Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Thailandia e Giappone (19-26 novembre 2019) – Omaggio ai Santi Martiri presso il Monumento dei Martiri a Nagasaki (24/11/2019) - Foto © Vatican Media

“Vengo come pellegrino”

Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Thailandia e Giappone (19-26 novembre 2019) – Omaggio ai Santi Martiri presso il Monumento dei Martiri a Nagasaki

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Questa mattina, lasciato l’Atomic Bomb Hypocenter Park, il Santo Padre si è trasferito al Monumento dei Martiri di Nagasaki per l’omaggio a San Paolo Miki e ai suoi 25 Compagni martiri cristiani. Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto dal Direttore del Museo, da un sacerdote e da un confratello gesuita. Dopo il canto d’ingresso, una famiglia ha offerto a Papa Francesco un omaggio floreale che egli ha deposto davanti al Memoriale. Poi il Santo Padre ha acceso una candela consegnatagli da un discendente dei cristiani perseguitati. Dopo aver sostato in preghiera silenziosa davanti al Monumento dei Martiri e dopo aver incensato le reliquie, il Santo Padre ha pronunciato il Suo saluto e ha guidato la recita dell’Angelus con i fedeli e i pellegrini presenti. Al termine, prima di salire sulla vettura, al Papa è stata donata un’immagine del Beato Giuliano Nakaura che prese parte alla storica missione diplomatica a Roma e che, divenuto sacerdote gesuita, morì martire durante le persecuzioni contro i cristiani. Quindi il Santo Padre si è trasferito all’Arcivescovado di Nagasaki dove, al Suo arrivo, è stato accolto da 14 seminaristi minori e da 15 aspiranti delle due Congregazioni Religiose fondate a Nagasaki. Pubblichiamo di seguito il saluto che il Papa ha pronunciato durante l’omaggio ai Santi Martiri:

Saluto del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Aspettavo con ansia questo momento. Vengo come pellegrino a pregare, a confermare e anche ad essere confermato nella fede da questi fratelli, che con la loro testimonianza e dedizione ci indicano il cammino. Vi sono grato per l’accoglienza.

Questo Santuario evoca le immagini e i nomi dei cristiani che sono stati martirizzati molti anni fa, iniziando da Paolo Miki e i suoi compagni, il 5 febbraio 1597, e la moltitudine di altri martiri che hanno consacrato questo terreno con la loro sofferenza e la loro morte.

Senza dubbio, questo santuario, più che di morte, ci parla del trionfo della vita. San Giovanni Paolo II vide questo luogo non solo come il monte dei martiri, ma come un vero Monte delle Beatitudini, dove possiamo percepire la testimonianza di uomini ricolmi di Spirito Santo, liberi dall’egoismo, dalle comodità e dall’orgoglio (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 65). Perché qui la luce del Vangelo ha brillato nell’amore che trionfava sulla persecuzione e sulla spada.

Questo luogo è prima di tutto un monumento che annuncia la Pasqua, poiché proclama che l’ultima parola – nonostante tutte le prove contrarie – non appartiene alla morte, ma alla vita. Non siamo chiamati alla morte, ma a una Vita in pienezza; loro lo hanno annunciato. Sì, qui c’è l’oscurità della morte e del martirio, ma si annuncia anche la luce della risurrezione, dove il sangue dei martiri diventa seme della vita nuova che Cristo vuole donare a tutti noi. La loro testimonianza ci conferma nella fede e ci aiuta a rinnovare la nostra dedizione e il nostro impegno, per vivere il discepolato missionario che sa lavorare per una cultura capace di proteggere e difendere sempre ogni vita, attraverso il “martirio” del servizio quotidiano e silenzioso verso tutti, specialmente i più bisognosi.

Vengo a questo monumento dedicato ai martiri per incontrarmi con questi uomini e donne santi, e voglio farlo con la piccolezza di quel giovane gesuita che veniva “dai confini della terra” e trovò una profonda fonte di ispirazione e di rinnovamento nella storia dei primi martiri giapponesi. Non dimentichiamo l’amore del loro sacrificio! Che non resti una gloriosa reliquia di gesta passate, ben conservata e onorata in un museo, ma sia memoria e fuoco vivo dell’anima di ogni apostolato in questa terra, capace di rinnovare e far ardere continuamente lo zelo evangelizzatore. Che la Chiesa, nel Giappone del nostro tempo, con tutte le sue difficoltà e promesse, si senta chiamata ad ascoltare ogni giorno il messaggio proclamato da San Paolo Miki dalla sua croce, e a condividere con tutti gli uomini e le donne la gioia e la bellezza del Vangelo che è Via, Verità e Vita (cfr Gv 14,6). Che possiamo ogni giorno liberarci da tutto ciò che ci è di peso e ci impedisce di camminare con umiltà, libertà, parresia e carità.

Fratelli, in questo luogo ci uniamo anche ai cristiani che in tante parti del mondo oggi soffrono e vivono il martirio a causa della fede. Martiri del secolo XXI, che ci interpellano con la loro testimonianza affinché prendiamo, con coraggio, la via delle Beatitudini. Preghiamo per loro e con loro, e alziamo la voce perché la libertà religiosa sia garantita a tutti e in ogni angolo del pianeta; e alziamo la voce anche contro ogni manipolazione delle religioni, operata «dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini» (Documento sulla fratellanza umana, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019).

Chiediamo alla Madonna, Regina dei Martiri, a San Paolo Miki e a tutti i suoi compagni che lungo la storia hanno proclamato con la vita le meraviglie del Signore, di intercedere per la vostra terra e per tutta la Chiesa, perché il loro sacrificio susciti e mantenga viva la gioia della missione.

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ZENIT Staff

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