Ieri pomeriggio [17 ottobre 2019], nel corso della 13a Congregazione Generale dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica sul tema: “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”, in corso in Vaticano dal 6 al 27 ottobre 2019, sono state presentate in Aula le Relazioni dei 12 Circoli minori che si sono riuniti nei giorni scorsi per riflettere alla luce dei contributi emersi nel corso del dibattito svolto nelle precedenti Congregazioni Generali. Pubblichiamo di seguito i testi delle Relazioni dei 12 Circoli minori [Circolo Italiano “A” e Circolo Italiano “B” ]:
Circolo Italiano “A”
Relatore: Rev. P. Dario BOSSI, M.C.C.J.
Moderatore: Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Flavio GIOVENALE, S.D.B.
La Chiesa ha la missione di annunciare Gesù Cristo in Amazzonia. Evangelizzare è rendere presente nel mondo il Regno di Dio (EG 176). Quindi, è compito della Chiesa presentare la buona notizia di Gesù e del suo Regno in Amazzonia. Cristo pianta la sua tenda in Amazzonia (cfr. Gv 1, 14). Il cammino della Chiesa parte da Cristo e dal battesimo; si fonda sul Vangelo per promuovere l’ecologia integrale, celebrando, servendo e proteggendo la vita, perché sia sempre e per tutti piena e abbondante. «L’Eucaristia è un atto di amore cosmico. Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato» (San Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia n.8). «Perciò l’Eucaristia è anche fonte di luce e di motivazione per le nostre preoccupazioni per l’ambiente, e ci orienta ad essere custodi di tutto il creato» (LS 236).
Sia lodato il Dio della vita per nostra sorella e madre Terra e per l’Amazzonia, la sua bellezza e fecondità! Sia lodato per il dono dell’acqua, per il servizio di regolazione del clima e delle piogge che questo bioma offre a buona parte del continente sudamericano, l’immensa ritenzione del CO2 nei suoi alberi, la sua bio e sociodiversità.
Basta alle violenze in Amazzonia!
Dall’Amazzonia, però, si innalza a Dio un grido che ci sgomenta. La Chiesa invoca: Basta alle molte violenze in Amazzonia! Si impegna, ancor più grazie a questo Sinodo, in appoggio e comunione con le vittime, perché non si sentano sole. La Chiesa, se sta dalla parte dei poveri, non si può sbagliare. Anche molti giovani nel mondo si stanno schierando in difesa della Casa Comune: ci provocano e ci stimolano a camminare con loro e per loro. Mai come oggi questi popoli indigeni, afrodiscendenti, pescatori, migranti e le altre comunità tradizionali in Amazzonia sono minacciati, a volte anche divisi ed indeboliti strategicamente dalla seduzione del denaro e del potere. La Chiesa, accanto a loro, ne riafferma il diritto a terra, cultura, lingua, storia, identità e spiritualità propria. Difende il loro diritto al consenso previo, libero ed informato su progetti nei loro territori; una effettiva riparazione integrale delle violazioni già sofferte e la protezione ai leader criminalizzati a causa di denunce o resistenza.
Varie sono le emergenze di fronte alle quali non si può restare incerti: il disboscamento dell’Amazzonia, che sta giungendo al punto di inflessione, rischiando la “savanizzazione” della foresta; l’attacco ai popoli indigeni, alle comunità tradizionali e ai loro territori; la crisi climatica e l’urgenza di ridurre drasticamente il riscaldamento globale. L’acqua è un diritto umano fondamentale, fonte di vita per tutto il ciclo naturale, elemento di integrazione di popoli e comunità panamazzoniche. Ma è una risorsa limitata e vulnerabile; la sua privatizzazione o contaminazione pregiudica immediatamente la vita delle comunità, specialmente i più poveri. Lo sfruttamento predatorio delle risorse naturali divora il bioma amazzonico. Eppure è il modello prioritario delle politiche economiche di oggi, controllato dai gruppi finanziari che concentrano la maggior parte del denaro del mondo, favorendo sempre più il guadagno di pochi a scapito della vita della maggior parte della gente.
