Incontro nella Nunziatura Apostolica di Maputo con la Fondazione Scholas Occurrentes
Questa mattina, nella Nunziatura Apostolica di Maputo, dopo aver celebrato la Santa Messa, il Santo Padre Francesco ha incontrato alcuni responsabili e un gruppo di partecipanti ai programmi attuati dalla Fondazione Scholas Occurrentes in diverse città del Mozambico, accompagnati dal Direttore Enrique Adolfo Palmeyro. Durante l’incontro sono state illustrate al Santo Padre le attività svolte dalla Fondazione in Mozambico, particolarmente nel campo dello sport e della formazione umana. Riportiamo di seguito le parole che il Papa ha rivolto ai presenti:
Vi ringrazio per questa visita che mi tocca il cuore. Vi ringrazio per tutto quello che fate e per come vi siete presentati. Quelli di Xai-Xai hanno spiagge famose… il turismo dall’Africa, dall’Europa… E mi sembra molto positivo che giochino a calcio sulla spiaggia. E mi sembra anche che vada molto bene che le ragazze giochino a calcio sulla spiaggia. Ma c’è una cosa che mi ha toccato molto il cuore ed è il pallone di stracci. Quando ero bambino io giocavo con un pallone di stracci. Perché a quel tempo i palloni erano di cuoio, cuciti con il cuoio ed erano molto costosi. E noi, che andavamo a scuola tutti insieme, non avevamo i soldi per comprare quei palloni “numero 5” che erano così grossi. Non c’era ancora né la plastica né il pallone di gomma. C’era il pallone di cuoio o questo di stracci. Così, nel cortile di casa mia dove giocavamo, dove c’è ancora una piazzetta, giocavamo con un pallone di stracci. In Argentina, il pallone di stracci è diventato un simbolo culturale di quell’epoca, a tal punto che un poeta popolare argentino ha scritto una poesia chiamata “pallone di stracci”, e c’è anche un film che hanno girato chiamato “pallone di stracci”. Voi in questo modo raccogliete tutta una storia di artigianato sportivo: lavoro per fare questo, e gioia per il gioco. Lavoro e gioco. Nella vita se non c’è lavoro, la vita non va bene, e se non sai giocare, la vita non va bene. Lavoro e gioco, insieme. Pallone di stracci. Sarebbe bello che facessero un concorso artistico – canzone, disegno, poesia, prosa… – sul tema del pallone di stracci. E al vincitore io darò un premio.
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Visita di cortesia al Presidente della Repubblica del Mozambico presso il Palazzo Ponta Vermelha
Alle ore 9.30, il Santo Padre Francesco si è trasferito al Palazzo Ponta Vermelha per la Visita di Cortesia al Presidente della Repubblica del Mozambico, Sig. Filipe Jacinto Nyusi. Al Suo arrivo al Palazzo Ponta Vermelha, il Santo Padre è stato accolto dal Presidente della Repubblica e dalla Consorte all’ingresso principale Insieme hanno raggiunto il Salone Rosso dove, dopo la Firma del Libro d’Onore nell’anticamera dello stesso Salone, ha avuto luogo l’incontro privato. Concluso l’incontro, dopo la presentazione della famiglia e lo scambio dei doni, il Presidente e il Santo Padre si sono diretti nel Salone Indias per l’Incontro con le Autorità, i Membri del Corpo Diplomatico e i Rappresentanti della Società Civile.
