto ciò che possiedo o che posso acquistare, ma con chi posso condividerlo. Non è così importante concentrarsi e domandarsi perché vivo, ma per chi vivo. Imparate a farvi questa domanda: non per cosa vivo, ma per chi vivo, con chi condivido la mia vita. Le cose sono importanti, ma le persone sono indispensabili; senza di esse ci disumanizziamo, perdiamo il volto, perdiamo il nome e diventiamo un oggetto in più, forse il migliore di tutti, ma sempre un oggetto; e noi non siamo oggetti, siamo persone. Il libro del Siracide dice: «Un amico fedele è rifugio sicuro: chi lo trova, ha trovato un tesoro» (6,14). Ecco perché è sempre importante chiedersi: «“Per chi sono io?”. Tu sei per Dio, senza dubbio. Ma Lui ha voluto che tu sia anche per gli altri, e ha posto in te molte qualità, inclinazioni, doni e carismi che non sono per te, ma per gli altri» (Esort. ap. postsin. Christus vivit, 286), da condividere con gli altri. Non solo vivere la vita, ma condividere la vita. Condividere la vita.
E questo è qualcosa di bello che puoi offrire al mondo. I giovani possono dare qualcosa al mondo. Testimoniate che l’amicizia sociale, l’amicizia tra di voi è possibile! La speranza in un futuro basato sulla cultura dell’incontro, dell’accoglienza, della fraternità e del rispetto per la dignità di ogni persona, specialmente verso i più bisognosi di amore e comprensione. Senza bisogno di aggredire o disprezzare, ma imparando a riconoscere la ricchezza degli altri.
Una riflessione che può aiutarci: per mantenerci fisicamente vivi, dobbiamo respirare, è un’azione che eseguiamo senza accorgercene, tutti respiriamo automaticamente. Per rimanere vivi nel senso pieno e ampio della parola, dobbiamo anche imparare a respirare spiritualmente, attraverso la preghiera, la meditazione, in un movimento interno, attraverso il quale possiamo ascoltare Dio, che ci parla nel profondo del nostro cuore. E abbiamo anche bisogno di un movimento esterno, col quale ci avviciniamo agli altri con atti di amore, con atti di servizio. Questo doppio movimento ci permette di crescere e di riconoscere non solo che Dio ci ha amato, ma che ha affidato a ciascuno di noi una missione, una vocazione unica e che scopriremo nella misura in cui ci doniamo agli altri, a persone concrete.
Masako ci ha parlato di queste cose partendo dalla sua esperienza di studente e di insegnante. Ha chiesto come si possono aiutare i giovani a rendersi conto della loro bontà e del loro valore. Ancora una volta, vorrei dire che, per crescere, per scoprire la nostra identità, la nostra bontà e la nostra bellezza interiore, non possiamo guardarci allo specchio. Hanno inventato tante cose, ma grazie a Dio non ci sono ancora i selfie dell’anima. Per essere felici, dobbiamo chiedere aiuto agli altri, che la foto la faccia un altro, cioè uscire da noi stessi e andare verso gli altri, specialmente i più bisognosi (cfr ibid., 171). Voglio dirvi una cosa: non guardate troppo a voi stessi, non guardate troppo nello specchio di voi stessi, perché correte il rischio che a forza di guardarvi lo specchio si rompa!
E qui finisco: era ora! In particolare, vi chiedo di stendere le braccia dell’amicizia e di accogliere quelli che vengono, spesso dopo grandi sofferenze, a cercare rifugio nel vostro Paese. Con noi qui c’è un piccolo gruppo di rifugiati; la vostra accoglienza testimonierà che per molti possono essere estranei, ma per voi si possono considerare fratelli e sorelle.
Un maestro saggio una volta disse che la chiave per crescere nella saggezza non sta tanto nel trovare le risposte giuste, ma nello scoprire le domande giuste. Ognuno di voi pensi: io so rispondere alle cose? So rispondere bene alle cose? Ho le risposte corrette? Se qualcuno mi dice di sì, sono contento per te. Però fatti un’altra domanda: Io so fare le domande giuste? Ho un cuore inquieto che mi porta a interrogarmi continuamente sulla vita, su me stesso, sugli altri, su Dio? Con le risposte corrette passate l’esame, ma senza le domande corrette non passate la vita! Non tutti voi siete insegnanti come Masako, ma spero che possiate farvi delle ottime domande, mettervi in discussione e aiutare gli altri a porsi domande buone e provocatorie sul significato della vita e su come possiamo costruire un futuro migliore per coloro che verranno dopo noi.
Cari giovani, grazie per la vostra amichevole attenzione, e grazie per la pazienza, per tutto questo tempo che mi avete dato e per aver condiviso un po’ della vostra vita. Non coprite i sogni! Non stordite i vostri sogni, date spazio ai sogni e osate guardare a grandi orizzonti, osate guardare ciò che vi attende se avrete il coraggio di costruirli insieme. Il Giappone ha bisogno di voi, il mondo ha bisogno di voi, svegli, non addormentati. Ha bisogno di voi, generosi, gioiosi ed entusiasti, capaci di costruire una casa per tutti. Vi prometto che pregherò per voi, perché cresciate in saggezza spirituale, perché sappiate fare le domande giuste, perché vi scordiate dello specchio e sappiate guardare gli occhi degli altri.
A tutti voi, alle vostre famiglie e agli amici, rivolgo i miei migliori auguri e la mia benedizione. E vi chiedo di ricordarvi anche di mandarmi buoni auguri e benedizioni. Grazie!