Ci preoccupa la violenza inflitta alle donne e ai minori in Amazzonia: sono loro che soffrono di più, a causa della cultura machista, di comportamenti autoritari ed anche del clericalismo, degli abusi e della tratta. È importante investire il nostro impegno pastorale in difesa e promozione della famiglia. Esistono forme di economia alternativa, che valorizzano la foresta “in piedi” e i suoi beni. È necessario sostenere proposte di educazione integrale, ricerche specifiche sulla vocazione economica delle diverse regioni amazzoniche, politiche pubbliche di promozione all’economia solidale e cooperativa, iniziative di produzione locale e autogestita, il protagonismo delle piccole comunità, microcredito e formazione tecnica locale.
Molti giovani stanno lasciando i villaggi e le regioni dell’interno per integrarsi nel mondo urbano. Questo meticciato etnico e culturale arricchisce la società grazie al pluralismo culturale e può sviluppare cambiamenti positivi. Però, lo sradicamento dai vincoli territoriali e ancestrali può provocare la perdita della tradizione, della ritualità e celebrazione. In particolare, occorre che le parrocchie organizzino e sviluppino una pastorale dei popoli indigeni urbani, frequentemente esclusi e disprezzati.
La Chiesa casa comune
La Chiesa stessa è una vera e propria casa comune, che può ancora crescere nell’unità, affinché tutti i popoli, tribù, lingue e nazioni si trovino alla presenza del Padre (Ap 7,9). Il Sinodo dell’Amazzonia ripropone la sfida della cattolicità della Chiesa e della sua pluralità costitutiva, in cui «le singole parti apportano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, e tutte si accrescono per uno scambio mutuo universale e uno sforzo comune verso l’unità» (LG 13). In questo senso, è molto fecondo l’incontro tra la Chiesa inviata ai popoli amazzonici e quella che progressivamente nasce tra di essi, con volto proprio.
Dobbiamo distinguere tra Chiesa “indigenista”, che considera gli indigeni come destinatari passini di pastorale, e Chiesa “indigena”, che li comprende come protagonisti della propria esperienza di fede. Bisogna decisamente puntare a una Chiesa indigena, secondo il principio “Salvare l’Amazzonia con l’Amazzonia”. Il Vangelo di Cristo rinnova continuamente la vita e la cultura, la purifica ed eleva, la feconda dall’interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità spirituali e le doti di ciascun popolo (cfr GS 58).
Riconosciamo con gratitudine che i missionari e le missionarie si sono inseriti in profondità nella cultura e cosmovisione dei popoli e comunità a cui sono inviati. Continua ad essere una sfida oggi più che mai necessaria, vivendo tutti in una cultura individualista che non favorisce la sobrietà ed il sacrificio. Le comunità locali crescono nella fede e celebrano il mistero di Cristo nella loro pluralità culturale (AG 22). Si possono valorizzare simboli e gesti delle culture locali nella liturgia della Chiesa in Amazzonia, conservando l’unità sostanziale del rito romano, giacché «la Chiesa non vuole imporre una rigida uniformità in ciò che non affetta la fede o il bene di tutta la comunità, pure nella liturgia» (SC 37). In ascolto e rispetto delle voci della fase sinodale di consulta, accogliamo con zelo apostolico il loro desiderio di celebrare la santa Eucaristia in modo frequente e, possibilmente, stabile, come diritto irrinunciabile dei fedeli laici (CIC 213).
Molte chiese in Amazzonia vivono ancora una fede basata unicamente sulla Scrittura e sulla pietà popolare. Occorre studiare i modi pastoralmente più efficaci per rispondere a questo appello insistente. Alcuni padri sinodali chiedono che in comunità cristiane con un cammino di fede consolidato siano ordinate persone mature, rispettate e riconosciute, di preferenza indigene, celibi o con una famiglia costituita e stabile, a fine di assicurare i Sacramenti che garantiscono e sostengono la vita cristiana.
Il Diritto Canonico permette che si richieda alla Santa Sede la dispensa dall’impedimento al Sacramento dell’Ordine di un uomo legittimamente e validamente coniugato (CIC 1047 § 2,3). Il Diaconato permanente, ristabilito dal Vaticano II, mostra che è possibile assumere con efficacia un impegno pastorale, sacramentale e familiare nella Chiesa. La maggior parte delle chiese di rito orientale che sono parte della Chiesa Cattolica conservano il clero sposato (PO 16). Questa proposta si fonda sulla sacra Scrittura, nelle lettere apostoliche (1 Tim 3:2-3,12; Tt 1:5-6).