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Incontro con le Autorità, con la Società Civile e con il Corpo Diplomatico presso il Palazzo Ponta Vermelha
Questa mattina, alle ore 10.00, nel Palazzo Ponta Vermelha, il Santo Padre Francesco ha incontrato le Autorità, i Rappresentanti della Società Civile e i Membri del Corpo Diplomatico. Dopo il discorso del Presidente della Repubblica del Mozambico, Sig. Filipe Jacinto Nyusi, e la consegna della lapide Opera Matteo 25, il Papa ha pronunciato il Suo discorso. Al termine, dopo essersi congedato dal Presidente e dalle altre Autorità presenti, il Santo Padre si è recato in papamobile al Pavillon Maxaquene dove si è svolto l’Incontro Interreligioso con i Giovani. Pubblichiamo di seguito il discorso che Papa Francesco ha pronunciato nel corso dell’Incontro con le Autorità, con i Membri del Corpo Diplomatico e i Rappresentanti della Società Civile:
Signor Presidente,
Membri del Governo e del Corpo Diplomatico,
Distinte Autorità, Rappresentanti della società civile,
Signore e Signori!
Grazie, Signor Presidente, per le Sue parole di benvenuto nonché per il gentile invito a visitare la nazione. Sono contento di trovarmi di nuovo in Africa e iniziare questo viaggio apostolico da questo Paese, tanto benedetto per la sua bellezza naturale, come pure per la sua grande ricchezza culturale che aggiunge, alla ben nota gioia di vivere del vostro popolo, la speranza in un futuro migliore. Saluto cordialmente i membri del Governo e del Parlamento e i rappresentanti della società civile qui presenti.
Nelle vostre persone desidero incontrare e salutare con affetto l’intero popolo mozambicano che, dal fiume Rovuma fino a Maputo, ci apre le porte per favorire un rinnovato futuro di pace e riconciliazione. Voglio che le mie prime parole di vicinanza e di solidarietà siano rivolte a tutti coloro sui quali si sono abbattuti recentemente i cicloni Idai e Kenneth, le cui devastanti conseguenze continuano a pesare su tante famiglie, specialmente nei luoghi in cui la ricostruzione non è stata ancora possibile e richiede una speciale attenzione. Purtroppo non potrò recarmi personalmente da voi, ma voglio che sappiate che condivido la vostra angoscia, il vostro dolore e anche l’impegno della comunità cattolica nell’affrontare una così dura situazione. In mezzo alla catastrofe e alla desolazione, chiedo alla Provvidenza che non manchi la sollecitudine di tutti gli attori civili e sociali che, ponendo la persona al centro, siano in grado di promuovere la necessaria ricostruzione.
Desidero anche esprimere l’apprezzamento, mio e di gran parte della comunità internazionale, per gli sforzi che, da decenni, si vanno compiendo affinché la pace torni ad essere la norma, e la riconciliazione la via migliore per affrontare le difficoltà e le sfide che incontrate come nazione. In questo spirito e con questo proposito, circa un mese fa avete firmato nella Serra della Gorongosa l’accordo di cessazione definitiva delle ostilità militari tra fratelli mozambicani. Una pietra miliare, che salutiamo e speriamo come decisiva, fissata da persone coraggiose sulla via della pace, che parte da quell’Accordo Generale del 1992 a Roma. Quante cose sono passate dalla firma dello storico trattato che ha sigillato la pace e ha dato i suoi primi germogli! Sono questi germogli che sostengono la speranza e danno fiducia per non lasciare che il modo di scrivere la storia sia la lotta fratricida, bensì la capacità di riconoscersi come fratelli, figli di una stessa terra, amministratori di un destino comune.
Il coraggio della pace! Un coraggio di alta qualità: non quello della forza bruta e della violenza, ma quello che si attua nella ricerca instancabile del bene comune (cfr PAOLO VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1973). Voi conoscete la sofferenza, il lutto e l’afflizione, ma non avete voluto che il criterio regolatore delle relazioni umane fosse la vendetta o la repressione, né che l’odio e la violenza avessero l’ultima parola. Come ricordava il mio predecessore San Giovanni Paolo II durante la sua visita nel vostro Paese nel 1988, con la guerra «molti uomini, donne e bambini soffrono perché non hanno una casa dove abitare, un’alimentazione sufficiente, delle scuole dove istruirsi, degli ospedali dove curarsi, delle chiese dove riunirsi a pregare e dei campi dove impiegare la manodopera. Molte migliaia di persone sono costrette a spostarsi alla ricerca di sicurezza e di mezzi di sopravvivenza; altre si rifugiano nei Paesi vicini. […] “No alla violenza e sì alla pace!”» (Discorso nella visita al Presidente della Repubblica, 16 settembre 1988, n. 3).