Altri padri sinodali considerano che la proposta concerne tutti i continenti, potrebbe ridurre il valore del celibato, o far perdere lo slancio missionario a servizio delle comunità più distanti. Ritengono che, in virtù del principio teologico di sinodalità, il tema dovrebbe essere sottoposto all’opinione di tutta la Chiesa e suggeriscono, pertanto, un Sinodo universale a riguardo. Tutti riconoscono che il celibato nella Chiesa è un dono ed un tesoro (PO 16, OT 10). Fa parte della novità cristiana e va proposto anche alle popolazioni amazzoniche. Occorre mantenere vivo lo slancio missionario e lo zelo nella promozione vocazionale, coltivare una cultura vocazionale, senza rassegnarsi, con insistenza e organizzazione. In coerenza con il richiamo “America Latina, evangelizza te stessa!”, facciamo appello alle Conferenze Episcopali del continente perché rafforzino progetti di cooperazione e comunione tra chiese ed inviino nuovi missionari in Amazzonia, anche tra coloro che attualmente esercitano il servizio sacerdotale nel nord del mondo.
La formazione al ministero ordinato, intesa a configurare il sacerdote a Cristo, deve essere una scuola comunitaria di fraternità, esperienziale, spirituale, pastorale e dottrinale, a contatto con la realtà della gente, in sintonia con la cultura e religiosità locale, vicina ai poveri, fondata sulla prospettiva dell’ecologia integrale e uno stile sinodale di autorità, che valorizzi e stimoli la partecipazione nella vita comunitaria. Il tessuto della chiesa locale, anche in Amazzonia, è garantito dalle piccole comunità ecclesiali missionarie, che coltivano la fede, ascoltano la Parola e celebrano insieme, vicine alla storia della gente. È la chiesa di donne e uomini battezzati, che dobbiamo consolidare promuovendo la ministerialità e soprattutto la consapevolezza della dignità battesimale. Proponiamo che
(a) si conferisca il ministero del lettorato e accolitato anche a donne, religiose o laiche, adeguatamente formate e preparate;
(b) secondo il motu proprio di Papa Paulo VI Ministeria Quaedam, le Conferenze Episcopali dell’Amazzonia chiedano alla Santa Sede di creare un nuovo ministero istituito, di coordinatrici / coordinatori di comunità. Il vescovo locale potrà costituire questi ministri in rappresentanza della comunità cristiana, possibilmente a servizio rotativo e organizzato in equipe ministeriali, per evitare personalismi (CIC 517 § 2). La persona responsabile della comunità potrà essere riconosciuta anche a livello civile locale come rappresentante della comunità cristiana.
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Circolo Italiano “B”
Relatore: Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Filippo SANTORO
Moderatore: Sua Em.za Rev.ma Card. Luis F. LADARIA FERRER, S.I.
Il circolo minore italiano B, vede in questo Sinodo un dono prezioso dello Spirito per l’Amazzonia e per tutta la Chiesa sia sotto l’aspetto ecclesiale sia per l’ineludibile compito della Cura della Casa comune. Nell’aspetto ecclesiale, riprendendo il cammino di attuazione del Vaticano II che si è sviluppato dalle conferenze dell’Episcopato latinoamericano sino alla Evangelii Gaudium, nella Cura della Casa comune seguendo lo sviluppo dell’insegnamento sociale della Chiesa sino alla Laudato Si’. In questa direzione, proponiamo tre passi prima della presentazione sintetica della riflessione del circolo italico B.
1. Innanzitutto i nuovi cammini sono possibili a partire da una rinnovata esperienza della Chiesa che, in ascolto dei popoli dell’Amazzonia e delle loro culture, offra la testimonianza di una fede viva che rinnovi la profezia, sviluppi un nuovo cammino sinodale e comunichi un’ardente passione missionaria.
2. La bellezza ferita e deformata dell’Amazzonia è un grido per tutto il pianeta perché’ si attui una vera conversione culturale promossa dalla “ecologia integrale” di papa Francesco sino a creare progetti eco e sociosostenibili e “nuovi stili di vita”. Questo è ancora più urgente per non tradire la speranza e il futuro dei nostri giovani.
3. In terzo luogo si avanza la proposta di intraprendere la via di un proprio “Rito amazzonico” che permetta di sviluppare sotto l’aspetto spirituale, teologico, liturgico e disciplinare la ricchezza singolare della Chiesa cattolica in Amazzonia.