Durante tutti questi anni, avete sperimentato che la ricerca della pace duratura – una missione che coinvolge tutti – richiede un lavoro duro, costante e senza sosta, poiché la pace è «come un fiore fragile, che cerca di sbocciare tra le pietre della violenza» (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 2019), e quindi richiede che si continui ad affermare con determinazione ma senza fanatismo, con coraggio ma senza esaltazione, con tenacia ma in maniera intelligente: no alla violenza che distrugge, sì alla pace e alla riconciliazione. Come sappiamo, la pace non è solo assenza di guerra, ma l’impegno instancabile – soprattutto di quanti occupiamo un ufficio di maggiore responsabilità – di riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, spesso dimenticata o ignorata, dei nostri fratelli, perché possano sentirsi protagonisti del destino della propria nazione. Non possiamo perdere di vista che, «senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione. Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 59).
La pace ha reso possibile lo sviluppo del Mozambico in diversi settori. Promettenti sono i progressi compiuti nell’istruzione e nella salute. Vi incoraggio a portare avanti il lavoro di consolidamento delle strutture e delle istituzioni necessarie per far sì che nessuno si senta abbandonato, in particolare i vostri giovani, che costituiscono gran parte della popolazione. Essi sono non solo la speranza di questa terra, sono il presente che interpella, ricerca e ha bisogno di trovare strade dignitose che consentano loro di sviluppare tutti i loro talenti; sono un potenziale per seminare e far crescere la tanto desiderata amicizia sociale. Una cultura di pace richiede «un costante processo nel quale ogni nuova generazione si vede coinvolta» (ibid., 220). Perciò il percorso dev’essere tale da favorire la cultura dell’incontro e da esserne totalmente impregnato: riconoscere l’altro, stringere legami, gettare ponti. In questo senso, è essenziale mantenere viva la memoria, quale via che apre al futuro, quale sentiero che conduce a cercare obiettivi comuni, valori condivisi, idee che favoriscano il superamento di interessi settoriali, corporativi o di parte, affinché le ricchezze della vostra Nazione siano messe al servizio di tutti, specialmente dei più poveri. Voi avete una coraggiosa e storica missione da compiere: non smettete di impegnarvi finché ci saranno bambini e adolescenti senza istruzione, famiglie senza casa, lavoratori senza occupazione, contadini senza terra… Queste sono le basi di un futuro di speranza, perché futuro di dignità! Queste sono le armi della pace. La pace ci invita anche a curare la nostra casa comune. Da questo punto di vista, il Mozambico è una nazione benedetta, e voi in modo speciale siete invitati a prendervi cura di questa benedizione.
La difesa della terra è anche la difesa della vita, che richiede speciale attenzione quando si constata una tendenza a saccheggiare e depredare, spinta da una bramosia di accumulare che, in genere, non è neppure coltivata da persone che abitano queste terre, né viene motivata dal bene comune del vostro popolo. Una cultura di pace implica uno sviluppo produttivo, sostenibile e inclusivo, in cui ogni mozambicano possa sentire che questo Paese è suo, e in cui possa stabilire rapporti di fraternità ed equità con il proprio vicino e con tutto ciò che lo circonda.
Signor Presidente, distinte Autorità! Voi tutti siete i costruttori dell’opera più bella che si possa compiere: un futuro di pace e riconciliazione quali garanzie del diritto dei vostri figli al futuro. Chiedo a Dio che, nel periodo che trascorrerò in mezzo a voi, possa anch’io – in comunione con i miei fratelli vescovi e la Chiesa cattolica che pellegrina su questa terra – contribuire affinché la pace, la riconciliazione e la speranza regnino definitivamente tra di voi. Grazie.