Passando alla riflessione del gruppo si e’ sottolineata l’importanza dell’intervento iniziale di Papa Francesco al Sinodo, quando affermava: “La dimensione pastorale, è quella essenziale, quella che comprende tutto. Noi la affrontiamo con cuore cristiano e guardiamo alla realtà dell’Amazzonia con occhi di discepolo”.
In questa prospettiva il circolo ha approfondito la prima parte “La voce dell’Amazzonia” ascoltando l’esperienza diretta dei padri sinodali e degli uditori, vescovi e sacerdoti, missionari in Amazzonia e presenti nel gruppo. È emersa una ricchezza che abbraccia vari aspetti naturali tra i quali l’acqua che è fonte di vita e di rapporti tra i popoli nelle loro espressioni culturali e spirituali. Si è sottolineato che tale vita è minacciata dalla distruzione e dallo sfruttamento ambientale, dal genocidio, dall’ecocidio e dalla biopirateria. Ciò accade quando i beni del territorio, per esempio le erbe medicinali, sono portate nel mondo dopo aver rubato il brevetto alle terre e ai popoli indigeni.
In questa situazione i più feriti sono i giovani, particolarmente le ragazze, nella prostituzione e nelle tratte, nello sfruttamento sessuale, ma anche i giovani indigeni che vanno nelle città sono sedotti dalla tecnologia e dalla globalizzazione: attratti da uno stile di vita che mira a distruggere le loro origini. Insieme a questi rilievi si è osservato che se si vuol passare dall’analisi alle proposte è necessario che il “buon vivere” amazzonico si incontri con l’esperienza delle beatitudini: solo dall’incontro con la Parola di Dio il “buon vivere” raggiunge la sua realizzazione, valorizzando così i “semina verbi” presenti nelle varie culture. La direzione in cui tale valorizzazione va compiuta si trova nella Laudato si’, dove è presentata sia una “Teologia della Creazione” come una “Teologia della Redenzione”.
Questo conduce alla costruzione di uno stile di vita in cui si può ristabilire un rapporto positivo e non predatorio tra uomo e natura. La cosmovisione amazzonica ha tanto da insegnare al mondo occidentale dominato dalla tecnologia, molto spesso al servizio della “idolatria del denaro”. Dall’altro canto l’annuncio del Vangelo e l’originalità della vittoria di Cristo sulla morte, nel rispetto della cultura dei popoli è un elemento essenziale anche per la cosmovisione amazzonica. L’annuncio esplicito della risurrezione di Cristo, dopo tempi adeguati di vicinanza e di condivisione della vita, senza alcuna forma di proselitismo, è una grande ricchezza per i popoli dell’Amazzonia. Si è anche osservato che l’Amazzonia sta vivendo un Kairos, un tempo di grazia, che ha un particolare rilievo in questo sinodo.
I popoli amazzonici ci insegnano molto perché essi da mille anni si sono presi cura della loro terra, dell’acqua, della foresta e sono riusciti a preservarle fino ad oggi. In questa sfida dobbiamo valorizzare il significato della memoria che nei popoli indigeni ha un grande valore nell’esperienza personale, sociale e della trasmissione della cultura e della fede. Questo è possibile attraverso il dialogo interculturale e intergenerazionale, permettendo l’incontro tra un “io” e un “tu”. Il dialogo è possibile a partire dalla inseauribilità del Mistero che si comunica nella vita di questi popoli e che costituisce un metodo fondato nel rispetto per la libertà dell’altro valorizzando i “semina verbi” presenti nelle varie culture. Ciò non è sempre accaduto, lo dimostrano la violenza prodotta dell’estrattivismo agricolo, pluviale e umano in genere. In questo campo dominano impuniti i trafficanti internazionali e i distruttori della biodiversità amazzonica avendo in vista solamente la massimizzazione del profitto.
Da quanto detto deriva il “debito ecologico” (LS 51), dilagante nel mondo e che ha in Amazzonia effetti efferati. Uno di questi è legato al fenomeno delle migrazioni che accade nella ricerca di un tetto, di una terra, di un lavoro. Le promesse, normalmente, non si realizzano e risultano destabilizzate le famiglie. Le nostre diocesi di frontiera svolgono un’azione molto positiva ed importante tra i migranti che però deve articolarsi e svilupparsi sempre più. L’urbanizzazione che sembra sociologicamente ed economicamente un fenomeno mondiale irreversibile è stata definita da noi come “estrattivismo umano”. È necessario quindi sviluppare una pastorale urbana che raccolga le sfide della globalizzazione e della cultura tecnologica. Allo stesso tempo non deve essere dimenticata una pastorale rurale perché non ci siano cristiani di serie B. Fa specie che l’IL non parli di “favelas” e di “periferie”, che costituiscono una caratteristica nelle medie e grandi città dell’Amazzonia come di tutta l’America Latina. di una presenza attiva in “favelas” e nell’intera società.
Sul tema dell’educazione la Chiesa ha svolto un ruolo di promozione nelle culture che ha incontrato e di fronte ad esse è necessario essere in ascolto come discepoli prima di essere maestri. In questo contesto si è anche riflettuto sulla formazione nei seminari dell’Amazzonia in cui i seminaristi indigeni non riescono a seguire il ritmo accademico non per mancanza di intelligenza ma per un modo differente di pensare. L’azione della Chiesa è innanzitutto educativa, mira a formare una mentalità in cui l’economia si sviluppa tentando presente la sostenibilità ambientale e sociale. Non è possibile creare valore economico attraverso la distruzione della natura e delle materie prime. Occorre educare non in forma astratta ma in vista del cambiamento degli stili di vita. Così la soddisfazione delle persone non sarà nel consumo ma in una realizzazione, in una armonia che è proposta dallo sguardo contemplativo della Laudato Si’.
È poi parsa opportuna una riflessione della Chiesa in Amazzonia anzitutto sulle cause della drastica diminuzione dei cattolici per causa dell’azione dei movimenti neo pentecostali ed evangelicali. Questi crescono perché rispondono al bisogno di guarigione, di prossimità e di Salvezza al di là dei loro molto discutibili interessi economici e politici. Oltre ad esprimere la nostra preoccupazione per la crescita di queste nuove denominazioni religiose siamo provocati a passare da un’immagine ancora troppo istituzionale della Chiesa ad una Chiesa in uscita che ascolta, e che crea comunità che gioiscono e festeggiano la bellezza del Vangelo. È necessario che come Chiesa si sviluppi la conoscenza della Bibbia moltiplicando le traduzioni nelle lingue locali. Ciò permetterà un dialogo interreligioso ed ecumenico. Inoltre alcuni esprimono perplessità circa la mancanza di riflessione sulle cause che hanno portato alla proposta di superare in qualche forma il celibato sacerdotale come espresso dal Concilio Vaticano II (PO 16) e dal magistero successivo.
In questo contesto ha tutto il suo valore il tema dell’inculturazione della fede ampiamente sviluppato nel nostro circolo. Proprio a partire da questo tema è stata presentata la proposta di un “Rito amazzonico”. Nella Chiesa cattolica esistono circa 23 Riti differenti, segno evidente di una tradizione che fin dai primi secoli ha cercato di inculturare i contenuti della fede e la loro celebrazione attraverso un linguaggio che fosse il più possibile coerente con il Mistero da esprimere. Tutte queste tradizioni hanno avuto origine in funzione della missione della Chiesa (cfr CCC 1200-1206). L’Amazzonia con le sue differenti culture e tradizioni si è già aperta alla fede e sta vivendo un significativo processo teso a salvaguardare le espressioni di identità e appartenenza che le sono proprie.
È necessario che la Chiesa riconosca questo peculiare momento storico, e nella sua instancabile opera di evangelizzazione si adoperi perché il processo di inculturazione della fede si esprima con le forme più coerenti per essere anche celebrato e vissuto secondo i linguaggi propri delle popolazioni amazzoniche. Pertanto, si chiede che il Sinodo faccia propria l’istanza secondo la quale i popoli dell’Amazzonia possano intraprendere la nuova via di un proprio “Rito Amazzonico” con cui esprimere il patrimonio liturgico, teologico, disciplinare e spirituale che le appartiene, con particolare riferimento a quanto la Lumen Gentium afferma per le Chiese Orientali (cfr LG 23). Questo arricchisce l’opera di evangelizzazione esprimendo la fede secondo le peculiarità di una propria cultura.